Ancora una volta

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Alla fine, avevo deciso di accettare di andare a casa di Noah per prendere il materiale di cui mi aveva parlato.

Mi ero confrontata molto con Sarah e Mike, e tra un "vuole vederti, è ovvio, altrimenti perché non mandare il materiale a tutti per mail?", con il quale mi trovavo d'accordo, e un "vacci, stai morendo dalla voglia di vederlo e in caso contrario potresti pentirtene", avevo finalmente preso la mia decisione.

Noah mi aveva mandato il suo indirizzo e avevamo deciso di vederci il pomeriggio del giorno dopo. Inutile dire che quella giornata a scuola era sembrata infinita.

Ero agitata e mi sentivo incredibilmente sotto pressione, tanto che prima di uscire di casa mi ero controllata allo specchio almeno una decina di volte. Ovviamente avevo prestato particolare attenzione al mio aspetto, lisciandomi i capelli scuri e passando un po' di mascara sulle ciglia. Avevo optato per un semplice paio di jeans neri con un maglioncino rosa cipria e degli stivaletti in pelle neri. Volevo essere carina ma senza che fosse troppo evidente il mio impegno per quello strano incontro.

Giunta al portone dell'edificio in cui era situato il suo appartamento, mi accertai di essere nel posto giusto e, dopo un respiro tremante, suonai il campanello su cui era inciso il cognome Carter.

Attesi qualche istante, dondolandomi sui talloni, impaziente, quando il suono dell'apertura metallica del portone mi riscosse.

Non si chiede nemmeno chi è?

Senza indugiare ulteriormente, entrai nell'ingresso e presi l'ascensore per raggiungere il sesto piano, seguendo le istruzioni di Noah.

Chiusa in quello spazio, mi concessi qualche attimo per guardarmi allo specchio alla parete e calmare il mio respiro, approfittando per sistemare i capelli per dare loro un po' di volume.

Quando le porte automatiche si aprirono, mi ritrovai nell'atrio del sesto piano, guardandomi intorno per capire quale dei quattro fosse l'appartamento di Carter.

La mia ricerca non durò molto, poiché fu interrotta da una porta che si apriva. Trattenni il fiato, aspettando di trovare Noah davanti a me, quando il mio sguardo incrociò quello di un'altra persona. Era un uomo sulla quarantina, con gli occhi dello stesso colore di quelli di Noah e i capelli poco più chiari.

-Tu devi essere Ariel White!- esclamò in tono amichevole, invitandomi ad entrare nell'appartamento.

-Emh... sì, sono io- risposi imbarazzata, seguendolo nell'ingresso.

-Io sono Matt, il fratello maggiore di Noah- si presentò, tendendomi la mano.

-Piacere- risposi, sorridendo e ricambiando la stretta di mano.

Fortunatamente, ruppe subito il silenzio evitando che si creasse una situazione imbarazzante.

-Noah è in camera, non sta ancora molto bene, mi ha detto che deve spiegarti alcune cose relative al materiale che deve darti. Io preparo un po' di tè, ti va?-

Annuii riconoscente.

-Molto volentieri, grazie!-

Mi sorrise un'ultima volta, prima di andare in quella che presunsi fosse la cucina.

-Vai pure, è l'ultima porta in fondo a destra!- alzò la voce per farsi sentire e ringraziai che fosse in un'altra stanza, perché l'ansia mi stava mangiando viva ed ero sicura che dalla mia espressione si capisse fin troppo bene.

Okay, Ariel, il momento è arrivato. Andrà tutto bene, inspira ed espira.

Mi incamminai lungo il corridoio, gettando qualche occhiata alle foto e ai quadri appesi alla parete. Vidi un piccolo Noah vestito da clown, in braccio ad un ragazzo della mia età, che collegai subito a Matt. Sorrisi alla vista di quel bambino felice e non mi accorsi di un vaso posto all'angolo della parete, nel quale inciampai cadendo rovinosamente a terra.

Questione di ChimicaUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum