CAPITOLO 11

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Mi pettino i capelli folti arancioni e sorrido allo specchio, o almeno ci provo. Non è più un movimento naturale quello che faccio, si nota lontano un chilometro che è finto.
Giro il viso e guardo fuori dalla finestra del bagno, un paesaggio imbiancato mi fa immediatamente pensare a lui ma non posso stare qui a pensarci.

Indosso la mia giacca a vento, i miei guanti, il cappello e sono pronto ad uscire. Canto sicuro di essere da solo, chi vuoi che ci sia in un paesino sperduto in montagna?

Don't give up now, there's already so much at stake
If Atlas falls, I'll rise up and carry us all the way
(Atlas falls - Shinedowns)

Entro nella bottega a valle, sognando già la mia cioccolata calda con i marshmallow. Il profumo di cannella mi invade le narici, mi sento già meglio.
La stanza è ben arredata, ci sono dei tavoli in legno, un paio di poltrone con delle coperte di fronte al camino acceso, una perfetta atmosfera di montagna. Mi spoglio degli abiti pesanti e mi siedo dolcemente davanti al camino, abbracciando le mie ginocchia godendomi il dolce tepore.

Inevitabilmente mi viene in mente Kageyama, mi strugge l'idea di averlo lasciato lì da solo... Non riesco nemmeno io a capacitarmi di questo mio comportamento, ho sempre affrontato i problemi ma con lui riesco solo a scappare. Sono un codardo, perché non riesco ad ammettere i miei sentimenti, non riesco a dirmi "Cazzo Shoyo, ripigliati un po', prendilo e bacialo", non riesco perchè mi sento in colpa. Ho sempre sbagliato tutto con lui, non sono mai riuscito a ricambiare tutto quello che si meritava di ricevere.
Sento un peso sul petto, uno di quelli che non ti lasciano respirare e me lo merito, ho sbagliato tutto e non me lo perdonerò mai. Mi sento così solo senza di lui, mi sento assente dalla realtà.
Sono talmente assorto nei miei pensieri che non mi accorgo del cameriere che mi sta scuotendo delicatamente la spalla.

- Hey ragazzo, stai bene? - chiede con la voce velata di preoccupazione.
Mi sveglio da questi pensieri e faccio un sorriso imbarazzato, probabilmente dovrà essere sembrato una smorfia perché l'espressione preoccupata del ragazzo peggiora.
Mi porge un fazzoletto e mi sorride dolcemente, come farebbe una mamma. Lo prendo con titubanza, non mi ero accorto delle lacrime sulle mie guance. Chissà che impressione patetica avrò dato, mi vergogno da morire, sono sicuro di aver l'aria di un mandarino completo (tra capelli e guance rosse).
- A chi pensavi? La tua ragazza? - chiede sedendosi davanti a me.
- In realtà non ho una ragazza... Pensavo ad una persona... - confido abbassando lo sguardo.
Non so dove io abbia trovato il coraggio di rispondere, non sono affari suoi però ho bisogno di parlarne con qualcuno, assolutamente.
- Ti va di parlarne? Credo possa farti bene. - chiede lui con gentilezza.
- Provo qualcosa di forte per un ragazzo, che probabilmente ora mi odia. Non posso smettere di pensarlo ma ho il senso di colpa che mi logora dentro. L'ho trattato malissimo, convinto che non potesse mai ricambiare. Nella mia testa si era già insinuata l'idea che non potesse mai esistere un noi, visione che si è confermata nel momento in cui ho visto il suo viso sofferente e non ho fatto nulla. Sono scappato. Sono scappato senza dire nulla, ho preparato le valige e sono partito alla volta di questo paesino. Sono corso via, credendo ancora una volta di aver risolto le cose senza averci provato minimamente. Sono un coglione. Mi si stringe il cuore a ripensarci, tutto mi ricorda lui, non esiste un singolo oggetto che non lo faccia. Ho nella mente impressa l'immagine di lui che sorride, quelle poche volte in cui l'ha fatto, perché sì, è uno stronzo però un cuore ce l'ha e ne sono certo. - sorrido ai ricordi, però il mio viso si rabbuia subito dopo. - Non posso crederci, davvero. Sono stato un codardo, ho rovinato tutto. Non posso smettere di pensare a lui, mi ha dato sempre tutto sé stesso e non l'ho nemmeno notato.-

- L'unico consiglio che mi limito a darti è quello di andare avanti, ormai hai fatto la tua scelta no? Rimboccati le mani, vivi la tua vita, non stare qui in attesa della venuta del Messia. Lo sai anche tu che se è destino vi rincontrerete e sarà lì che capirete.- mi sorride quasi come se stesse parlando di sé stesso.
- Anche tu hai perso qualcuno vero? - chiedo cercando un conforto che non mi aiuta.
- Diciamo di sì, le nostre strade si sono separate perché non accettavo l'idea di tenerlo incatenato a me. La sua vita non era qui, è più giusto che si faccia la sua vita da campione olimpionico.- e mentre lo dice vedo anche il suo viso scurirsi, un cuore distrutto come il mio.
- Almeno siamo in due dai... Comunque piacere, Hinata Shoyo! - gli porgo la mano.
- Katsuki Yuuri! - mi sorride impacciato.



SCUSATE PER L'ASSENZA, ANCHE SE CREDO NON FREGHI A NESSUNO. Ci tengo a ricordarvi che non sono una scrittrice, sono contenta che la storia vi piaccia ma non aspettatevi troppo da me ahahah!
Vi voglio bene, alla prossima! <3

Un'altra, ti prego Where stories live. Discover now