31 - Collaborazione

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La guardai perplessa. JAR?

«Jessica, Abigail e Rachel. Altresì conosciute come JAR. Un barattolo di cattiveria concentrata» precisò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Era troppo impegnata a ridacchiare per rendersi conto di aver letteralmente urlato quelle ultime parole. Alice era così, non si faceva problemi a esprimere la sua opinione.

Guardai con la coda dell'occhio Matt, il quale aveva saggiamente deciso di unirsi alla conversazione sul compito di matematica con gli altri ragazzi che dividevano il nostro stesso tavolo.

«Parliamo di cose più importanti» continuò lei, mettendosi a gambe incrociate e rubando distrattamente il cibo dal mio piatto, «Hai visto quello stordito di mio cugino? È sparito di nuovo ieri.»

Aggrottai la fonte. Non vedevo Caleb dalla nostra punizione in palestra, ma prima che potessi rispondere, vidi gli occhi di Alice vagare fino a un punto imprecisato oltre la mia spalla.

Mi girai di scatto, mettendo a fuoco il profilo di Alex. Si era fermato proprio dietro di noi e aveva appena accettato un foglietto spiegazzato da Philip. Di qualsiasi cosa stessero parlando, non aveva l'aria contenta. Stringeva quel pezzetto di carta con una presa così ferrea da creare una miriade di piccole increspature d'ombra.

Proprio in quel momento, lui abbassò gli occhi su di me. Arrossii, sentendomi come una bambina colta in fallo e sollevai una mano per salutarlo. Lui liquidò Philip con un cenno nervoso, come se non vedesse l'ora di liberarsene, e fece qualche passo verso di noi.

Si passò una mano tra i capelli arruffati, prima di scrollare con decisione lo zaino che ciondolava dalla sua spalla. «Hanno sospeso algebra, vieni da me dopo pranzo?»

Buongiorno anche a te, Case.

Un pomeriggio senza lezioni rappresentava la nostra miglior occasione per andare avanti con le nostre ricerche.

Mi guardai attorno un po' imbarazzata, forse perché tutte le persone al tavolo con noi stavano seguendo il nostro scambio, senza neanche preoccuparsi di non fissarci. A scuola era sempre così, quando c'era Alex.

Lui sembrò rendersi conto della presenza degli altri solamente a causa della mia reazione. Fece scorrere svogliatamente gli occhi lungo tutto il tavolo e abbozzò un cenno del mento a Matt, prima di tornare a concentrarsi su di me.

«Allora? Vuoi venire a studiare da me?» disse con il suo solito mezzo sorriso.

La particolare enfasi che pose sulla parola "studiare" sembrava più indirizzata a me, che a beneficio del pubblico. Quasi volesse prendermi in giro per la mia reazione.

«Certo, ti raggiungo tra poco. Devo prendere un paio di libri dall'armadietto.»

***

Quando parcheggiai di fronte alla villa dei Case, Alex mi stava aspettando all'ingresso, rigirando una sigaretta spenta tra le mani. Avevo la sensazione che stesse cercando di smettere di fumare, ma non dissi nulla e lo raggiunsi velocemente.

Mi tenne aperta la porta, invitandomi a entrare. «Andiamo in biblioteca, voglio provare una ricerca un po' diversa questa volta.»

Mi guardai attorno con fare nervoso. Avevo sempre l'irrazionale paura che qualcuno sentisse i nostri discorsi, anche se entrambi eravamo sempre molto attenti alle parole che utilizzavamo.

Come a leggermi nel pensiero, Alex si fermò in mezzo al salone, guardandomi divertito. «Rilassati, Reed. Mio padre è a San Diego per affari. Non tornerà prima di lunedì.»

Annuii piano. Sembrava che il signor Case fosse un accumulatore seriale di miglia aeree, ma Alex non si mostrava mai troppo dispiaciuto nel constatare che il padre passasse più tempo su un sedile di prima classe, piuttosto che con i piedi per terra.

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