30. Poisoned youth

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Si percepisce la felicità.

«Ne dividiamo una?» Ginni mi riporta alla realtà, cercando di catturare la mia attenzione con lo sguardo, dopodiché si porta delle ciocche scure di capelli dietro le orecchie.

Annuisco, sentendo l'acquolina bagnarmi la gola, «Ci sto» confermo, intrecciando il suo braccio gracile al mio.

Il metallo freddo dei braccialetti tintinnanti mi rinfresca la pelle del polso, facendo battere con una frequenza maggiore la vena sottile.

«Non c'è Scott, stasera?» domanda d'un tratto, guardandomi curiosa.

Afferro il labbro inferiore fra i denti, stringendolo con poca delicatezza, «Sì, ma è di turno» sussurro imbronciata, scrutandomi attorno con fomento, impaziente di trovarlo.

Avrei voluto insistere nel convincerlo a prendersi il giorno libero, ma questo significava lasciare Genelle da sola e non me lo sarei mai perdonato.

Era da parecchio che non passavamo del tempo da sole e devo ammettere che mi è mancata terribilmente.

L'altra verità è che non riesco a togliermi Scott dalla mente.
Lui cresce in me ogni giorno sempre di più, si insinua fra le pieghe del mio cuore, fra ogni legamento del mio corpo.

Non faccio altro che pensare ai suoi occhi chiari, che con la luce del sole si sfumano ancora di più, fino a diventare quasi gialli, alle sue labbra carnose e morbide, costellate da un paio di fossette adorabili, ai suoi riccioli voluminosi, alle sue mani mascoline e forti.

Scott è dannatamente bello ed indimenticabile.
Se ti entra dentro, non puoi più farlo uscire.

«Froy, invece?» mi schiarisco la gola, rendendomi conto di avere la pelle d'oca nonostante l'afa possente.

Strofino le braccia fra di loro con nonchalance, ma Ginni se ne accorge e sorride lievemente, «Dovrebbe essere da queste parti. È venuto con degli amici» afferma, dopodiché addenta un pezzo di waffle.

Annuisco, «Duncan come sta?» Genelle mi coglie alla sprovvista con la sua domanda, facendomi mancare per un istante il fiato nei polmoni.

È una semplice domanda.

«Bene...» schiarisco la gola secca, «Cioè, in realtà non molto» mi lascio sfuggire, rendendomi conto di non poter nascondere nulla a lei.

Non che lo voglia fare, ma la situazione è davvero incasinata e non voglio che nessuno ci soffra.
Soprattutto la mia migliore amica.

Le sue labbra si allungano in una linea orizzontale, permettendo alle leggere fossette di comparire sulle guance paffute, «I-io non mi sono mai scusata per quella sera» sussurra, tenendo basso lo sguardo sulle scarpe.

Mando giù un cumulo di saliva, cercando di portare via anche l'amaro in bocca, «Non devi» metto in chiaro, avvicinandomi a lei per stringerle il braccio attorno alle spalle spigolose.

Accarezzo la tempia destra con la punta del naso, inspirando il profumo dolce, «Duncan sapeva cosa stava facendo, tu probabilmente no e non devi assumerti nessuna colpa» la rassicuro, sentendomi subito meglio quando ricambia il mio abbraccio contorto.

PATENTE E LIBRETTO, SIGNORINA.Where stories live. Discover now