Le parole "Banana Fish"

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Dopo la morte di Ash, Max aveva ripreso a vivere normalmente, e dopo il nuovo matrimonio, Jessica l'aveva pregato di cambiare mestiere. Insomma era evidentemente troppo avanti nell'età per fare ancora il giornalista spericolato, eppure lui tosto, ostinato e "matusa" come sempre continuava imperterrito a scrivere i suoi articoli, procurandosi il materiale per mezzo di lunghi appostamenti e informatori che lo ragguagliavano su cosa succedesse nella malavita. Gli manca da morire Ash, che per lui era come un secondo figlio, dopo Michael. Anche se non l'ha data molto a vedere, ha sofferto tanto per la perdita del biondo.

Si è recato alla sua tomba a Cape Cod non più di tre volte dopo il funerale. E' troppo il dolore che prova quando legge "Aslan Jade Callenreese" sulla lapide, come se un pugnale lo trafiggesse nel bel mezzo di una tranquilla passeggiata. I passi diventano lenti e pesanti ogni volta che si aggira per il cimitero e una volta uscito dal camposanto il mondo sembra girare a rallentatore; i suoi pensieri sono rivolti alla sua famiglia e il ricordo di Ash gli insegna a voler bene loro ogni giorno sempre di più.

Ora Max si trova a pedinare uno spacciatore che gli sembra di origine asiatica, forse cinese dato il numero considerevole di visi gialli a New York. Gli è giunta voce che tra pochi giorni verrà messa sul mercato una partita di eroina purissima e lui non può che documentare la cosa, ovviamente prima che la polizia lo costringa a fermare il suo scoop. Oltre alla clamorosa compravendita di droga che si sarebbe svolta di lì a pochi giorni, Max era riuscito a sapere dell'incontro tra i pezzi da novanta della mafia americana e d'oltreoceano che avrebbe avuto luogo tra un mese.

Nella riunione dei boss della malavita, si parlerà di un progetto colossale che riguarderà principalmente la sperimentazione e la produzione in gran quantità di una specifica droga, il cui nome non è stato ancora rivelato a nessuno, nemmeno a chi sta ai piani alti della delinquenza. Finora è avvolto tutto nel mistero. Non ha potuto sapere nè fare altro. L'ultima chance è quella di pedinare un "pesce piccolo" dello spaccio per capire qualcosa in più.

Il cinese imbocca una stradina stretta, dov'è difficile seguirlo senza essere scoperti. Così Max opta per una traversa. Stanno entrando a Manhattan. Non si sarebbe mai aspettato che lo spacciatore deviasse il suo "percorso giornaliero" per entrare in un palazzo malmesso «Di sicuro sarà stato convocato per un conto in sospeso o per un piano d'azione. Non ci sono alternative» pensa l'impavido reporter mentre, in silenzio, si apposta dietro una finestra con dei vetri rotti.

Con la coda dell'occhio ha potuto scorgere una decina di ragazzi nell'edificio, non tutti americani: ci sono degli asiatici, degli africani e cinque newyorkesi. Discutono in cerchio e gli danno le spalle, quindi non dovrebbero accorgersi della sua presenza. Il primo che ha iniziato a parlare, un ragazzo con i capelli rossi, con uno strano tatuaggio sulla mano che tutti chiamano capo, sta discutendo sul ricavato settimanale della vendita di droga. Max non sa il suo nome. Finora non è stato detto niente che possa riguardare la colossale partita di eroina e l'incontro fra i boss, poi tutt'a un tratto si cambia argomento.

«Con la "riunione" tra i capi di mafia porteremo avanti il nostro progetto, per questo vorrei che non abbassaste la guardia in questi giorni e che rimaniate sempre vigili...» finalmente l'informazione che desidera Max è diventata il soggetto della questione, così il giornalista cerca di ascoltare più attentamente «... dopo essere penetrati nella villa di quel vecchio bavoso, aver recuperato il campione originario di Banana Fish e convocato una riunione con i boss della malavita mondiale raggiungeremo il nostro obbiettivo. Ci impossesseremo del mercato della droga di New York e del mondo, iniziando però ad eliminare le riottose bande della zona che non vogliono sottostare al nostro comando».

Non può crederci. Banana Fish non è andata tutta distrutta. D'improvviso gli passano davanti tutte le disavventure e tutti i momenti che avevano a che fare con quella droga. Quanta fatica per capire cosa significassero le parole "Banana Fish", quanto impegno per sventare il piano di Golzine e del governo, quante morti e perdite legate a quel nome così ambiguo «Tutto quello che abbiamo fatto è servito a qualcosa se così, di punto in bianco, questa pericolosa minaccia si ripresenta?» si chiede Max.

Mentre il Matusa è travolto da un turbinio di emozioni e domande, durante il suo appostamento, un gatto nero randagio si struscia sui suoi pantaloni, miagolando dolcemente «Proprio non ci voleva questo gatto (io ho sempre amato i cani)!» pensa l'intrepido reporter che sa d'aver perso il suo appostamento. Non gli resta che fuggire e mentre cammina con passo felpato verso la strada principale sente un dolore lancinante alla spalla. L'hanno sparato. Precisamente l'ha sparato quel ragazzo con i capelli rossi e il tatuaggio sulla mano che si era accorto della sua presenza grazie al miagolio: il Cacciatore.

A fatica Max raggiunge la macchina e mette in moto per recarsi al covo della banda di Eiji. In fin dei conti la ferita non è poi così grave: è stato preso di striscio, ma per uno della sua età fa male. Guidare gli costa molto e di sicuro non andrà a curarsi prima d'aver riferito alla banda l'informazione. Così, una volta parcheggiata la macchina in una stradina, va al covo e lì, con grande sorpresa trova Eiji che sta parlando con altri ragazzi.

Il Matusa viene subito messo a letto e, curata la ferita, può con calma spiegare la questione alla banda. Terminato il racconto chiede ad Eiji «Allora, cosa facciamo?». L'argento non sa cosa rispondere. E' diventato da poco capo e già gli viene posta questa domanda. Per il momento nella testa di Eiji ci sono solo moltissimi interrogativi senza risposta. Tra questi solo uno fa più rumore degli altri: come mai l'incubo è tornato?

Banana fish: il ritorno di EijiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora