Come un cielo senza stelle

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La sveglia mi fece sobbalzare nel letto e mi tirai a sedere di colpo. La spensi e mi sdraiai di nuovo. Non perché avessi sonno, ma perché non volevo lasciare quella sensazione di sicurezza e tepore che mi dava il letto.

Buongiorno, nonna, pensai, chiudendo gli occhi e immaginandola davanti a me.

Sorrisi triste e involontariamente mi scese una lacrima, che asciugai subito. Mi alzai dal letto e mi avvicinai all'armadio, prendendo il primo paio di jeans che avevo davanti e una maglietta. Dopo essermi rinfrescata in bagno, presi lo zaino infilandoci qualche quaderno a caso, pronta per uscire.

Non mi guardai neanche allo specchio, non mi interessava che aspetto potessi avere in quel momento.

Scesi le scale in fretta e sperai che i miei genitori fossero già usciti per andare a lavoro. Speranza vana.

-Tesoro, non fai colazione?- chiese mio padre dalla sedia della cucina.

-No, grazie, sono in ritardo- risposi, incamminandomi verso la porta d'ingresso.

-Potresti anche salutare!- mi rimproverò mia madre.

-Ci vediamo oggi- tagliai corto, per poi uscire all'aria aperta.

Quella mattina c'era il sole, e la cosa non mi meravigliava affatto, poiché ogni volta che ero triste il tempo era bello, mentre ogni volta che ero felice faceva schifo. Sembrava che lo facesse apposta per prendersi gioco di me.

Mi incamminai lentamente verso la scuola, cercando di non prestare attenzione a ciò che mi circondava. Quando nonna stava da noi, io e lei facevamo un sacco di passeggiate e ci fermavamo sulle panchine del parco per chiacchierare. Presi il mio iPod e mi infilai gli auricolari, facendo partire le canzoni che ascoltavamo sempre insieme, visto che mi piacevano e avevo finito per influenzarla. Chiusi gli occhi, estraniandomi da tutto e concentrandomi solo sulla musica, e quando tornai in me mi resi conto di trovarmi di fronte al cancello della scuola, ma tornai indietro quando sentii che stavo per scoppiare a piangere.

Non riuscivo a controllarmi, era più forte di me. Mi appoggiai al muro della strada opposta, in un angolino lontano da occhi indiscreti, e mi lasciai scivolare a terra.

Perché? Era l'unica domanda che riuscivo a farmi, ma non avrei trovato mai la risposta.

Quando riuscii a calmarmi, mi alzai in piedi e mi strofinai gli occhi, poi camminai velocemente verso la scuola. Non c'era nessuno fuori, e ciò significava che la campanella era già suonata. Quindi ero in ritardo.

Perfetto, il mio primo ritardo a scuola. Non avevo mai fatto un'assenza in quattro anni di liceo, esclusa una in terza perché avevo la febbre. Avevo sempre avuto una media invidiabile, la scuola era sempre stata la mia salvezza. Allora perché non ero neanche più così sicura di volerci entrare?

Presi un respiro profondo e varcai il cancello, poi raggiunsi l'ingresso ed entrai nel portone di legno vecchio. Mi avvicinai a Marianne, la segretaria, che mi studiò a lungo confusa, poi mi sorrise.

-Buongiorno Ariel, come mai in ritardo?-

Abbassai lo sguardo per nascondere la mia espressione da morta vivente e mi schiarii la voce.

-Ciao Marianne, la sveglia non è suonata... posso sapere che orario ho quest'anno? Ho dimenticato la copia stampata a casa...- le chiesi gentilmente, appoggiando i palmi delle mani sopra la scrivania.

-Certo!- rispose, per poi far scorrere lo sguardo sul computer.

Digitò qualcosa sulla tastiera e poco dopo la stampante si mise in funzione. Marianne prese un foglio e me lo porse.

Questione di ChimicaNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ