Parte 12

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Appena raggiungo la superficie, scopro cosa Bertra intendeva con "ripulire la prova che è Giorgia".

Un'equipe di donne delle pulizie prende la bambina dalle mie braccia in un brusio di
«Dia a me, signorina»
«La porto io»
«Attenzione alla testa»
«Facciamo noi»
«Prepara la vasca»
«Scalda il bagno».

Solo nel momento in cui mi confronto con normali civili, mi rendo conto della mia spossatezza.

Perchè le lascio fare.

Mi limito a seguire passivamente il corteo di donne, che ora si fa largo tra le mura della gigantesca casa.

Portano Giorgia in quello che dev'essere il bagno privato di Bertra.

È una stanza generalmente spoglia, monocromo sui toni del grigio, con una vasca enorme in marmo.
Zero candele, zero creme, un solo spazzolino elettrico, dopobarba e schiuma da barba sono gli unici prodotti per la cura personale che si possono notare.
Il piccolo box doccia trasparente messo in angolo conferma la mia teoria.

Riesco anche un po' ad immaginarmelo, se spremo le meningi: Bertra che, facendo le ore piccole, stressato dopo il lavoro, non usa il bagno condiviso nella loro stanza matrimoniale per non svegliare Leo.

Non so se si sia costruito un altro ufficio, penso proprio di si considerando la gigantesca casa che si ritrova a dover riempire in qualche modo, ma me lo immagino a rigor di logica nei paraggi.

Immagino Bee sgattaiolare nel suo ufficio dopo il lavoro, lasciare i documenti sulla scrivania, buttare la giacca e i vestiti da lavoro su uno di quei divanetti di pelle nera da porno, che tanto ama mettere negli spazi lavorativi, e infilarsi nel bagno adiacente per lavarsi via lo stress della giornata.

È una scena così domestica da farmi sorridere.

Intanto, sotto i miei occhi, le domestiche hanno riempito la vasca da bagno e calato il fragile, addormentato, corpo di Giorgia nell'acqua insaponata.

Con mio estremo orrore, noto.

Avevo ragione sui lividi, avevo ragione sull'abuso, avevo ragione sul trauma fisico.

Una mano poggiata sulla mia spalla mi fa sussultare.

«Non fissarla, è strano.» mi dice Bertra all'orecchio, sogghignando.

"Oh. Non ha idea di cosa stia per guardare."

E la quiete prima della tempesta.
Mi giro appena per studiarlo meglio.

Se io sono appoggiata allo stipite della porta, lui è al centro dell'ingresso, una posa dominante.
Sembra un faro affacciato sul mare, non so perché ma l'immagine mentale è quella: una vedetta imponente sopra lo schifo nella vasca da bagno.

L'acqua è diventata torbida in fretta sotto le bolle, non necessariamente scura come nei cartoni animati, ma di sicuro non limpida.
Non ho idea di come si prendano cura di quei bambini, se li lavino a secchiate o con la canna da giardino, ma lo squallore rivelatosi finora mi stringe il nodo che ho alla gola da tutto il giorno.

Ma non è quello il vero schifo.
È il corpo martoriato di Giorgia ad essere inguardabile.
Tre anni.
Trenta lividi.
E non si sveglia.

Il sogghigno di Bertra non gli raggiunge gli occhi stanchi, si ferma prima e muore immediatamente sotto il peso di quella vista.

So che lo sapeva già, in cuor suo, ma averlo davanti come prova schiacciante ed inesorabile lo rende troppo concreto.

E se qualcuno può sapere quanto facciano male quei lividi quando raggiungono le parti molli che hai dietro la gabbia toracica, le parti sensibili ad un livello superiore rispetto alla semplice carne, quelli siamo noi due.

Kidnapping / Leltra (Leo & Bertra)Där berättelser lever. Upptäck nu