Non lo nascondo: è passato molto tempo dall'ultima volta che ho fatto qualcosa di pesantemente illegale.
Sono legittimamente spaventata.

Ma, dall'altro lato, sono anche conscia delle mie capacità.
So mentire e so trovare una copertura in pochi secondi.
Sono ingegnosa, ho anni di Taekwondo e Muai Thai alle spalle quindi so difendermi e sono veloce nell'agire.

Però, non so prendere decisioni.
E ho paura di non essere più all'altezza del compito.

Scuoto la testa, chinandomi per guardare meglio in un vaso.
È pieno di piccoli fiorellini azzurri, talmente delicati da sembrare fatti di carta velina.
Non è difficile da notare: sono dell'esatta tonalità degli occhi di Leo.

Oh, quante notti ho passato ad ascoltare gli sproloqui di Bertra, dignitosamente brillo (a suo dire), che descriveva ogni sfumatura e venatura delle iridi di Leo.

Prendo un ramo di fiorellini tra le mani, beandomi del profumo leggero che sprigionano.

Bertra ha sempre avuto questa strana passione per il giardinaggio e per i fiori.
Nessuno avrebbe mai scommesso mezza lira sulla carriera da giardiniere di un figlio della mafia, ma apparentemente il ragazzo ha saputo reinventarsi in qualche modo.
Il successo della sua azienda ne è la prova.

Passeggio per il giardino curatissimo, passando per immense aiuole di fiori e alberi ornamentali sagomati geometricamente.

Il giardino di Bertra è immenso, penso che in tutta la zona sud di Milano ci siano parchi pubblici meno grandi.
La villa vera e propria si trova in un angolo della tenuta, il resto è prato, con aiuole curate, un piccolo campetto da calcetto e la piscina esterna, ovviamente.

Una volta, nell'angolo più distante dalla casa, c'erano dei cavalli.
Decido di andare a curiosare, per controllare se tutto sia ancora come tre anni fa, anche se ne dubito.

Il sentiero lastricato di pietra è intatto, totalmente identico a quando mi ci slogai una caviglia ad una delle feste in piscina di Bertra.

È rimasto uguale anche il gazebo di legno, vicino agli alberi che segnano il confine della tenuta, ma ora è adornato da rose bianche rampicanti e all'interno è stato inserito un tavolo di marmo.

La recinzione dei due cavalli è esattamente dov'era anni fa.
Legno scuro, l'odore acre tipico degli animali, una piccola casetta per l'attrezzatura e il capannone dei cavalli.

Mi avvicino alla staccionata, nel punto più vicino allo stallone di cui riconosco la sagoma.

Ricordo di avere amato questo posto, quasi magico.
Adoro i cavalli e quelli di Bertra sono sempre stati i miei preferiti.
Ma fatico a ricordarne i nomi.

Giro intorno al ripostiglio per l'attrezzatura, con l'obbiettivo di avvicinarmi all'unico cavallo che riesco a scorgere nel buio della notte.

Sussulto, portandomi una mano al petto.

«Gesù Cristo!» sibilo.

Bee ride piano.
«No, sono solo io.»

«Mi verrà un infarto prima dei trent'anni.»

In risposta, Bertra sorride, continuando ad accarezzare il muso dell'animale in silenzio.

Indossa la stessa vestaglia che indosso io, ma sul suo fisico maschile e statuario sembra quasi pennellata, mentre sul mio corpo, seppur tonico e slanciato, sembra ricadere come un lenzuolo.

Sul braccio proteso verso il collo del cavallo, la seta verde della vestaglia si stringe, fasciandogli il bicipite ed evidenziando ogni avvallamento e rigonfiatura dei muscoli.

Kidnapping / Leltra (Leo & Bertra)Where stories live. Discover now