43 - Fratellanza (I)

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Al momento però, l'unica certezza era rappresentata dal patto della fondazione che Caleb mi aveva mostrato nella sua casa al Wenham Lake. Oltre all'esistenza delle famiglie fondatrici, di una strana società chiama "Il Sole", e del simbolo del triangolo che ci legava a quella storia, non avevamo altri appigli.

O forse non ne avevamo avuti, fino a quel momento.

Da Alex Case:
Potrei aver trovato qualcosa.

***

Suonai il campanello della villa dei Case con una punta di impazienza. Alex mi aveva scritto alle prime luci dell'alba, ma avevamo dovuto aspettare fino al pomeriggio, prima di incontrarci. 

Mi aprì la porta, asciugandosi il viso con la maglia scura. Alcune piccole gocce di pittura gialla costellavano la mascella coperta da un lieve accenno di barba. Quella combinazione lo faceva sembrare più grande e più giovane allo stesso tempo. 

«Entra, sono appena tornato dai "lavori socialmente utili".» Fece una smorfia, indicando la maglietta con le maniche arrotolate, che indossava. Sembrava che fosse finita per sbaglio in una lavatrice con un tubetto di vernice, da quanto era imbrattata.

Repressi un sorrisino a quella vista. «Non ti hanno ancora revocato la sospensione?» chiesi, entrando nel salone.

Se in un primo momento, avevamo creduto che Alex se la sarebbe cavata con un paio di giorni a casa, il preside Evans aveva presto fatto intuire di avere piani ben diversi. Sembrava essere particolarmente determinato a usare il pugno duro e aveva reclutato Alex e gli altri ragazzi sospettati di aver partecipato agli atti vandalici per pulire la scritta contro il professor Webb e per sistemare l'atrio invaso dalla carta velina colorata. Una volta completati quei lavori però, aveva proseguito con un'altra serie di attività, come ridipingere l'interno della palestra.

«Siamo sospesi per l'intera settimana, ma solamente perché sperano che prima o poi qualcuno crolli.» Sorrise rilassato, per mostrarmi che non era un'eventualità che prendeva in considerazione. Apprezzavo che tentasse sempre di rassicurarmi, ma non ne avevo bisogno. O meglio, speravo che non fosse così evidente che mi preoccupassi per lui.

Dondolai sui talloni un po' a disagio per quei miei pensieri. «Hai detto che avevi trovato qualcosa, no?» iniziai nel tentativo di cambiare argomento.

Lui annuì. «Andiamo di sopra, devo togliermi questa roba.» Indicò un'ampia porzione di tessuto, scuotendo la testa incredulo, e io mi rilassai di nuovo.

«Finalmente abbiamo trovato qualcosa in cui non sei affatto bravo?» lo presi in giro, seguendolo sulle eleganti scale di cristallo. La villa dei Case era troppo grande e troppo silenziosa per i miei gusti. Sembrava un moderno museo, con tutte quelle opere d'arte appese ai muri bianchi e quell'arredamento minimal. 

Voltò brevemente il capo nella mia direzione, mentre l'ombra di un sorrisino si formava sul suo volto. «Ah, quindi sarei bravo in molte cose?» ribatté, continuando a camminare. «Vai avanti, Reed, il mio ego ne sarà contento.»

Alzai gli occhi al cielo. Era bravissimo ad ingigantire sempre tutto.

«Preferirei concentrarmi sui muri della palestra, sono davvero in apprensione per loro.» Accentuai il mio tono rammaricato, mettendo una mano sul cuore. Mi era mancato quel punzecchiarci, come i primi giorni di scuola. I medaglioni avevano complicato tutto. Ci avevano costretti a collaborare certo, ma allo stesso tempo ci avevano caricato di fin troppa pressione.

Credevo che lo avrei visto svoltare a sinistra verso la solita biblioteca, ma invece mi condusse nella sua camera. Mi fece cenno di sedermi alla scrivania, mentre lui raggiungeva l'armadio sul fondo della stanza.

IGNIWhere stories live. Discover now