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La terra tremava sotto i suoi piedi.

I palazzi collassavano su sé stessi sprofondando nel terreno, lunghi squarci profondi si aprivano per le strade. Le auto svanivano in quella spaventosa massa oscura.

Tutta Parigi stava sparendo, inghiottita nell'oblio. E lui non poteva far nulla.

In fondo alla strada, solo villa Agreste era intatta, quasi fosse protetta da una bolla invisibile. Sul tetto, Ladybug stava lì, ferma, senza che un'emozione le passasse sul volto.

«Ladybug!» Lui la chiamò felice, avvertendo di nuovo la speranza bruciargli dentro. Ma lei non gli rispose, non lo degnò nemmeno di uno sguardo. «Ladybug!» ripeté, urlando più forte.

Nessuna risposta.

Iniziò a correre su quello che rimaneva della strada. Una scossa lo fece sobbalzare, costringendolo a fermarsi per evitare di cadere. Riprese a correre, sempre più forte, sempre più veloce. Sollevò una mano per farsi notare da lei. Più correva, più villa Agreste si allontanava. Tentò di chiamarla ancora, e ancora, invano.

Alle spalle di Ladybug comparve una figura tetra, ammantata di oscurità.

"Attenta, voltati!" avrebbe voluto dire, ma dalla bocca gli uscì solo un flebile sussurro.

La figura oscura prese forma e si rivelò essere Papillon. Un mantello nero avvolgeva il suo corpo, sotto la maschera grigia sfoggiava un ghigno malefico. Quegli occhi rossi, maligni, si posarono su di lui. Dal mantello sbucò un fioretto, la lama luccicò al sole.

Lui urlò, ma fu tutto inutile.

Papillon affondò il fioretto nel fianco di Ladybug e la spinse giù. Lei non emise alcun suono, era come se fosse una bambola inanimata. Il corpo scomparve in una nube color porpora.

«Aiutami, Plagg» mormorò lui, piangendo. «Ti prego.»

Papillon si chinò sulle ginocchia e infilò una mano che trapassò il soffitto della villa. Quando la estrasse, stringeva per la gola Gabriel Agreste.

Nel giardino si ammassò un manipolo di persone: Nathalie, Nino, Marinette, Alya, Chloè, il Gorilla... I suoi amici. Guardavano in alto, mentre quel folle oscillava il braccio come se Gabriel fosse un trofeo di caccia. Scoppiò a ridere e gettò giù anche lui.

«No!»

Ci fu un'altra scossa, seguita da un boato. La villa, i suoi amici, Papillon, Gabriel furono tutti inghiottiti nell'oscurità.

La terra smise di tremare e di Parigi restavano solo cumuli di macerie, strade dissestate e nessun anima viva.

"Sei rimasto solo" sussurrò una vocina nella sua testa. Lui si coprì le tempie con le mani. "Solo, solo" ripeté la vocina. "Sarai sempre solo."

In volo sull'Asia, 2015

«No!»

Adrien Agreste si svegliò di soprassalto. Aveva il fiato corto, la fronte madida di sudore, il cuore gli batteva all'impazzata in gola.

Il Gorilla si precipitò al suo fianco, con occhi strabuzzanti, terrorizzato da quell'urlo.

«È stato solo un brutto sogno.» Adrien si passò una mano sulla fronte e tranquillizzò la guardia del corpo, il quale, seppur ancora scosso, si andò a risedere sul lato opposto del corridoio. «Solo un brutto sogno» sussurrò Adrien. «Solo un brutto sogno.»

Sprofondò sul sedile e guardò il panorama fuori all'oblò. Stavano sorvolando le terre orientali: il paesaggio alternava deserti, tundre, catene montuose, pianure verdeggianti e città industrializzate. L'orologio segnava le 18:00, secondo il fuso orario di Parigi. Erano in volo da quattro ore, dunque ne mancavano almeno altre quattro prima di giungere a destinazione.

Le scelte della vitaWhere stories live. Discover now