44 - Fratellanza (II)

Comincia dall'inizio
                                    

Una testolina dai capelli arruffati comparve alla porta, strappandomi ai miei pensieri deliranti. Stava trascinando il solito peluche a forma di coniglio e ci guardava attento, mentre Christian e Alex continuavano a scambiarsi informazioni a monosillabi e non sembravano essersi resi conto della sua presenza.

Il "nanerottolo", come lo chiamava Christian, non sembrava contento di essere stato lasciato da solo. Ci guardava con il labbro inferiore sporto lievemente in fuori, mentre i grandi occhi scuri continuavano a rimbalzare su tutti i presenti, in cerca di attenzioni. Solo io però, mi ero accorta di lui e avevo la terribile sensazione che stesse per scoppiare a piangere da un momento all'altro.

Mi avvicinai a piccoli passi, temendo di spaventarlo. Dopotutto il nostro primo incontro non era andato troppo bene. «Ehi, ti ricordi di me?» lo salutai, abbozzando un sorriso incoraggiante. O almeno, era quello che speravo, perché, nel frattempo, stavo ragionando velocemente su cosa fare. Non ero sicura che fosse una buona idea lasciarlo nella stanza con noi, vista la tensione che scorreva tra i due Case.

Il bambino mi osservò incerto, senza dar segno di voler rispondere. Fece ciondolare la testa per un po' e poco dopo tornò a concentrarsi sul suo pupazzo, accrescendo il mio disagio. Non ero per nulla brava con i bambini. 

«Io mi chiamo Cassie, e tu?» tentai di nuovo, lanciando un'occhiata alle mie spalle. Christian e Alex erano immobili. Qualsiasi cosa si fossero detti, sembrava che non volessero continuare il discorso. Da una parte ne ero contenta, perché sapevo che Alex aveva la brutta abitudine di tagliarmi fuori un po' troppo facilmente, e non volevo perdermi le spiegazioni di Christian. Dall'altra però, la consapevolezza di non aver del tutto compreso il nocciolo della questione, mi rendeva inquieta, come se ci fosse un elemento essenziale che avevo perso.

Tornai a concentrarmi sul bambino, e osservai le sue labbra tremare un poco, prima che una vocina sommessa pronunciasse una singola parola. «Kevin.»

Allungai una mano, scompigliandogli i capelli già arruffati. «Dai, Kevin, andiamo a prendere qualcosa da mangiare.» Sorrisi ancora, sentendomi un po' impacciata e allo stesso tempo tesa, per la situazione che stavo lasciando in quella stanza.

La manina ghiacciata di Kevin andò a cercare la mia, lasciandomi per un attimo spiazzata. Era talmente piccola che mi sembrava di dover stare attenta per non fargli male.

«Dove si trova questo posto?» Sentii la voce bassa di Alex spezzare il silenzio carico di ansia che si era andato a creare, ma il suo tono sembrava più rassegnato rispetto a prima. Sembrava aver messo da parte il nervosismo per il momento.

Feci un passo in direzione della porta, continuando a sorridere a Kevin, mentre la mia attenzione era parzialmente diretta ai ragazzi alle mie spalle. Stavo facendo la cosa giusta a lasciarli da soli?

«Al Wenham Lake.»

Quella frase rappresentò in pieno la risposta che stavo cercando. Le mie gambe si bloccarono sulla soglia della stanza e il mio corpo intero ruotò, andando a cercare Alex, come se ogni mia cellula venisse attratta da lui, al pari della forza di gravità di un corpo celeste.

Wenham Lake. Sempre quel posto, dal primo istante nel quale avevo messo piede nella misteriosa cittadina di Danvers.

Come una combinazione ripetuta affinché fosse perfetta, Alex alzò a sua volta lo sguardo e i nostri occhi si incontrarono in un tacito appuntamento nell'epicentro del caos che le parole di Christian avevano scatenato.

Non avevo neppure bisogno che parlasse, per sapere a cosa stesse pensando.

Al Wenham Lake avevamo sentito per la prima volta la storia della fondazione di Danvers.

IGNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora