53 • Parole Tra Le Righe

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Erano già trascorsi tre giorni da quando Summer si era provvisoriamente trasferita nel mio appartamento

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Erano già trascorsi tre giorni da quando Summer si era provvisoriamente trasferita nel mio appartamento. Ad entrambi era toccato abituarci ad una nuova routine che prevedeva la condivisione degli spazi, e il cercare di stare fuori casa il più possibile.
Lei andava ogni pomeriggio a trovare suo padre e i suoi fratelli. A volte, io la raggiungevo lì così che poi potessimo tornare insieme, anche se spesso le davo solo un passaggio perché finivo per passare dal locale.
Summer cercava di lasciarmi i miei spazi, per quanto la situazione glielo consentisse.
Per quanto riguardava noi invece -ciò che eravamo- non ne avevamo più parlato, ma la notte dormivamo entrambi nel mio letto. Però, dopo quella prima sera, avevo evitato altri contatti.
Lei se ne stava lì, nel suo lato del materasso, ma non la toccavo. Ci davamo la schiena e speravamo di addormentarci presto, ci sforzavamo di ignorare il calore dell'altro che ci raggiungeva prepotente, e l'aria che sfrigolava di tensione e attrazione.
Averla intorno mi confondeva. E mi piaceva.
Ero sincero quando le ho confessato che non sarei stato tranquillo a saperla in casa sua, anche se ormai avevo fatto installare le telecamere e cambiare la serratura. Ma se quel pazzo le avesse fatto qualcosa, lei non sarebbe stata in grado di difendersi. Invece, così, a lei ci avrei pensato io.
A riaverla per casa comunque, mi stavo abituando fin troppo. A trentatré anni era dura tornare in un'abitazione vuota, negli ultimi mesi mi ero abituato e cercavo di non darci troppo peso ma quella realtà mi metteva tristezza. Specialmente quando tornavo dalle cene di Jade o di papà, lasciandomi alle spalle il calore di una famiglia completa, vera, chiassosa.
Ad ogni modo, da tre giorni Summer aveva risucchiato quel vuoto con le sue cose sparse per la mia stanza e per il bagno, con le colazioni e i pranzi e le cene che preparava sempre anche per me, con la musica dei suoi cantautori preferiti che riempiva il silenzio, e con i discorsi allegri che cercava di intavolare con il sottoscritto.
Avevo smesso di trattarla male, sulla rabbia ci avevo messo una pietra sopra. Adesso parlavamo civilmente, sembravamo due perfetti coinquilini che condividevano gli spazi, e anche questo mi suonava strano, in verità.
Dopo quella sera, la mattina dopo, mentre eravamo ancora a letto, lei aveva provato a stringermi. Io le avevo concesso un abbraccio veloce e poi mi ero allontanato. Avevo messo distanza, e da quel giorno lei non aveva più preso iniziativa.
Eravamo finiti in un limbo, e sospettavo che toccasse a me tirarci fuori da lì.
Non sapevo neanche io cosa aspettassi di preciso, ma di sicuro sapevo che senza essere giunto ad una conclusione definitiva, non avrei mosso un passo.
Non avrei alzato un dito su di lei per poi fare marcia indietro. In questo periodo era troppo fragile, di nuovo.
<<La vecchiaia non ti rende giustizia, amico. Oppure è l'orgoglio?>> mi provoca Maddox, mentre sorseggio vino bianco al bancone del locale intanto che lui asciuga i bicchieri.
<<Perché sei sempre così molesto?>>
<<Ehy, vedi quanto sei scorbutico? Ti facevo solo notare che hai una faccia che è tutta un programma, e mi chiedevo se fosse dovuta all'età che avanza, o alla ragazza che ti gira per casa da giorni e per cui muori sicuramente dalla voglia di metterle le mani addosso, anche se ti costringi a fingere il contrario e a non muovere un dito per orgoglio>> cantilena, aggiungendoci un occhiolino.
Accidenti a me e a quando gli ho raccontato tutto.
E accidenti a lui che ha fatto certe allusioni, perché ammetto che già dormire accanto a Summer senza toccarla è difficile, ammetto che il mio corpo non vede l'ora di cedere, ammetto di bramare in segreto quella connessione che non abbiamo da oltre un anno.
<<E comunque, era solo per ricordarti che tra qualche mese sposerò la mia donna, e sarebbe carino se al matrimonio il mio testimone avesse un accompagnatrice>>
Sposare. Matrimonio.
Quelle parole bruciano ancora troppo.
Ma sono così innocue, Evan.
Già, ma sono anche così maledettamente evocative.
<<Secondo me Savannah ti lascia all'altare come un'idiota>> lo stuzzico, finendo il vino e sbattendo il bicchiere sul bancone. Poi lo saluto con una pacca sulla spalla, pronto a concludere la serata.
Non mi piace la direzione che hanno preso i miei pensieri, non mi piace la lussuria che sento scorrermi addosso e il fatto che sto pensando a quanto è morbida la pelle di Summer, a quanto sono profumati i suoi capelli, a quanto stringerla senza barriere di stoffa tra noi sia la sensazione più rigenerante al mondo.
Mi auguro che quando arriverò, lei stia già dormendo. Ma è ancora molto presto e lo reputo improbabile.
Preso da certe fantasie come sono, una volta arrivato al parcheggio mi accorgo troppo tardi dei passi alle mie spalle.
Non faccio in tempo a voltarmi e controllare chi ci sia, che mi arriva una ginocchiata alla parte bassa della schiena che mi immobilizza dal dolore. Subito dopo, un braccio mi circonda e stringe la gola, per premermi la testa contro il corpo di qualcuno.
<<Tu, sporco bastardo! Hai messo le mani dove non dovevi!>>
Una voce che non riconosco mi urla all'orecchio fino a stordirmi. Io cerco di riprendere il controllo di me stesso, ma il mio aggressore sapeva bene dove colpire perché quel dolore alla schiena si estende al resto del corpo e mi toglie le forze. In più, continua a premere il braccio sulla gola privandomi dell'ossigeno di cui ho bisogno.
L'uomo mi strattona, e io cerco di non farmi cogliere dal panico anche se mi gira la testa.
<<Lei è mia. Lei è mia! Mia, mia, mia! Hai capito? Eh?>> insiste.
Disorientato e intontito, faccio fatica a metabolizzare le sue parole e a dargli un senso.
Chiudo per un po' gli occhi per cercare di riprendermi, e lui mi spinge in ginocchio.
<<Non rispondi? Le devi stare lontano! Mi stai ascoltando? Mi senti? E non la devi toccare! Non devi toccare ciò che appartiene a me!>>
A quel punto, il dolore si dirama quanto basta per darmi modo di reagire. Alla cieca, tiro una gomitata all'indietro e lo colpisco allo stomaco.
Lui molla la presa su di me, io mi volto e vedo un uomo tutto vestito di nero.
Il cappuccio della felpa è calato sulla testa, il resto del viso è nascosto da un passamontagna: non mi sembra di conoscerlo ma conciato com'è, sarebbe impossibile farlo. Per di più in questo parcheggio quasi buio.
Devo far migliorare l'illuminazione, dannazione.
Ci rimettiamo entrambi in piedi.
Lui ringhia come un animale, e poi mi viene ancora addosso. Qualsiasi problema abbia, deve essere fuori di testa.
Carica verso di me e riesce a sferrarmi un pugno che mi prende la mascella e la bocca, ha un anello che mi spacca il labbro inferiore.
<<Questo è per aver provato a portarmela via!>> sbraita.
E a quel punto, non ci vedo più dalla rabbia.
Mi butto su di lui e appena finiamo a terra lo colpisco ripetutamente sul viso e sullo stomaco. Non non sono mai stato incline alla violenza, eppure lo trovo gratificante.
Quando sto per esaurire le energie e mi indebolisco, lui mi tira un calcio alla gamba e riesce a liberarsi, a mettersi in piedi e scappare via.
Non ho le forze per corrergli dietro, cazzo.
Mi accascio un istante contro la mia auto prima di aprirla e mettermi al volante.
Il mio aggressore poteva essere un pazzo qualsiasi, ma adesso che mi tornano in mente come un'eco le sue frasi sconnesse, adesso che le metabolizzo davvero, non posso che sospettare che c'entri qualcosa con lo stalker squilibrato di Summer.
A questo punto ho solo fretta di tornare a casa e accertarmi che proprio adesso non sia diretto da lei.
Mi fa male tutto ma guido come un folle, impaziente di arrivare.
Temo che ridotto così la spaventerò a morte, ma è più importante che io le stia vicino. In caso di necessità devo essere lì a proteggerla.
Stasera sarebbe dovuta passare Grace a tenerle compagnia, ma oramai sarà andata via e comunque non è lo stesso.
Neanche dieci minuti più tardi sto già entrando nell'appartamento. La prima cosa che registro è il mio riflesso allo specchio dell'ingresso: il viso si sta gonfiando, il labbro perde ancora un po' di sangue, io zoppico e mi tengo una mano sulla schiena come se potesse essermi di conforto.
Richiudo la porta, e sento trafficare in cucina.
Poi Summer sbuca nel corridoio con un pigiamino quasi indecente, e io per un attimo mi scordo del dolore e sento la pancia contrarsi per altro.
Cos'è questa nuova abitudine di alzare i riscaldamenti al massimo e andare in giro per casa mezza svestita?
<<Evan! Cosa ti hanno fatto?>> scatta subito, preoccupata, non appena mi mette a fuoco.
Mi si avvicina e allunga le mani per tastarmi il corpo, scostarmi il giubbotto, alzare la maglietta e le maniche come alla ricerca di altre ferite.
<<Non è nulla di grave, mi serve solo un bicchiere d'acqua e del ghiaccio>>
<<Chi è stato? Cosa ti è successo?>> persevera, mentre mi prende per mano e mi guida in cucina dove mi lascio cadere sulla sedia.
<<Concedimi due minuti e ti spiegherò>>
Mi porge un bicchiere d'acqua che bevo tutto d'un fiato, e prende del ghiaccio che avvolge in un panno prima di adagiarlo lei stessa sulla parte lesa.
Chiudo gli occhi e lascio che si prenda cura di me.
Chiudo gli occhi perché, nonostante i vari dolori, trovarmela davanti in canottiera e pantaloncini di seta, mi fa troppo effetto.
E so che è tutto ancora più amplificato dal fatto che, per un po' avrò cercato di smettere di amarla, ma di sicuro non sono mai riuscito a smettere di provare attrazione per lei, di desiderare di farle certe cose e prendermene altre proprio dal suo corpo e dalle sue mani.
D'accordo, non sono mai riuscito a smettere neppure di amarla.
Ho soltanto nascosto la polvere sotto al tappeto, ho coperto l'amore con la rabbia, ma quell'amore era comunque sempre lì, sempre presente.
Quando con la mano con cui non tiene il ghiaccio prende ad accarezzarmi i capelli, mi abbandono a quel tocco e all'istinto. Allungo le braccia e poso i palmi dietro alle sue ginocchia nude.
Poi risalgo piano fino a che non incontro l'orlo dei pantaloncini.
Le mie mani si arrestano, ma le mie dita no. Le accarezzano la pelle, dolci e gentili.
Chiedono scusa per le volte che, da quando è tornata, l'ho stretta senza preoccuparmi di farle male.
Le sfugge un sospiro tremolante, e le sue dita mi arpionano le ciocche lunghe.
Apro gli occhi, e la trovo con le guance rosse. Si sta anche torturando la bocca con i denti.
<<Mi prenderesti l'alcool? Devo disinfettare il labbro>> le chiedo gentilmente, togliendo le mani da lei.
<<Ci penso io>>
Prende l'occorrente dal bagno, e torna per medicarmi.
<<Ti ricorda niente tutto questo?>> la provoco, abbassando apposta il tono di voce.
Sorride malinconica e non risponde.
Dio, la maniera in cui mi ha fatto impazzire quando ha finto di essere Ariel.
<<Adesso dimmi cosa è successo. Tutto questo è opera della persona che ce l'ha con te, e che se l'è già presa con la tua macchina e con il tuo hotel?>>
<<Non credo, sai? Un uomo mi ha aggredito nel parcheggio, e non l'ho visto in faccia ma ha detto delle cose. Ha detto che ho messo le mani dove non dovevo e che dovevo stare alla larga da una certa lei... Non ha specificato a chi si riferiva. Summer, penso che fosse il tuo stalker>> concludo, stringendole un fianco per infonderle conforto.
Sono qui. Sono qui e non sei sola.
Per quanto detesti turbarla ricordandogli di lui, la riguarda ed è giusto che sappia.
I suoi occhioni si spalancano.
<<Oh mio Dio>> sussurra, sconvolta.
Scuote la testa intanto che una lacrima le solca la guancia.
<<Perché piangi?>>
<<Non faccio che causarti problemi>>
<<Non dire così. Non è colpa tua. E io sto bene>>
<<Non stai bene, ti hanno fatto del male a causa mia!>>
<<Sono vivo, sono più o meno sano e salvo, e quei colpi li ho restituiti con gli interessi. Se avessi capito subito, se mi fossi reso subito conto che avevo tra le mani l'uomo che ti dava il tormento, non so cosa gli avrei fatto>>
Avevo voluto solo la morte di un uomo in vita mia, e adesso erano due.
Erano pensieri violenti, disumani, che di certo in genere non mi appartenevano. La gente che faceva del male finiva in carcere, non serviva volerla morta.
Ma là fuori c'era qualcuno che reclamava la mia bambina e che l'aveva spaventata, che le regalava completini intimi e le scattava le foto mentre dormiva. E io quell'uomo lo volevo morto, sì.
Nonostante il dolore alla schiena e alla gamba e la poco forza rimasta, mi tiro Summer addosso per stringerla.
Il bisogno di volerlo fare è così potente che non sono per nulla delicato, lei emette un gemito di sorpresa ma poi ricambia quella stretta disperata.
<<Secondo te, siamo destinati a non avere pace?>>
<<Tu non devi preoccuparti di niente. Ci penso io a te>>
<<Perché, pensi che mi basti sapere che io sono al sicuro? Che non mi preoccupi anche per te?>> si altera.
<<So badare ad entrambi>>
Anche se finora forse non l'ho dimostrato alla perfezione.
Ma se le mostro che ho paura anch'io, non si fiderà.
<<Pensi che il mio stalker e le minacce che ti sono state fatte, siano collegati?>>
<<Non lo so, Summer. Non ne ho idea. Domani andrò a denunciare l'accaduto, per quello che serve, ma per stasera sono troppo stanco e non voglio più parlarne>> la prego.
Annuisce, e si scosta dall'abbraccio per tornare a posare le sue dita su di me.
Con il suo tocco leggerissimo inizia a sfiorarmi la guancia e il labbro. Ce ne stiamo lì: io immobile a guardarla, rapito, e lei a passare le nocche avanti indietro sulla mia pelle contusa.
Ed è davvero bello, è niente ma è bello.
Ad un tratto, la mano viene sostituita dalle sue labbra. Non me lo aspetto ma non mi lamento. Prima mi posa dei piccoli baci sul viso, e poi si ferma sulla ferita sul labbro.
E se in questo momento non mi facesse un male del diavolo, fanculo ma la bacerei come si deve.
<<Che altro posso fare per farti stare meglio? Quando sei arrivato ti reggevi a malapena in piedi, ti fa male altro?>>
Tutto.
<<Forse un bagno caldo mi aiuterebbe>>
Dopo essermi rotolato per strada ho senza dubbio la necessità di fare una doccia, ma non avrei energia a sufficienza per quella. Un bagno caldo laverà via lo sporco, le tracce di quello squilibrato, e mi aiuterà a rilassare i muscoli.
<<Allora te lo preparo>> acconsente.
Sparisce svelta in bagno, e io mi dirigo un attimo in camera per togliermi i vestiti che lascio cadere sul pavimento. Tengo i boxer e la raggiungo.
La vasca è già pronta e la superficie è ricoperta di schiuma. Invitante.
Mentre Summer armeggia con i flaconcini e sistema i bagnoschiuma sulla mensola, evidentemente indecisa su come comportarsi adesso, io tolgo l'ultimo indumento e mi immergo nell'acqua bollente.
Lei intuisce che sono entrato, e si volta per incrociare i miei occhi.
Non vuole andare via, e io non voglio che lo faccia.
<<Non voglio restare da solo>> ammetto.
<<E cosa vuoi allora?>>
<<Raggiungimi>> le propongo sbrigativo, e poi chiudo le palpebre.
Per un po' non avverto nulla -nessun rumore, nessun movimento. Infine, sento che inizia a spogliarsi e a quel punto mi serve una forza immane per continuare a tenere gli occhi chiusi.
Quando l'acqua si muove, stringo i bordi della vasca, e due secondi dopo me la ritrovo addosso. Pelle bagnata contro pelle bagnata. La sua schiena contro il mio petto, le sue gambe e le sue braccia che si allineano alle mie gambe e alle mie braccia.
Sono contento che non si sia sistemata dalla parte opposta.
Schiudo le palpebre proprio mentre lei poggia il capo sulla mia spalla e mi guarda.
È felice. Lo voleva. Le era mancato.
<<Va bene così?>> sussurra, premendosi ancora un po' contro di me e facendomi impazzire dalla voglia di farle di tutto, ora.
<<Va più che bene così>>
Le passo le mani in vita e le lascio lì.
Questo è il contatto più intimo che abbiamo avuto da quando è tornata, mi sconvolge all'inverosimile ma, stranamente, in pochi minuti ci faccio l'abitudine e mi calmo. Piuttosto che andare oltre - anche se lo vorrei lo stesso- riesco anche a godermi il familiare contatto.
E questa vicinanza, questa immobilità, questa pace.
<<Allora il pigiama ha funzionato>> prova a scherzare, disegnando linee immaginarie sul mio braccio.
<<Se confermo, d'ora in avanti in questa casa terrai sempre i riscaldamenti al massimo pur di poter indossare pigiami striminziti?>>
<<Tanto non resterò qui per sempre>>
Perché dici così adesso? Perché non ti basta mai ciò che ti concedo? Perché vuoi sempre tutto, tutto tutto?
Anche se tutto, è esattamente quello che di solito pretendo anch'io.
<<Cosa vuoi sentirti dire, mh?>>
<<Che mi ami>> si lascia sfuggire in un sospiro rassegnato.
<<Ti ho già detto anche troppo, Summer>> la rimprovero, e poi le circondo il viso con le mie mani troppo grandi e la bacio piano.
E forse, un po' questo bacio a quello che vuoi ci si avvicina. O forse, è proprio la stessa identica cosa. La mia bocca sta parlando, e ti sta dando proprio le rassicurazioni che cerchi. Almeno però, lascia che parli a modo mio.
Sono lento, sono delicato -perché temo che se mi abbandonassi all'irruenza, potrei ricominciare a sanguinare- ma la bacio come un uomo bacia una donna che rispetta, che venera, che significa tanto. La bacio per tutto il tempo che l'acqua resta calda, la accarezzo e la stringo finché non diventa fredda e siamo costretti ad uscire.
E non avrò ancora detto niente, e non dirò niente neanche ora o tra cinque minuti.
Ma ho sparso un sacco di parole tra le righe.

Aloha! Come state? 💕Avrete notato quanto è raro che io mi dilunghi oltre il capitolo, ma oggi volevo condividere con voi un "progetto" che ho in mente

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Aloha! Come state? 💕
Avrete notato quanto è raro che io mi dilunghi oltre il capitolo, ma oggi volevo condividere con voi un "progetto" che ho in mente. Vorrei aprire una pagina instagram dove inserire contenuti inerenti alle mie storie, ma non soltanto foto o citazioni, magari anche delle anteprime, qualche extra, qualche spoiler/anticipazione sulle altre cose che scrivo e sui prossimi libri che arriveranno. E poi perché no, forse anche parlarvi dei miei libri preferiti e di cosa sto leggendo. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, se apprezzereste l'idea e se potrebbe interessarvi.
Fatemi sapere.

Rompi Questo Silenzio (Until I Breathe #2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora