Capitolo 11: Ritorno a Camelot.

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Lo osservò ancora per parecchi minuti, infine strinse in pugno il ciondolo e lo baciò. Non seppe perché, ma gli venne naturale farlo, era come se in quel momento avesse baciato Artù, almeno voleva credere di averlo fatto. Stavolta non lo mise nella sacca, (perché se lo avesse messo nuovamente la dentro di sicuro l'avrebbe perso con tutte le cose che erano buttate all'interno oppure l'avrebbe, ancor peggio, dimenticato li) ma se lo mise in tasca e ad ogni passo di Merlino sbatteva sul suo fianco ribellandosi, come il suo asino. Ogni passo era molto insicuro, come il ragazzo, d'altronde. Insicuro di tornare a Camelot, insicuro di voler rivedere e guardare negli occhi la regina Ginevra, insicuro di come le avrebbe detto di essere un mago, insicuro della sua reazione futura, insicuro a causa del popolo: lo avrebbero mai accettato come un tempo? E infine...insicuro che l'unica persona ad avere la chiave del suo cuore fosse morta. Aveva sofferto tanto in questi ultimi anni: prima Will, amico d'infanzia, poi Freya, la sua prima cotta, suo padre Balinor, Lancillotto, suo fedele amico, Elyan, fratello di Gwen e amico, Galvano, il suo migliore amico, Morgana. Ebbene sì, proprio lei. Le voleva davvero bene prima che s'incattivisse, era una sua grande amica e lui era l'unico a poterla capire fino in fondo. Tutte queste persone gli mancavano; ha sofferto tanto, specialmente per suo padre, ma le ha sempre superate tutte grazie ad Artù, il suo sorriso, la sua presenza lo hanno sempre consolato e lentamente e dolcemente chiusero le sue ferite, ma ora che anche lui se ne era andato, non avrebbe mai potuto chiudere quella ferita. Non lo avrebbe mai dimenticato così facilmente. Non gli era rimasto più nessuno e lo sapeva. Certo, aveva Gwen e soprattutto Gaius, ma (anche se non del tutto convincente) anche la vita del cerusico aveva una fine. La regina era giovane, ma poteva succedere di tutto, non doveva abbassare la guardia con le uniche persone rimaste, anche se non avrebbero mai riempito il vuoto dentro di lui o prendere il posto di Artù, come solo lui sapeva e poteva fare bene.

***

"Mia regina, non mangiate da giorni...dovete nutrirvi, è di vostra vitale importanza."

Gaius entrò dentro le stanze della regina e si avvicinò ove lei era poggiata, ovvero la finestra.

"Artù e Merlino sono di mia vitale importanza. Ho bisogno di sapere che stanno bene!!! Non m'importa più di me stessa, ormai!! Devi scusarmi, Gaius, ma temo di aver scoperto di non avere appetito dal giorno in cui mio marito è scomparso. Non badare a me...io sto bene, se così si può definire. Sei esausto. Devi andare a riposare. Non devi preoccuparti per me..."
Mormorò ella infine. Era davvero esausta anche lei...ormai dormiva a malapena, e se lo faceva, si appisolava per dieci minuti seduta sulla sedia di fronte la finestra. Si poteva notare l'assenza di sonno dalle sue occhiaie profonde come delle borse, paragonabili alla sacca infinita di Merlino.

"Insisto, mia Signora. Io sto benissimo, sano come un pesce. Io mi preoccupo per voi...non vorrei essere offensivo, ma...GUARDATEVI!! Avete le occhiaie non nere, molto di più. I vostri capelli non hanno più senso, non mangiate da giorni, bevete a malapena un po' d'acqua al giorno ed è come se voi vi accontentiate della vostra saliva. Avete questo vestito da troppo, che anche questo si sta lamentando del vostro corpo sempre presente su esso e si domanda pure se voi avrete intenzione di cambiarvi!! Ginevra...non potete continuare così...la vita sta accudendo Merlino e Artù e voi dovete continuare a vivere!!"

La regina fece per ribattere gentilmente, come suo solito, ma fu' nuovamente interrotta dal medico di corte:

"Non vorrei sembrare esagerato, mia regina, ma se non dormo più come una volta, è per voi! I miei pensieri sono sempre rivolti alla vostra immagine che fissa l'orizzonte non godendosi quello che ha non molto lontano da qui. Avete amici, un popolo che vuole solo il bene del regno e del regnante, popolo che ha bisogno del vostro sostegno, delle vostre spalle!"

Gwen aveva ormai le lacrime agli occhi; si sentiva in colpa per le sofferenze che aveva causato al povero Gaius. Eppure aveva ragione. Era a dir poco lercia e ripugnate. Si allontanò dalla finestra e abbracciò il medico che le prese le spalle, dandogli colpetti dolci e delicati sul capo, dicendo:

Merthur: Merlin&Arthur  (REVISIONATA) Where stories live. Discover now