22 - Virgilio

10.1K 518 938
                                    

Alberi, muschio e ruvida corteccia. Ecco quello che sognavo ogni notte, da quando ero arrivata a Danvers. Come un labirinto verde dal quale non riuscivo a uscire, se non al mio risveglio.

Quella volta, gli incubi erano stati anche peggiori del solito. L'ansia mi aveva divorata minuto dopo minuto, e avevo avuto bisogno di ore prima di addormentarmi. Mentre mi rigiravo nel letto, la mia mente non era stata in grado di staccarsi neppure per un atrimo da quattro elementi: il tirocinio alle Industrie Case, il Blackout, la consapevolezza che Alex mi stesse ignorando... e poi, quella parola trascritta sul suo quaderno.

Perché?

Era una buona domanda. Una di quelle che possono ribaltare le situazioni. Alex non stava più pensando solo a incastrare le informazioni che trovavamo. Era già andato oltre, si stava chiedendo le motivazioni, il perché di ciò che stava accadendo. Forse credeva che se avessimo capito la ragione per cui entrambi avevamo ricevuto il medaglione, avremmo trovato anche tutte le altre risposte.

Mi era sembrato un ragionamento logico, finché non mi ero posta un'altra domanda. Che risposte stava cercando lui?

Era per quello che avevo passato la notte a rifletterci, fino al punto in cui l'apprensione era diventata un vortice scuro che mi aveva inghiottita. E a quel punto la perdita dei sensi era stata un'ospite gradita.

«Tu devi essere Cassandra».

Fu come uno schiocco. Le sue parole bucarono la bolla di ricordi prodotti dalla mia mente, facendomi tornare alla realtà.

Mi ritrovai a sbattere le palpebre, mettendo a fuoco l'asettica sala d'aspetto delle Industrie Case e la bionda che, nel suo completo blu notte, era appena schizzata nel mio campo visivo.

Si morse il labbro. Labbra carnose, rossetto evidentemente no transfer perché rimase perfetto, e occhi scuri concentrati sul mio viso. Mi stava valutando. Lo capii nell'esatto momento in cui vidi le sue iridi scendere e poi risalire lungo la mia figura. Qualcosa dentro di me mi disse di non abbassare lo sguardo, di non fare domande e di aspettare pazientemente che portasse a termine la sua analisi.

Quando parlò nuovamente, mi sembrò di aver superato un qualche test del quale non ero a conoscenza.

«Io sono Macy, è un vero piacere conoscerti». Un sorriso genuino si aprì sul suo volto insolitamente giovane. Aveva lasciato perdere l'atteggiamento intimidatorio e la tensione che sentivo sulle mie spalle si stava allentando. «Vieni! Abbiamo moltissimo lavoro da fare».

Non verificò che la stessi seguendo. Fece roteare un badge bianco e blu su un lettore posizionato poco distante, aprendo prima una, poi due e alla fine ben tre porte scorrevoli.

Avevo l'impressione di essere in un acquario. Quello fu il mio primo pensiero, mentre percorrevamo il corridoio che tagliava orizzontalmente le Industre Case.

Ovunque guardassi, la mia figura traballante era tutto ciò che riuscivo a vedere. Mi ritrovavo riflessa nel marmo candido del pavimento, nei vetri lucidi che suddividevano i grandi open space alla nostra destra e persino negli schermi scuri che intervallavano le porte.

«Lì ci sono gli addetti al marketing» mi spiegò lei, interrompendo la striscia di silenzio solenne che ci aveva avvolte non appena avevamo lasciato l'atrio. Fece roteare una cartelletta marrone verso l'altro lato della stanza. «Di qua invece ci sono i peggiori».

Mi morsi la lingua per non lasciarmi sfuggire alcuna supposizione. «Cioè?» le chiesi.

Lei si limitò a fare una smorfia. «I contabili».

Soffocai una risatina e la seguii su una rampa di scale. Mi sorpresi nel trovare una luce bianca e diffusa sopra di noi. Persino il tetto aveva degli elementi in vetro. Fuori aveva iniziato a piovere, eppure non si sentiva alcun rumore, come se ci fosse un buco spaziotemporale tra le nubi minacciose che vedevo incombere su Danvers e il soffitto squadrato. O, beh, come se l'immobile fosse semplicemente insonorizzato; ipotesi molto più plausibile.

IGNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora