56 • Basta Amarci A Metà

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Sono passate due settimane dal giorno in cui mi sono liberato della mia personale fonte di problemi

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Sono passate due settimane dal giorno in cui mi sono liberato della mia personale fonte di problemi.
Due settimane dove -e stento a crederci- nessun dramma, nessuna minaccia e nessuno strano messaggio hanno compromesso la serenità mia e di Summer.
Sono comunque stati giorni intensi quelli che abbiamo trascorso, giorni dove io mi sono dedicato ai programmi di ricostruzione del locale insieme al mio architetto di fiducia, e Summer ai preparativi per il suo nuovo progetto di vita. Qualsiasi momento libero ci restasse, lo abbiamo trascorso con la nostra famiglia, spesso portando fuori i bambini.
Entrambi siamo davvero grati per questo breve lasso di tempo in cui abbiamo avuto un po' di tregua, ma se Summer comincia a pensare che forse il suo stalker l'abbia finalmente lasciata in pace, io ho i miei dubbi che sia così. Non mi sento di abbassare la guardia, e non so più se è sesto senso o paranoia.
Del resto però, com'è che si dice? La quiete prima della tempesta, no?
Ad ogni modo, questo suo credere che anche i suoi guai siano finiti, ieri sera l'ha portata ad una proposta che ha tirato fuori mentre stavamo sparecchiando, e che mi dà da pensare da allora.
"Forse dovrei provare a tornare a casa mia, con Grace. Sono qui da quasi un mese e sento che sto approfittando troppo della tua ospitalità".
Non sono certo che l'abbia detto perché sentiva realmente di approfittarsi di me, o se in fondo il suo era un tentativo di strapparmi una confessione.
Fatto sta che ci ho riflettuto parecchio prima di andare a dormire, e poi per tutta la notte, e ci sto ancora riflettendo stamattina mentre passeggio per le strade di Charleston.
Dicono che camminare aiuta, e da quando sono stato aggredito nel parcheggio dell'hotel e ho di conseguenza dovuto rinunciare alla corsa per un po', ho ripiegato sulle passeggiate.
Lascio che i miei piedi si perdano per le stradine e i vicoli della città, mi osservo intorno con un'attenzione che prima non avevo.
Devo ammettere che è molto rilassante, e che credo di aver trovato un'altra abitudine che mi fa bene.
Inoltre, in questo modo non sono concentrato sull'ossigeno da incanalare o sui polpacci che bruciano, e posso confrontarmi con me stesso.
Stamattina ne ho bisogno più che mai, perché immagino che sia arrivato il momento di prendere una decisione importante.
Ieri sera ho accantonato il discorso dicendole che era troppo tardi per le scelte serie, e che ne avremmo discusso oggi. Perciò so che oggi pretenderà una risposta e, conoscendola, se non l'avrà probabilmente farà le valige e andrà via.
La domanda che mi pongo da ore è, tu vuoi che vada via, Evan?
Conosco già la risposta. Fatico ad accettare che sia così evidente e spontanea, ma la conosco già.
Non voglio che vada via da casa mia. Non voglio tornare a dormire in un letto vuoto, non voglio tornare in una casa fredda, non voglio saperla lontana.
Voglio le sue cose in giro per il bagno, la sua musica assordante in cucina, i baci e le carezze che mi piovono sul viso improvvisamente, e i suoi occhi addosso quando vado in giro per casa senza maglietta perché appena uscito dalla doccia.
E i miei addosso a lei, in qualsiasi momento.
Lo sai benissimo cosa vuoi. Vuoi chiederle di trasferirsi. Definitivamente.
Vuoi che torni tutto come prima. E vuoi smettere di avere paura che tutto come prima, non ci possa tornare.
Sospiro, e mi disconnetto per qualche istante da quei pensieri per capire dove sono finito.
Come sospettavo, mi sono allontanato fin troppo.
Vengo di rado in questa zona della città ma devo ammettere che è un gran bel quartiere: è parecchio caratteristico con le sue casette colorate, le stradine rustiche e gli artisti che riempiono i vicoli.
Rallento davanti a un uomo che avrà poco più di cinquant'anni, che se ne sta ricurvo in una di quelle scomodissime sedie piccole e pieghevoli a disegnare il paesaggio davanti a lui.
Non è vestito che con abiti consumati e logori, il suo viso è segnato e stanco, ma mentre si dedica alla sua arte ha un'espressione felice.
Alle sue spalle, un piattino con pochi spiccioli all'interno si mimetizza con il marciapiede, e altri suoi quadri sono poggiati al muro.
Ha talento, ha senza alcun dubbio un gran talento e mi fa così tenerezza che sto pensando di acquistare una delle sue opere giusto per regalargli un sorriso. Sto per avvicinarmi quando un signore sbuca fuori dal negozio di camicie lì davanti e mi precede. Lo affianca, e comincia a inveire contro di lui.
<<Deve sparire da qui! Non la voglio davanti alla mia attività, allontana i clienti e copre le vetrine. Vada via dal mio marciapiede!>>
Incredibile quanta cattiveria stia mostrando questo idiota in una manciata di parole.
Di fronte a quella scena raccapricciante, stringo i pugni e tengo d'occhio questo pover'uomo che, spaventato, si alza alla svelta mentre il proprietario del negozio comincia a raccogliere i quadri e sbatterglieli addosso.
Sento la rabbia montarmi dentro -la stessa rabbia che si ripresenta ogni volta che mi ritrovo ad assistere ad una forma di abuso, soprattutto quando si tratta dei più forti che se la prendono con i più deboli.
Con tre falcate incazzate raggiungo entrambi, strappo dalle mani del titolare i due quadri che ha ancora tra le dita, e li risistemo sulla strada.
<<Vuole che la denunci per aggressione?>> ringhio poi, tornando da lui e sovrastandolo. Sono molto più alto e muscoloso di questo coglione e se di solito non uso certo il mio corpo  e la mia stazza per intimorire la gente, adesso notare come all'idiota di turno stia prendendo un colpo, mi piace.
Voglio che provi cosa vuol dire aver paura di un uomo più forte. Voglio che sappia che non importa se sa fare il bulletto con chi è più fragile, qualcuno sarà sempre più grande e grosso di lui.
<<Non si immischi, chi è lei?>> sbotta, indietreggiando.
<<Questo non è il suo marciapiede>> chiarisco.
L'uomo intanto mi posa una mano sul braccio.
<<Non voglio problemi né dare fastidio, mi sposterò>>
<<Guardi che è suo diritto stare qui>>
<<Non voglio problemi>> ripete, continuando a raccogliere le sue cose.
Lancio un'occhiataccia di fuoco al bastardo che si affretta a tornare nel suo negozio, e poi mi rimbocco le maniche della maglietta.
<<La aiuto a portarli>> propongo, stringendomi quattro dei quadri al petto.
Il signore mi fa un sorriso grato e si incammina, guidandomi in una piazzetta in fondo alla strada e accanto ad una panchina di legno.
<<Sta bene?>> mi assicuro. <<Non avrebbe dovuto dargliela vinta>>
<<Ci sono abituato, ragazzo. So che in certe occasioni, è meglio sorvolare sulla maleducazione della gente>>
"Ci sono abituato".
Mi mette tristezza quella confessione. Nessuno dovrebbe abituarsi ad essere trattato così.
<<Posso fare qualcosa?>> insisto.
<<Va tutto bene, e sono io che dovrei ringraziarla. Non si vedono spesso bravi giovanotti come lei in giro>>
<<Non ho fatto nulla, davvero. E comunque, dovrebbe continuare la sua opera, è molto bravo>>
<<Lo so>> ammicca, ridendo sotto ai baffi grigi.
Scoppio a ridere con lui e annuisco. Immagino che la modestia sia sopravvalutata ormai.
<<Ti sembrerò sfacciato ma, sai, la consapevolezza è fondamentale per un artista. E io sono consapevole delle mie capacità. E poi, l'arte è l'unica cosa che mi è rimasta, ho bisogno di credere che valga abbastanza>> mi spiega, risistemando la sua tela e la sedia.
Mi accomodo sulla panchina perché ho l'impressione che gli faccia piacere chiacchierare un po' con qualcuno.
<<Non ha una famiglia?>> indago.
<<Non più. Ero sposato, ma poi mia moglie mi ha lasciato perché sosteneva che non le davo attenzioni. Un tempo dipingevo su commissione, sa? E tra l'ispirazione che arrivava in qualsiasi momento della giornata e il lavoro, ammetto che aveva ragione, la trascuravo. Ma non lo facevo di proposito. Io la amavo. Però, alla fine dei conti, lei semplicemente non mi capiva. Aveva le sue ragioni per avercela con me e so di aver sbagliato, ma lei non mi capiva>>
<<Ha preferito la sua arte alla sua famiglia?>>
In effetti, non lo capisco neppure io.
<<Non è andata esattamente così, io non preferivo niente a nessuno. Per me non c'era niente da scegliere, era lei che non accettava questo mio lato creativo. La mia arte è sempre stata vitale per me, ma ciò non significava che non lo fosse anche lei. Non ha mai capito neanche questo. Non stavo scegliendo qualcos'altro al suo posto. Lei era l'amore della mia vita, la persona più importante al mondo. Quando mi concentravo sul disegno, io non preferivo quello a lei. Era solo il mio modo di amare me stesso. E non ci insegnano forse che è fondamentale amare se stessi? E in che altro modo ci si può amare se non sfamando i bisogni della nostra anima?>>
Apro la bocca per dire qualcosa, ma non ne esce nulla. Quel discorso è così profondo che mi dà da pensare.
Mi domando se non siano soltanto i deliri di un povero disperato, o se non ci sia un fondo di verità.
<<Non voglio vantarmi, ma noi abbiamo un tipo diverso di anima>> riprende. <<Che non è facile da comprendere. Che ha fame non solo d'amore, ma anche di sogni>> continua. <<Lei è una persona creativa, giovanotto?>>
Scuoto la testa.<<Credo di no>>
<<Se ha la fortuna di conoscerne qualcuna, sia comprensivo>>
Continuo a limitarmi a fare cenni con la testa come un'idiota.
Le sue parole mi stanno incasinando la mente.
E, Cristo, quest'uomo sembra essermi stato mandato dall'universo come una sorta di segno.
Resto a fargli compagnia ancora cinque minuti. Dopodiché, gli auguro buona fortuna e torno verso casa con una decina di sentimenti contrastanti che mi si rimescolano dentro.

<<Cosa ci fa quel borsone vicino al letto?>> esordisco, facendo sobbalzare Summer che stava piegando una maglietta.
Ha le cuffie alle orecchie, perciò non mi ha sentito rientrare.
Cercarla, è stata la prima cosa che mi è venuto naturale fare.
<<Ehy. L'ho appena tirato fuori dall'armadio. Sai, per quel discorso che ti ho fatto ieri...>> lascia la frase in sospeso, poi si abbraccia la vita e si dondola sul posto.
<<Tu vuoi andare via?>> domando, avvicinandomi.
<<Me lo stai chiedendo davvero?>> ribatte, aggrottando le sopracciglia.
Non dico nulla, la guardo e aspetto.
<<Io voglio che tu mi tenga qui. Ma io voglio che tu mi tenga qui perché ti piace vedermi in giro per casa, non solo perché questo per me è un posto sicuro>> sussurra triste. <<Ti sono grata per quello che stai facendo, ma non ce la faccio più a vivere nell'incertezza, a sentire che non posso chiederti nient'altro oltre a ciò che già mi dai per paura che torni a odiarmi e ad allontanarti. E ad accontentarmi delle briciole mentre in realtà ho bisogno di così tante cose...>>
Quando la voce le si spezza e le prime lacrime straripano dai suoi occhi, colmo la distanza che si separa e premo i pollici sulle sue guance per raccoglierle.
<<No, non voglio questo>> si batte, scansandomi.
Le scosto le braccia e le riavvolgo il viso nel palmo della mano.
<<Ferma. Sono stato io, è colpa mia e ci penso io>> sussurro, portandomi via le ultime tracce del suo pianto.
Dentro alla mia stretta, grazie alle mie carezze, si calma e torna docile.
Ed è ancora così rigenerante ricordarmi dell'effetto che le faccio.
Così meraviglioso pensare che mentre tutto il resto delle persone là fuori le sono indifferenti, a me basta imprigionarle il volto tra le mani per accenderla e farla tremare.
Accosto la fronte alla sua.
<<Ho incontrato un uomo, oggi. Un artista di strada. Mi ha raccontato la sua storia. Mi ha detto che le persone creative, hanno un'anima diversa e necessità diverse. Non riesco ancora a capire appieno la scelta che hai fatto, Summer. Ma la capisco un po' più di ieri>> bisbiglio, mentre i suoi occhioni si spalancano e mi fissano, speranzosi e attenti.
<<E quindi?>> incalza.
<<E quindi puoi restare, tesoro. Perché ho bisogno di tenerti al sicuro e perché ti voglio in giro per casa. Perché voglio cenare con te quando torno da lavoro, anche se con questa mania che ti è presa ultimamente di provare ricette nuove, mi stai facendo mangiare piatti davvero orribili. Non mi importa, però. Puoi restare perché voglio entrare in bagno e trovarti lì che ti lavi i denti. Perché voglio addormentarmi sapendo che, anche se non ti stringo, sei lì. E anche se non sento la tua pelle, sento il tuo calore. Voglio...>>
<<Voglio che mi baci. Adesso>> mi implora, aggrappandosi ai mie polsi.
La mia bocca sfiora la sua. 
Se lo merita questo bacio. Perciò, stavolta gliene do uno vero.
Uno che non si ferma alle sue labbra, uno che dopo aver torturato quelle, scende sulla mascella e finisce sul collo. 
Summer mi trascina con sé verso il letto alle sue spalle, e si lascia cadere.
Sto attento a puntare gomiti e ginocchia sul materasso per non schiacciarla, quando la seguo a ruota.
Comincia a sbottonarsi la camicia lunga che usa come vestito, e io la osservo inarcando un sopracciglio.
<<Come siamo arrivati a questo?>> la stuzzico.
Poi però, non attendo neanche una risposta e finisco io stesso di spogliarla. Poi però, le mie mani si posano sulla sua pelle di seta, i palmi e le dita si allargano sul suo stomaco.
<<Basta amarci a metà>> ordina, mortalmente seria.
E quando mi morde il collo, non mi va più di giocare.
Voglio fare sul serio.
Voglio averla, voglio sentirla e voglio tutto.
Perché le cose a metà, in fondo non sono mai piaciute neppure a me.
<<Per una volta, siamo d'accordo su qualcosa>> acconsento, mentre poco dopo unisco il mio corpo al suo.
E potrei piangere per quanto è bello. E potrei restare così per giorni per recuperare il tempo perso, le occasioni mancate, l'amore sprecato.
L'amore sprecato, sì. Prima da lei, e poi anche da me.
Ma adesso abbiamo bisogno di rimediare e rimettere le cose al loro posto.
<<Ma è sempre stato così meraviglioso?>> geme, assecondando i miei movimenti, rendendoli più audaci, frenetici, quasi violenti.
Questa disperazione non le appartiene, ma le dona un casino.
<<Non mi dire che non te lo ricordi>> la rimprovero, dandole un pizzicotto sul fianco.
Lei ride, ride di cuore per qualche istante e poi si fa seria.
Mi costringe a rallentare, mi stringe ancora più forte e mi accarezza il viso.
<<Dimmelo, Evan>> mi implora.
Hai paura che se non lo sentano le tue orecchie, non lo senta neppure il tuo cuore?
<<Ti amo, Summer. Anche quando dico il contrario>> la accontento.
Anche se mi ero ripromesso che niente di tutto questo sarebbe mai più successo. Anche se c'è una gran bella fetta del mio cuore che ha ancora paura. Anche se l'orgoglio urla, strepita, batte i pugni, mi maledice.
Ma c'è qualcosa di più forte. C'è qualcosa di esageratamente bello.
C'è una ragazza che mi ha salvato l'anima e che mi ha regalato fiducia, sedici anni della sua vita, tutte le sue prime volte e il suo amore.
E c'è ancora il mio futuro racchiuso nelle sue mani.

Rompi Questo Silenzio (Until I Breathe #2)Where stories live. Discover now