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Nathalie Sancoeur passeggiava intorno al tavolo montato all'interno della tenda, le mani dietro la schiena l'una stretta nell'altra. L'orologio del computer segnava le 10:00. Erano già passate quattro ore. Che diavolo stava facendo Gabriel?

Lo staff di supporto nella spedizione era lo specchio della sua inquietudine: la osservavano silenti e voltavano il capo nel momento in cui lei incrociava il loro sguardo. Gli unici a restare impassibili erano i due militari, già pagati per il lavoro, e la guida sherpa, il cui unico interesse era passare da una mano all'altra il suo bastone da passeggio e masticare tabacco. Insopportabile.

Nathalie si avvicinò al tecnico che gestiva le telecomunicazioni. «Ancora niente?»

Il tecnico scosse la testa.

Nello zaino, Gabriel aveva un segnalatore gps, in modo che la sua posizione fosse tenuta sempre sotto controllo. Quando era tornata al campo, il tecnico aveva riferito a Nathalie di aver perso il segnale per poi averlo riagganciato subito dopo. Doveva essere stato il tempo impiegato da Gabriel per attraversare quell'anfratto. Dopo poco, il segnale era scomparso di nuovo per non fare più ritorno.

Nathalie si tolse gli occhiali appannati e li pulì con un panno cavato dalla tasca dei pantaloni. «Continua a provare.» Li inforcò di nuovo sul naso. «Devi riuscire a riagganciare il segnale.» Si era resa conto di aver usato un tono severo, come se il ritardo di Gabriel e la totale assenza di informazioni sul suo conto fossero colpa del tecnico.

«Morte certa oltre grotta» disse la guida sherpa. «Destino segnato.»

Nathalie lo fulminò con lo sguardo. Già trovava irritante quel sorriso smielato che le rivolgeva dal momento in cui si erano presentati, a tratti anche rivoltante. Un'altra parola fuori posto sulla sorte di Gabriel, e gli avrebbe staccato a suon di sberle i pochi denti che gli rimanevano in bocca.

La guida sherpa si strinse nelle spalle, ma non fiatò. Forse aveva capito l'antifona.

L'aria nella tenda iniziava a farsi pesante, così Nathalie prese dal gancio dell'appendiabiti il suo cappotto e lo indossò. «Chiamatemi immediatamente in caso di novità.» Uscì fuori lasciandosi alle spalle i mormorii dello staff. Li aveva scelti personalmente un mese prima a Parigi, fidandosi del loro curriculum esemplare e della palese voglia di avventura. Gabriel aveva insistito affinché non fossero persone impressionabili, che fossero discreti e competenti.

Nathalie infilò il cappuccio. Intorno all'accampamento era scesa la nebbia, per fortuna non fitta a tal punto da non vedere nulla. Il sole nel cielo era un pallido disco giallo. L'aria d'alta quota le avrebbe schiarito le idee, magari le avrebbe dato il coraggio di prendere in mano le redini e organizzare una spedizione di soccorso. E se fosse stato necessario, avrebbe anche affrontato i Guardiani dei Miraculous pur di riportare Gabriel a Parigi sano e salvo.

Una strana figura, grande quanto una falena, svolazzò nella nebbiolina. Aveva quattro ali e, man mano che si avvicinava a Nathalie, si intravedeva la pelle color viola. La donna strizzò gli occhi per mettere a fuoco l'immagine: era Nooroo. Aveva il volto stremato e volava a scatti, incerto. I suoi occhi brillarono di luce quando la vide.

Nathalie chiuse la mani a coppa e gli offrì un appoggio. «Nooroo, cos'è successo? Dov'è Gabriel?»

«Signora Nathalie...» Tossì e si interruppe per riprendere fiato. Dalla voce tremolante, era evidente che qualcosa era andato storto. «Il padrone è... Lui è...»

Nathalie chiuse le mani e corse verso la tenda adibita alla cucina. Nooroo era stremato, aveva bisogno di ricaricare le energie. Lo lasciò su un tavolino, si tolse il cappuccio, aprì il mini-frigo e prese una mela. La appoggiò sul tavolino e la tagliò in sei spicchi. Ne consegnò uno a Nooroo.

Le scelte della vitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora