Capitolo 13

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Correva, correva fortissimo.

Fergus era ormai come un fulmine nero che lasciava solchi profondi nella terra scura. Attraversava pascoli, boschi, sentieri. Correva veloce, spronato dal suo cavaliere, che lo aiutava a sentire il meno possibile il suo peso, seguendo ogni movimento del corpo, ogni battito. Il respiro forte, le orecchie attente, il manto scuro ormai grondante di sudore.

Louis sapeva che si sarebbe dovuto fermare se non voleva che Fergus morisse. Aveva molta resistenza, conosceva bene il suo amico e compagno di avventure e cavalcate, ma sapeva che avrebbe avuto bisogno di una pausa a breve o sarebbe stata la fine.

Arrivato vicino al rio dove tanti giorni prima avevano trovato gli stranieri, si fermò. Fergus avrebbe potuto bere, lui anche, e nascosto da una gola profonda che scendeva in basso, poteva facilmente ripararsi, era necessario quanto compiere la missione che adesso era priorità.

Si strinse nella casacca che portava, il freddo era pungente e solo adesso si accorse, di avere molta fame e di iniziare a sentire la stanchezza.

Durante l'addestramento, non sentivano niente. L'adrenalina era troppa, mentre combattevano, si arrampicavano, lottavano, meditavano, rivivevano racconti e leggende. Ora, dopo tutto quello che era successo, forse si stava rendendo conto della stupidaggine che stava facendo.

La sua piccola ascia, era sempre salda nella mano destra, le era affezionato. Era stata la prima arma che suo padre gli aveva insegnato ad usare. Poteva colpire e sganciare fendenti potenti. Quando la lanciava si sentiva forte, e la maneggiava con grande destrezza. Sperò in cuor suo che sarebbe bastata, ci sperò con tutto se stesso.

Pensò al romano. Non aveva esitato un secondo ad andare a salvarlo. Nemmeno un attimo. Nessuna lucidità gli sarebbe servita perchè anche a mente fredda avrebbe rifatto la stessa scelta. Ormai aveva capito che Harry per lui era qualcosa d'importante. Ci si era legato con un nodo strettissimo e non aveva intenzione di scioglierlo per nessun motivo.

Ripartì con l'oscurità che avanzava. Un'azione notturna lo avrebbe aiutato a non essere visto, un vantaggio che poteva fare la differenza.

Sentì l'odore acre di uomini e cenere da centinaia di metri. Il flebile vento notturno portava con se fumo, voci e bagliori di fuochi accesi.

Quando arrivò in linea d'aria davanti all'accampamento, smontò dal suo fedele animale in corsa.

"Fergus, aspettami qui!" Si abbassò veloce su un terrapieno e mentre il cavallo si allontanava, da bravo, lui si acquattò più possibile per farsi invisibile per quanto poteva.

Non c'erano fortificazioni o arcieri di guardia. Un problema in meno. Molte tende bianche, abbastanza grandi, coprivano un perimetro ampio e formavano una specie di cerchio. Fuochi accesi all'interno di esso gli fecero capire che parecchi soldati stavano consumando il pasto serale. Doveva per prima cosa capire dove fosse Harry e dopo cercare di prenderlo il più velocemente possibile e andarsene via da lì, come fulmini.

Facilissimo.

O forse no.

Si tirò su, in piedi con un balzo, prese un profondo respiro iniziò a correre.

Sentiva i tendini delle gambe che gli tiravano e gli facevano male, aveva i muscoli indolenziti dalla cavalcata, il sudore che gli colava lunga la schiena aveva sicuramente tolto via i segni azzurri che aveva ancora addosso su tutto il corpo.

L'ascia salda nella sua mano ferma, i piedi veloci e lo sguardo fisso sulle tende non lo faceavno rallentare. Attraversò veloce la radura che lo divideva dal suo obiettivo. Il silenzio lo aiutava, e la corsa e la velocità erano sempre state sue fedeli alleate.
Insieme alla notte.

Sky Full Of SongWhere stories live. Discover now