16 - In maschera (I)

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Quando spalancai la porta, la brezza fresca di inizio autunno mi scompigliò i capelli e la gonna turbinò lievemente ai miei piedi, accarezzandomi le gambe. Ero pronta a fronteggiare il solito freddo gelido del Massachusetts, con quell'umidità che s'infilava nei nervi e nelle ossa, invece ebbi l'impressione che per una volta quel leggero vento mi scivolasse addosso, senza appiccicarsi in maniera fastidiosa. Finii comunque per stringermi nelle spalle, mentre sollevavo lo sguardo sul porticato.

Alex mi stava aspettando lì. Comodamente appoggiato a una delle colonne del patio, teneva una mano sollevata, stretta attorno a un accendino, ma la fiammella che si rifletteva nei suoi occhi chiari e che danzava sospinta dal vento era ancora ben distante dalla sigaretta tra le sue labbra. Doveva aver valutato che la mia lotta con la porta d'ingresso sarebbe proseguita ancora per molto, perché sembrava... non so, quasi sorpreso di vedermi, come se quella non fosse casa mia, o come se avesse messo in conto di aspettare un'eternità.

Mentre nella mia testa tutte quelle valutazioni si ammassavano, affollando i miei pensieri, nessuno di noi fece cenno di muoversi. Rimanemmo per alcuni lunghi istanti a fissarci e, mentre i secondi si frantumavano sui nostri corpi immobili, avevo l'impressione la situazione tra di noi si stesse in qualche modo ridefinendo. Come se fosse stato necessario vederci in quella nuova veste, per renderci conto che l'idea di introdurci alla festa non fosse solo un'opzione aleatoria.

Feci un debole sorriso, cercando di sciogliere la tensione. «Ciao» mormorai, sentendo le mie guance scaldarsi.

Non abbassai lo sguardo, però. Semplicemente, mi voltai in direzione della porta, assicurandomi di far scattare la serratura. Con la coda dell'occhio vidi Alex riporre la sigaretta e l'accendino nella tasca del completo elegante che portava, e per un istante pensai a quanto quella scena sembrasse il preludio di uno di quei classici balli scolastici ai quali non avrei mai voluto partecipare.

«Credevo che mi avresti fatto aspettare almeno mezz'ora» spiegò, attirando la mia attenzione.

Sollevai in tempo lo sguardo per vederlo articolare un sorrisino, mentre con un colpo di reni si staccava dalla base del pilastro.

«Invece ti stupirò: sono pronta» mormorai con una punta di nervosismo.

O almeno, fisicamente lo ero. Psicologicamente, probabilmente non lo sarei mai stata, ma dovevo ammettere che se una parte di me era completamente terrorizzata da quella situazione, ce n'era un'altra che non aspettava altro che vedere dove ci avrebbe portati quella serata.

Lui sembrò riflettere sulle mie parole. «Almeno su una parte, siamo d'accordo, Reed» confermò, quasi sbalordito, continuando a scrutarmi da sotto le ciglia lunghe.

Perché quello sguardo mi faceva venir voglia di nascondermi sotto a quattro strati di coperte di lana? Non lo sapevo e onestamente non avevo alcuna intenzione di rimuginarci.

Mi appoggiai alla porta, con le braccia incrociate dietro la schiena e le dita irrigidite attorno alla maniglia fredda.

«Beh, mi hai stupito anche tu» iniziai, aggrottando lievemente la fronte.

«Attenta» mi riprese con voce bassa e divertita, facendo un passo verso di me. Poi l'angolo delle labbra si tese verso la fossetta sulla guancia destra. «Potrei considerarla una dichiarazione.»

Ignorai la sua battuta. Voleva solamente provocarmi e per qualche assurda ragione ci riusciva sempre fin troppo bene.

«Nel senso che pensavo che mi avresti dato buca all'ultimo» ammisi candidamente, incamminandomi verso il giardino e godendomi quell'istante di silenzio, dopo le mie parole.

IGNIWhere stories live. Discover now