24.

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«Dài Cassie non ti arrabbiare!» dissi mentre spingevo il trolley nella hall dell’albergo.
«Non ti arrabbiare? Non ti sei fatta sentire per una settimana!» disse lei e aveva tutte le ragioni del mondo, ma David mi stordiva facendomi dimenticare le cose.
Be’, forse era troppo semplice dare la colpa a lui.
«Eh va be’ che sarà mai! Sono viva no?» dissi esasperata.
Continuavo a discutere per telefono con Cassie quando arrivò Noah che sorridente mi chiese silenziosamente se fosse una mia amica.
Annuii e lui mi rubò il telefono dalle mani.
«Pronto? Chi è che sta importunando la signorina O’Connor?» chiese lui con aria seducente.
Era pazzo… e non mi meravigliavo che fosse amico di David.
Non potei sentire la risposta della mia amica, ma vidi Noah sorridere.
«Chi diavolo sono io? No chi diavolo sei tu, carina» disse ancora Noah e finalmente ci raggiunse David.
«Ma che sta facendo?» chiese mentre prendeva il mio trolley.
«Sta parlando con Cassie» dissi alzando gli occhi al cielo.
«Oh allora non avranno finito nemmeno per quando arriveremo in aeroporto» disse lui e consegnando i bagagli ad un fattorino tornò da me, prendendomi tra le braccia, mentre Mills continuava a sproloquiare con Cassie.
Avrebbero prosciugato il mio credito!
«Se mi dici la tua taglia di reggiseno ti ripasso la tua amica, altrimenti niente. Dovrai sorbirti me» disse lui e io sgranai gli occhi mentre David si passava una mano sulla faccia.
«Non è possibile, non gliel’ha chiesto veramente» continuava a ripetere David mentre io mi facevo aria con un volantino.
Continuai a farmi aria quando Noah mi porse il telefono.
«Presentami questa tua amica o faccio follie» disse lui mentre mi riportavo il telefono all’orecchio.
«Ma che cazzo vai a chiedere ad una donna?» sentii dire David, mentre gli dava un colpo sulla spalla.
«Una cosa semplice. La taglia del suo reggiseno»
«Sei fuori»
«Emy mi stai ascoltando?»
«Aspetta un secondo» le dissi ormai curiosa di sapere come sarebbe andata a finire quella conversazione.
«Guarda amico che è più fuori lei di me»
«E perché?» disse David incrociando le braccia al petto.
«Perché me l’ha detto»
«Cosa?»
«Ha una terza coppa D»
Io sbiancai e mi alzai di scatto uscendo dall’hotel.
«Ma sei pazza!» urlai per telefono.
«Che ho fatto?»
«Hai detto di avere una terza coppa D!» dissi ancora.
«E qual è il problema?»
«Il problema è che tu non hai una terza coppa D! Hai una quarta coppa B!»
 
 
 
 
 
«Si può sapere perché hai prenotato anche per me in prima classe per un viaggio di due ore?» chiesi stizzita mentre camminavamo verso il Gate con i trolley dietro.
«Perché sì. Punto» disse lui e prese per un braccio Noah che sovrappensiero stava andando da tutt’altra parte.
«Si può sapere dove cavolo stavi andando?» chiese David guardando il suo amico.
«Stavo immaginando le tette dell’amica di Emy. Anzi, Emy quando posso conoscerla? Sai vorrei verificare di persona la… ehm grandezza diciamo»
David mi guardò come per scusarsi per le parole dell’amico, ma io lo ignorai e mi avvicinai a Noah.
«Non so quanto ti convenga conoscerla» dissi sorridendo.
«Perché?» chiese lui spaventato.
«Non le piacciono gli uomini» dissi e David mi guardò sforzandosi a non ridere. Noah mi guardò dispiaciuto e si grattò la testa.
«Posso provare a farle cambiare idea?» chiese lui, senza perdersi d’animo.
«Se ci tieni ai gioielli di famiglia è preferibile di no» dissi e tornai a camminare di fianco a David, prendendolo poi per mano.
«Povero Noah, c’è rimasto male» mi sussurrò David nell’orecchio.
«Vedrai come gli passerà appena scoprirà che Cassie non ha una terza» dissi e finalmente raggiungemmo l’imbarco.
 
 
Come al solito tra vari raccomandamenti, tra varie spiegazioni l’aereo decollò solo venti minuti dopo. Io mi misi comoda sul sedile e mi voltai per osservare David che trafugava con il suo Balckberry, mentre Noah guardava un film per passare quelle due fastidiosissime ore.
«Che fai?» chiesi a David.
«Twitto» mi disse e mi lasciò un bacio sulle labbra.
«Che scrivi?» chiesi curiosa.
«Come mai tutta questa curiosità O’Connor?» mi chiese guardandomi di sfuggita e sorridendo.
Alzai le spalle e guardai altrove. Non volevo certo ficcanasare tra le sue cose, volevo solo essere partecipe in qualche modo.
Lui mi portò il cellulare dinanzi al viso e mi baciò il collo.
«Ho scritto che ho passato la più bella settimana della mia vita in Italia» sussurrò.
«Davvero?» chiesi come una bambina piccola, aggrappandomi al suo braccio muscoloso.
Lui annuì e mi accarezzò il viso.
«David io…»
Come facevo a dirgli che volevo vivere con lui?
Come facevo a dirgli che quella settimana aveva cambiato tutto ciò che pensavo su di lui, su di noi e sulla nostra vita?
Chiusi gli occhi e lasciai andare il capo sulla sua spalla.
«Dormi piccola, sei stanca» e anche se non volevo mi addormentai, perché le carezze di David tra i miei capelli avevano un che di soporifero.
Quando fu l’ora dell’atterraggio lui mi svegliò con piccoli baci su tutto il viso. Sorrisi e mi stiracchiai un pochino e mi sentii terribilmente indolenzita.
«Ti fanno male le braccia?» mi chiese.
Annuii e sentii Noah ridere.
«Se faceste meno attività fisica vedi come non avresti dolore Emy» disse e David gli lanciò un giornale sotto lo sguardo inquisitore dell’hostess.
Scossi la testa e mi allacciai la cintura di sicurezza.
A volte quei due erano dei bambini. Si punzecchiavano, ridevano, giocavano e non sembravano voler crescere.
 
 
 
«Noah tu vieni con noi?» chiese David mentre uscivamo dall’aeroporto.
«No, c’è mio cugino qui fuori. E’ venuto a prendermi perché sai domani mi tocca stare in famiglia» disse con aria disgustata.
«Si, tranquillo. Allora ci vediamo in settimana» disse David abbracciando l’amico.
«Contaci Gandy» e poi si volse verso di me facendo un inchino e prendendo la mia mano per baciarla.
«O’Connor è stato un piacere conoscerla»
Risi e lasciai la sua mano dandogli un colpetto sulla spalla.
«Anche per me signor Mills» dissi facendogli poi la linguaccia.
Lui ci salutò e si avviò verso un ragazzo alto che continuava a sbracciarsi per catturare la sua attenzione.
«Ok è ora di andare a casa O’Connor»
«Mia o tua?» dissi sorridendogli. «Cioè di Noah» mi corressi e lo vidi corrucciarsi.
«Dove ti rimane più comodo» mi disse lui, con uno sguardo un po’ spento.
«Allora andiamo da me, è più vicina» gli dissi prendendolo poi per mano.
Raggiungemmo un taxi e dopo aver dato l’indirizzo di casa mia, ci lasciammo andare contro i sedili dell’auto. Io tra le braccia di David, mentre lui mi dava continui baci sul capo.
«Emy non sono sicuro di poter riuscire a stare senza di te i giorni a venire» disse e quella confessione mi spiazzò, ma in fondo sapevo bene cosa volesse dire e cosa provasse perché quelle parole non erano altro che il riflesso di quelle che io non avevo detto in aereo. Mi alzai un po’ da lui e lo guardai.
«Intendi dire…»
«Intendo dire che vorrei vivere con te» mi disse accarezzandomi il viso, le braccia e i capelli. «Sempre se vuoi» aggiunse ed io sbattei le palpebre.
Vivere con lui.
Giorno e notte.
Notte e giorno.
Con il mio amore, con il mio David.
Senza pensare ad altro mi tuffai su di lui e allacciando le braccia intorno al suo collo annuii contenta.
«Sì, David! Sì, sì, sì, e ancora sì»
Lui sorrise contro la mia bocca, baciandomi e stringendomi a lui.
«Ne comprerò una non m’importa della villa che ti ho detto di costruire» ma io lo guardai negli occhi e scossi la testa.
«No cosa?» chiese lui spaventato.
«Quella la costruiremo comunque… ma ti andrebbe di… si insomma di viverci assieme?» chiesi nascondendomi contro il suo petto.
«Una casa mia e tua?» chiese lui sorpreso. Io annuii e lui mi portò con il viso contro il suo.
«Oh Emy»
«Verrai a stare da me fin quando non sarà finita»
«Emy…»
«David… voglio vivere con te. E tu verrai da me, punto» dissi e lo baciai aspettando che aprisse la sua bocca per far congiungere le nostre lingue in una danza piena di felicità e amore.
«La mia Emy»
«Ilmio David»
«Signori, scusate l’intromissione, ma siamo arrivati» il taxista ci avvisò del nostro arrivò e mentre mi allungavo per dare i soldi al signore David era sceso per prendere le valigie.
«Signorina, il suo fidanzato ha già pagato»
Il… il mio fidanzato?
Sbattei le palpebre e dopo essermi ripresa guardai verso David sbuffai e, ringraziando poi il signore, scesi dall’auto.
«Andiamo» dissi sorridendo e lui mi seguì con le valigie.
 
 
 
Dinanzi la porta di casa non sapevo se ridere o piangere. Avrei varcato la soglia di quella casa con una nuova vita dinanzi a me. Una vita che non mi vedeva più sola, che non mi vedeva concentrata solo sul lavoro e sulla casa. Una vita che comprendeva anche un’altra persona.
Stavo per entrare in quella casa dove avrei convissuto con il mio David.
«Che hai?» chiese lui prendendo le chiavi di casa dalle mie mani.
«Sono emozionata - dissi e mi voltai a guardarlo - vivremo assieme»
«Già» e sorridendo aprì la porta dietro di me, lasciandomi entrare nel posto dove avrei vissuto una parte della mia vita con lui, prima di avere una casa nostra e una nostra famiglia.
 
 
 
 
7 mesi dopo…
 
 
«Amore ma rimani altri cinque minuti a letto!»
«David devo andare dài, altrimenti non avremo un tetto sotto cui dormire» dissi cercando di trovare la forza per alzarmi da letto.
«Ma è quasi terminata, non hanno bisogno di te» piagnucolò lui aggrappandosi alla mia vita e trascinandomi di nuovo sul suo petto.
«Si che ne hanno. Hai visto che hanno combinato l’altro giorno, a momenti mi spaccavano la vetrata al piano di sotto» dissi incazzandomi, ripensando al casino che avevo scampato per un pelo.
David prese a baciarmi il collo e cercai di scansarmi ma quando le sue mani arrivarono sul mio sedere, premendomi contro il suo bacino rischiai l’infarto.
Guardandolo mi mossi su di lui e lo vidi mordersi un labbro mentre le sue mani risalivano la mia schiena, ancorandosi alle mie spalle.
«Non ne avrò mai abbastanza di te» mi disse e mi fece stendere sotto di lui.
Gli sorrisi e gli accarezzai una guancia.
«Neanch’io amore mio» dissi e lo tirai con forza su di me.
 
 
Dopo l’ennesima volta in cui lui vinceva lo scontro mattutino, riuscendo a farmi rimanere a letto e a fare l’amore con lui, me ne stavo stesa sul suo petto, accarezzandolo e vezzeggiandolo di baci.
«Quindi è terminata la nostra casa?»
Annuii debolmente con il capo e mi persi nella consistenza dei sui addominali obliqui, così come in quella sensuale peluria sul basso ventre.
Lentamente scivolai lontano da lui e lo vidi alzarsi, in tutta la sua nudità mentre raggiungeva un cassetto del suo armadio.
«Che fai?» chiesi mettendomi seduta sul letto, incrociando le gambe dinanzi a me.
Lui trafugò dentro il casso e si girò verso di me con una scatolina di velluto nera tra le mani.
Una scatolina di velluto nera…
Il mio cuore prese a correre sempre più forte, come un forsennato, come un innamorato quando cerca di raggiungere la sua metà.
E io volevo raggiungere David.
E lo stavo raggiungendo.
«Questo… volevo dartelo qualche tempo fa… ma ho pensato che sarebbe stato carino dartelo quando la casa sarebbe stata terminata» disse e venne a sedersi di fianco a me.
«Sai… non ho mai pensato alla mia vita accanto ad una donna, non dopo averti visto almeno»
Rimasi a fissarlo e sentivo le mani sudare, mentre lo stomaco cominciava a contrarsi. Le cosiddette farfalle…
«Quel giorno, non sono capitato per puro caso nel tuo ufficio. Io… ti avevo vista. Mentre uscivi dall’ufficio di Cassie. Eri di corsa… ma nonostante la fretta… eri stupenda. Così ho chiesto di te e ho colto l’occasione, avendo una scusa, vera, per conoscerti. Ma non avrei mai pensato di arrivare fin qui… con te. Con la donna che… che vorrei sposare»
La mia bocca si spalancò e sgranai gli occhi, non riuscendo a credere a quello che le mie orecchie aveva appena ascoltato.
Cioè… David mi stava chiedendo… di sposarlo?
Avevo capito bene?
Lo vidi sorridermi e lasciare il letto per mettersi in ginocchio e lasciando la scatola sul letto, mi afferrò per le caviglie, facendomi finire dinanzi a lui.
Riprese la scatola tra le mani e l’aprì. Rivelandomi un anello, ma non un anello qualsiasi.
Mi aveva regalato un Trilogie.
«O’Connor vorresti sposarmi?» mi chiese con tutto l’amore che quegli occhi di ghiaccio sapevano trasmettere.
Il mio cuore si strinse e gli occhi si inumidirono, rendendomi la vista difficoltosa. Iniziai a tremare e a piangere, come una cretina.
«Emy…» la voce di David era preoccupata, ma io lo afferrai e lo trascinai su di me, stringendolo e piangendo contro il suo petto. Perché tutto quello che aveva detto, tutto quello che aveva fatto in quell’ anno per me mi aveva fatto capire l’importanza di avere qualcuno al proprio fianco. Mi aveva fatto capire che tutti hanno la propria anima gemella.
Ma bisogna solo cercarla, perché chi si ferma è perduto. Chi si arrende non la troverà mai e lui mi ha fatto combattere. Mi ha fatto vivere la vita…
La nostra vita…
«Sì… - singhiozzai - sposami Gandy, sposami!»
E ci baciammo felici.
Ancora e poi ancora.
Mai sazi del nostro amore.
 
 

Senza RiservaWhere stories live. Discover now