Nulla è perduto

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Camminavo lungo il corridoio con un grande sorriso stampato in faccia.
Dietro di me, i miei genitori mi stavano aiutando con le cose che avevo deciso di portare nella mia nuova stanza, all'interno dei dormitori del college.

Il viaggio da Jacksonville a New Haven non era stato particolarmente stancante, dato che avevamo preso un aereo.
Andare in auto sarebbe stato troppo scomodo, considerati i più di mille e settecento chilometri di distanza.
Avevamo, inoltre, riempito quattro enormi valigie che avevano viaggiato nella stiva, più una valigia ciascuno, più piccola, che avevamo imbarcato insieme a noi.
Ovviamente, non ero riuscita a portare tutte le mie cose, ma le avrei prese con calma quando sarei tornata.
Il tassista, all'aeroporto, ci aveva aiutati a trascinare tutti quei bagagli e ci aveva tranquillizzati, raccontandoci che un sacco di studenti erano costretti a fare la stessa cosa, a causa della distanza da casa al college.

Giunti davanti a quella che sarebbe stata la mia camera per gli anni successivi, strinsi la presa sul manico della valigia, prima di varcare la soglia.

Il mio sorriso si accentuò ulteriormente, quando notai un'altra persona all'interno.
La ragazza si voltò e smise di riporre i suoi abiti nell'armadio, scrutandomi e ricambiando il mio entusiasmo.

-Ariel!- esclamò, raggiungendomi per abbracciarmi.

Rimasi sorpresa dal suo atteggiamento così amichevole, ma in modo positivo.
Dalla foga, la valigia che stringevo saldamente, cadde a terra.
Dopo un'incertezza iniziale, ricambiai la stretta.

-Ciao, Meredith, è un piacere conoscerti- le dissi quindi, voltandomi verso i miei genitori.

Dopo le dovute presentazioni, Meredith uscì dalla stanza con una scusa per permetterci di sistemarci in intimità.

Sentivo gli occhi lucidi, ma non potevo non essere elettrizzata davanti all'avventura che mi aspettava da quel momento in poi.

Mia madre tirò su col naso e si aggrappò al braccio di mio padre, il quale mi sorrise tristemente.
Li abbracciai e li strinsi forte, scattando un fermo immagine nella mia mente da ricordare nei momenti difficili.

-La mia piccola... ci mancherai- sussurrò mia madre tra i miei capelli.

Anche voi, da morire.

-Vi voglio tantissimo bene. Se sono qui è grazie a voi e a tutto quello che avete fatto per me-

-Sei il nostro orgoglio, lo sai?- sussurrò mio padre, senza riuscire a nascondere una nota tremante nella voce.

Annuii commossa, mentre una lacrima sfuggiva al mio controllo e scendeva lungo la guancia.

-Non piangere, tesoro. Staremo qui per altri tre giorni- mi rassicurò mia madre, anche se mi ero accorta del suo grande sforzo per non crollare.

-Lo so, ma poi...- cominciai, venendo però subito bloccata dal suo sguardo dolce.

I miei genitori avevano deciso di fermarsi qualche giorno a New Haven, dato che per accompagnarmi avevano dovuto prendere un aereo, quindi ne volevano approfittare per una piccola vacanza.

Sospirai, ricomponendomi.

-Avete ragione, godiamoci questi giorni. Andate a fare un giro per la città, io intanto mi sistemo-

A quel punto, dopo avermi salutata, i miei genitori si congedarono e rimasi da sola all'interno della stanza.
Mi guardai attorno, pensando a come avrei potuto decorarla per renderla più mia.

Provavo un grande senso di soddisfazione e responsabilità, nel pensare che avrei trascorso gli anni a venire sotto un tetto diverso da quello dei miei genitori.
Certo, mi sarebbero mancati, ma quello sarebbe stato l'inizio della mia indipendenza.
E, anche se avevo sempre immaginato quel momento in compagnia di nonna Maggie in un appartamento solo nostro, me lo feci andare bene.

Questione di ChimicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora