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Guardai il telefono per l'ultima volta, memorizzando l'indirizzo che Taehyung mi aveva scritto quel pomeriggio.
Da quando avevo lasciato la caffetteria, non avevo fatto altro che pensare a lui e alle parole di Baekhyun; mi sembrava tutto così chiaro adesso. Non ero mai stato tanto consapevole di qualcosa, come in quel momento.
Presi le chiavi della moto dalla tasca della giacca e la feci partire. Dopo poco, raggiunsi una piazzetta vuota e mi guardai attorno, cercando di capire dove mi trovassi; a parte me e qualche macchina, il resto della piazza era deserto.
Presi il cellulare dalla tasca e chiamai Taehyung.
«Kook?» rispose subito.
«Credo tu mi abbia dato l'indirizzo sbagliato» mi guardai ancora attorno, osservando meglio l'edificio dall'altra parte della piazza.
«Aspetta» attesi qualche secondo e dopo poco sentii la voce del marmocchio chiamarmi da lontano.
Focalizzai lo sguardo ed osservai il corpicino del più piccolo e il suo braccio alzato, rivolgersi verso di me sotto la flebile luce di un lampione. «Kookkk!» urlò ancora.
«Ti vedo» risposi dal telefono e buttai giù, mettendo il lucchetto alla moto e dirigendomi nella sua direzione.
Avanzai, accelerando leggermente il passo e mi posizionai di fronte a lui. Lo osservai sorridere come faceva sempre e sentii un calore allo stomaco, ma lo dimenticai subito.
«Sei così allegro perchè non vedevi l'ora di vedermi, non è così?» azzardai, ancora più sfrontato del solito.
«Forse» mimò un finto labbruccio per poi voltarsi ed incamminarsi all'interno.
«Molto bene..» sussurrai tirando su un angolo della bocca, mentre lo seguivo nell'edificio.
«Dove siamo?» mi guardai attorno e lo vidi fermarsi, voltandosi verso di me.
«Sorpresa» accennò un veloce sorriso.
«Non vale riutilizzare tutte le mie battute eh!» lo presi in giro, riferendomi alla sua abitudine di ripetere le mie stesse parole. Taehyung rise e si voltò ancora, entrando in una stanza leggermente più piccola e completamente buia.
«Lo vedrai presto» mi rispose. «Ora però alza la testa verso il soffitto» mi suggerì, ma non riuscii a leggere la sua espressione.
«Principessina, se questo è uno scherzo io-» provai a dire avanzando verso quello che era probabilmente il centro della stanza, ma venni interrotto.
«Nessuno scherzo» affermò. «Te lo prometto» continuò e lo sentii avanzare verso di me nel buio, prendendomi una mano.
«Cosa sta-» domandai, perplesso.
«Mignolino» disse solo, attorcigliando il suo con il mio.
«Sei proprio un bambino, lo sai?» risi, iniziando ad abituarmi meglio all'oscurità e riuscendo a distinguere le nostre mani intrecciate.
«Lo so» rise anche lui. «Ora però alza la testa» mi ripropose.
«Va bene» feci come mi aveva detto e portai lo sguardo verso il soffitto. Dopo poco, vidi la luce entrare nella stanza e la cupola sopra di noi aprirsi lasciando spazio ad una splendida notte stellata. Spalancai gli occhi osservandomi attorno e scoprii di trovarmi in un magnifico osservatorio astronomico.
«Ma come lo conosci questo posto?» gli domandai dopo infiniti attimi di silenzio, quando lo vidi allontanarsi e sciogliere le nostre mani.
«Mio nonno faceva il custode, prima che lo chiudessero al pubblico» mi spiegò, vagando per la stanza e osservandosi attorno compiaciuto. «Fin da piccolo è la mia seconda casa» continuò sedendosi al centro, su alcuni teli e battendo la mano sulla stoffa di fianco a lui, invitandomi a sedere. Non me lo feci ripetere di nuovo e mi posizionai accanto a lui. «Vengo qui quando ho bisogno di ispirazione per i miei disegni» mi spiegò ancora, rivolgendo la testa verso l'alto ed osservando il cielo stellato. «Sai sei la prima persona che porto qui» ammise e vidi le sue guance tingersi di un tenue rosso, subito dopo. «Ne sono onorato» lo osservai voltarsi verso di me e guardarmi con le guance tremendamente arrossate, le braccia tese dietro alla schiena e il capo leggermente piegato all'indietro. La cosa più bella che potessi mai vedere.
I suoi occhi rimasero immobili e fissi nei miei mentre la bocca si apriva leggermente.
«Che c'è?» ruppe il silenzio, sorridendo.
«Niente» negai con la testa, rivolgendo lo sguardo verso il cielo.
«Perché mi hai invitato qui?» gli domandai, curioso.
«Perchè volevo fartelo vedere» mi spiegò, girandosi a prendere qualcosa dalla borsa. «E volevo disegnarti» concluse, tirando fuori un blocchetto di fogli, una matita e una gomma.
«Sono io, o i ruoli si sono invertiti? Ci stai provando con me principessina?» sorrisi beffardo, ammiccando e mordendomi il labbro inferiore. Vidi i suoi occhi allargarsi e le guance diventare del colore che più adoravo sul suo viso.
«Eh? No no» si affrettò a rispondere, allontanandosi leggermente con il corpo e muovendo le mani in fretta di fronte al viso. «è che sei bello, cioè, aspetta, sei carino» continuò per svariati minuti cercando un aggettivo adatto per descrivermi - quando sapeva perfettamente che quello giusto era "dannatamente affascinante".
«Va bene marmocchio, stai tranquillo» lo interruppi «Allora..Mi devo spogliare?» Mi avvicinai al suo viso con un sopracciglio alzato e gli appoggiai una mano sulla testa, scompigliandogli leggermente i capelli. Vidi le sue orecchie iniziare a diventare dello stesso colore del suo volto e non potei esserne più deliziato.
La voglia di avvicinarmi era tanta, davvero tanta e faticavo a resistere alla tentazione di farlo mio, lì nel mezzo della stanza vuota, quando non c'era altro che noi due sotto il cielo stellato; solo il pensiero mi faceva impazzire.
Lo guardai per un attimo e notai anche nei suoi occhi lo stesso desiderio, ma mi ritrassi; non era il momento giusto, soprattutto dopo quella sensazione strana che sentivo da quel pomeriggio.
«Sei proprio innocente principessina» affermai, allontanandomi e alzandomi in piedi, avanzando verso uno dei telescopi nella stanza. Guardai all'interno e giocai un po' con gli altri oggetti. «Sai non ero mai stato in un posto così» spiegai dopo un po', rivolgendo un veloce sorriso verso Taehyung che mi guardava perso fin dal primo istante in cui mi ero alzato. Lo vidi riprendersi, scrollando leggermente la testa e guardarmi con le sopracciglia leggermente corrucciate.
«Cosa?» mi domandò confuso. Accennai un piccolo sorriso e tornai a sedermi al suo fianco.
«Sei proprio svampito» lo presi in giro, colpendolo con le dita sulla fronte.
«Hei!» protestò lui, portandosi una mano a fregare il punto dolorante.
Scoppiai a ridere; era talmente buffo.
«Cosa ridi? mi hai fatto male!» continuò, colpendomi un braccio. Finsi di provare dolore e mi portai una mano sopra, sdraiandomi con il corpo e tenendola premuta. Lui spalancò gli occhi e mi guardò mortificato.
«Scusami, scusami» disse velocemente, posando una mano sul mio braccio ed osservandomi spaventato. «Cosa posso fare?» continuò.
«Un bacino sulla bua?» gli domandai e vidi il suo sguardo, spostarsi dalla stoffa della mia manica alla mia faccia, diventando improvvisamente seria.
«Mi stavi prendendo in giro?» alzò il tono contrariato.
Annuii e scoppiai a ridere, mentre un broncio adorabile si formava sulle sue labbra.
«Mi sono preoccupato davvero» accennò con una vocina che non gli avevo mai sentito fare, ma che trovai splendida e gli posai un braccio sulla spalla, invitandolo a voltarsi e guardarmi negli occhi.
«Dai tae» scosse la testa, continuando a darmi la schiena.
«Cosa posso fare per farmi perdonare da questo bambino viziato?» gli domandai con tono dolce e finalmente attirai la sua attenzione.
«Prima di tutto non chiamarmi bambino viziato, non credi?» mantenne il muso.
«Va bene» annuii. Fece un sospiro e continuò.
«Devi farti disegnare» affermò, voltandosi verso di me.
«Devo mettermi in una posa?» domandai serio.
«No no, continua a fare quello che stavi facendo» spiegò.
Mi avvicinai a lui, prendendo una ciocca dei suoi capelli e portandola dietro alle orecchie. Le sue guance tornarono rosse e sviò subito dopo lo sguardo, aprendo l'album che teneva ancora tra le mani, facendo finta di niente.
Passarono minuti, forse ore prima che terminasse il disegno. Ogni tanto, l'avevo preso in giro per le sue espressioni buffe, ma per la maggior parte del tempo non ero riuscito a togliergli gli occhi di dosso; mi ero sdraiato accanto a lui a guardare verso l'alto, però lo più ero rimasto con la testa appoggiata sul braccio ad osservarlo.
«Finito» mi riferì, guardandomi soddisfatto.
«Di già?» in realtà non sapevo quanto tempo fosse passato.
Lui annuì e mi passò il blocchetto, mostrandomi il ritratto.

「◆ Il ritratto di un solipsista ◆」Where stories live. Discover now