Parte 5

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Bertra mi trascina, senza mai voltarsi, verso una rampa di scale adiacente al fianco della casa.
Mi ricorda le rampe della metropolitana, con i gradini di cemento anonimi e il corrimano di ferro, quindi deduco che pòrtino ad un garage, ma non mi sarei mai aspettata una cosa del genere.

Arrivati in fondo alla scala, veniamo avvolti dal buio più completo.
Aspetto che i miei occhi si adattino all'assenza di luce improvvisa, mentre Bee cerca a tentoni un interruttore, tastando il muro.

Click.

Uno sfarfallio di luci illumina la stanza, grande come tutto il perimetro della casa soprastante.
Quindi, in caso non si fosse capito, parecchio parecchio ampia.

Una mezza dozzina di teli bianchi coprono delle auto, mente una decappottabile rossa, una Maserati e una Porsche scoperte riflettono le luci sfarfallanti.

Bee non si ferma un secondo, mentre io rimango imbambolata a processare.
Il lusso della villa rimane impressionante, ma io vinco ancora per quanto riguarda le auto: ne ho di più e la mia Ferrari rimane imbattibile.

Lui procede lungo la corsia centrale a passo svelto, diretto verso il fondo del garage.

Inclino la testa di lato e non posso fare a meno di sorridere.
Mi sembra di vederlo percorrere una navata.

E qui mi prendo un attimo per sfuggire dalla realtà.
Decido di rubarle cinque secondi per evitare di perire schiacciata dal peso di quello che avevo già promesso di fare, e che avrei attuato di lì a poco.

Salto nel tempo, torno indietro al giorno prima.
Torno con la mente a quando mi ha annunciato di essere un uomo sposato, ora.

E non posso fare altro che tentare, invano, di frenare il dilagarsi del sorriso sul mio volto.

Non riesco a porre un limite neanche alla sensazione di dolore che si allarga nel mio petto, però.
Non c'ero.
Lì, con lui, quando ha deciso di diventare un uomo degno della definizione che i nostri padri ci hanno impartito.
Io non c'ero.
Non c'ero quando ha preso per mano suo marito e gli ha infilato un anello al dito.
Non c'ero quando, agli occhi della legge, ha piazzato il primo mattone per costruire la sua nuova famiglia, lontano da quel mondo di corruzione, sangue e marcio in cui siamo stati allevati al pari di armi da guerra.
Lontano dal mondo in cui ci sono io.

Fa male, ma impedisco che questa sensazione bambinesca si manifesti all'esterno.
Non posso permettermi di uscire dalla realtà così tanto.
Non posso pensare ad altro che alla sua bambina, ora.

Ma è tardi, mi sono già presa un secondo di troppo.

Infatti, Bee si gira verso di me a metà della sua corsia.
«Che c'è?»

Lo fisso per un istante: ha un'espressione interrogativa sul suo volto, le ciglia aggrottate, il cervello altrove.

Decido che non è ora il momento giusto per parlarne.
Non so se effettivamente ci sarà mai un momento giusto, ma va bene così.
O almeno, fingo che mi vada bene così.

Rimetto la maschera stupida, il sorriso allusorio e smorzo la tensione come posso.
«Hai un bel culo.» mi limito a dire.
Attrice, ricordate?

Lui rotea gli occhi e sbuffa, innervosito.
Si gira e riprende la sua marcia verso il fondo del garage, quasi stizzito da quel commento sul suo culo, che ha finito per parare il mio, di culo.

Sospiro lievemente, senza farmi sentire.
Lo seguo, con l'acciottolìo dei tacchi da tango contro il cemento, a scandire i quattro quarti della mia discesa all'inferno.

***

Betra si ferma di fronte alla decappottabile rossa scoperta che avevo notato prima.
È impolverata e ha qualche ragnatela, ma penso che faccia parte del piano.

Sogghigna, buttando le borse sul sedile posteriore.
«Hey, per caso, sei ancora capace di fare quella cosa-?»

«Ford Focus Coupè-Cabriolet del... 2009.» lo interrompo apatica, analizzando la macchina.
«La carrozzeria è quella, ma probabilmente il resto è stato completamente modificato o sostituito, altrimenti si surriscalderebbe.
Era già difettosa allora, figuriamoci dopo 14 [*] anni.
L'originale potrebbe essere stato sostituito con un altro telaio Ford, anche perchè un telaio Fiat o Opel sarebbe troppo incompatibile, sebbene siano le due più facili da usare come rimpiazzo, meccanicamente parlando.
La Ford Puma sembra ideale, è quella con la cilindrata più vicina e le dimensioni più simili.
Tanto, anche se la Focus è una 136CV e la Puma è una 155, la Focus ha 2.0 di capienza e la Puma, se non è ibrida, ha una capienza minore.
Quindi dovrebbe bilanciarsi e riuscire a non intaccare il sistema di raffreddamento, anche se, teoricamente, potrebbe viaggiare ad una velocità maggiore.
Non spingere il motore sopra un certo tot di giri e non salterà in aria la macchina.»

Quando sollevo lo sguardo, trovo quello di Bertra, in totale ammirazione, già posato su di me.
«Sei incredibile.» sussurra affascinato.
E mi fa arrossire come una bambina.
Non sono mai stata abituata ai complimenti e penso che questo vada a costituire parte del mio trauma.

Me la gioco bene però.
«Una delle attività di copertura dei miei era una concessionaria.» liquido.

Apre la portiera e si siede al posto del guidatore.
Aspetta che faccia lo stesso dalla parte opposta prima di parlare.

«Comunque non ci hai preso al 100%, ma ci sei andata molto vicina.»

Lo guardo confusa.

Lui sorride e spiega.
«La Puma può avere il vivace tricilindrico a benzina solo da 125CV.
Solo nelle versioni ibride è da 155 CV. In quelle a benzina non esiste una tale cilindrata.»

«...Fuck.» sussurro, capendo che tutti i miei giri di ragionamento per spiegare la scelta di sostituzione erano andati a puttane, facendomi fare la figura dell'idiota.

Lui ride, riecheggiando per tutto il garage.
Era da un po' che non lo sentivo ridere, mi faceva bene al cuore.
«È bello avere la certezza che certe cose non cambiano mai.
Come questa tua inquietante abilità di analizzare le macchine e il tuo dimenticarti tutto l'italiano che conosci quando devi imprecare.
È adorabile.»

«Ho fatto avanti e indietro tra Milano, New York e Kyoto per vent'anni, è già tanto che io non imprechi in giapponese, fidati.» sussurro, senza nascondere un sorriso.
Volevamo alleggerire l'atmosfera e, forse, ci siamo riusciti.

«Ah, ci hai quasi azzeccato anche sui miei ritocchi. La capienza di questo Frankenstein è stata portata a 2.0, ma nella versione originale, il telaio della Puma a benzina è 1.0.» continua Bertra con il suo sproloquio, mentre mette in moto l'auto.

Parlare aiuta a distrarsi pur tenendo attivo il cervello, quindi non lo interrompo nemmeno quando sfreccia verso la rampa che gli permette di lasciare il garage e raggiungere l'uscita.

Il percorso della rampa, sottoterra, dura cinque minuti.
Che, alla velocità di Bee in macchina, si traduce un una rampa poco inclinata e parecchio lunga.
Non sono mai stata nel suo garage prima, ma sono piuttosto sicura che la rampa si concluda ben oltre la sua proprietà, forse addirittura più vicino al cuore della città che alla zona residenziale.

Raggiungiamo il cancello.

Bee preme un pulsantino sulle chiavi della macchina e la cler [**] del garage si apre, permettendoci di sbucare in una strada secondaria, senza lampioni né telecamere di sicurezza pubbliche.
Un classico.

Dopo due svolte, siamo già in piena Milano, poco lontani dal Lorenzini District.
Ovvero ad un paio di km di distanza dalla villa di Bee.
Come volevasi dimostrare, quella rampa induce a perdere il senso dell'orientamento.

Ci torna utile, tuttavia: depistaggio.
Siamo ben lontani dalla casa e questo mi rasserena, ma la calma dura poco, sovrastata dall'ansia inumana che si fa largo nel mio petto a macchia d'olio.
Siamo ufficialmente in campo nemico.
Non siamo più protetti dalle confortanti mura di casa.
Siamo in ballo.
Ed è ormai ora di ballare.


*la storia è ambientata a fine settembre 2023, tant'è vero che alcune delle bambine menzionate nel capitolo 2 hanno date di nascita poste nel futuro.

**cler = ho scoperto in seguito essere un termine tipicamente milanese che rappresenta ogni cancello/saracinesca/chiusura di un garage.
Ho comunque deciso di lasciarlo perché non ho voglia di trovare un sinonimo che non abbia già usato e che si incastri bene.

Kidnapping / Leltra (Leo & Bertra)Where stories live. Discover now