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«Sei stata molto brava con suor Beatrice» disse Gualtieri accennando un sorriso. Era passato al tu senza nemmeno rendersene conto, in modo spontaneo e naturale.

Erano in auto e stavano ritornando verso il laboratorio. La sera aveva coperto tutto con il suo manto scuro e la pioggia finissima che aveva ricominciato a cadere creava una patina sottile di ombre sul parabrezza mentre i tergicristalli continuavano a muoversi ritmicamente.

«Sono stata abituata da mio padre» rispose Elisa

«In che senso?»

«Nel senso che ho sempre dovuto lottare per ottenere le cose con lui» sorrise ricordando le diatribe della sua adolescenza «le nostre discussioni erano decisamente estenuanti ed epiche»

«Capisco» rispose continuando a mantenere l'attenzione alla strada buia che aveva davanti «quindi l'opera di convincimento è una tua prerogativa?»

Elisa rise «sì decisamente anche se con gli anni mi sono decisamente adeguata, ma durante tutta l'adolescenza era un continuo discutere in casa mia»

«Comunque hai un bel rapporto mi sembra con tuo padre. Da come ne parli e sorridi» disse rendendosi conto che all'andata non aveva proferito parola, mentre ora invece non riusciva a smettere di parlare con quella donna

«Si» rispose lei «mio padre è il pilastro della mia vita» si sistemò la cintura di sicurezza «nonostante tutte le sue convinzioni un po' datate» si girò leggermente verso l'uomo «e lei invece ispettore Gualtieri, perde sempre così facilmente le staffe?» chiese

Francesco divenne serio «non ho perso le staffe» cercò di giustificarsi in modo patetico «è solo che certe volte faccio fatica a sopportare alcuni atteggiamenti»

Lei si spalancò in un sorriso «ho visto i tuoi occhi all'inizio, quando suor Beatrice era un po' restia a collaborare. Se solo avessi potuto l'avresti fulminata» prendendolo in giro

«Si in effetti avrei voluto» ammise Francesco «non sopporto l'arroganza»

«Eppure è classica di molti poliziotti» continuò a punzecchiarlo lei

«Non è arroganza è più un atteggiamento autoritario che dobbiamo tenere per il ruolo che interpretiamo» rispose sinceramente «tolta la divisa siamo completamente diversi»

«Sì forse hai ragione, ma non credo che siate tutti così, l'ispettore Ricciardi ad esempio mi dà l'idea di essere molto superbo anche fuori dall'orario lavorativo» non sapeva nemmeno perché la conversazione fosse andata a cadere proprio su Massimo.

Lui le lanciò un'occhiata senza però togliere l'attenzione dalla strada «Ricciardi è un ispettore giovane vedrai che col tempo cambierà anche lui»

Elisa si rese conto in quel momento che la sua frase poteva essere interpretata in un modo diverso dal dovuto «non che mi interessi» si affrettò a ribadire «era solo per fare un esempio» anche se cominciava ad avere qualche dubbio anche lei su quello che stava dicendo.

Franceso sorrise «non preoccuparti, anzi visto che siamo in argomento vorrei farti qualche domanda»

Lei si risistemò sul sedile diventando seria «dimmi»

«Mi hai detto che avevi parlato con Ricciardi di questo assassino?»

«Si durante una pausa pranzo ci siamo incontrati casualmente da Mac» rispose lei «e abbiamo parlato»

«Quindi era un chiacchierata tra voi» chiese «informale?»

«Sì perché?»

«Nulla solo curiosità visto che non ne trovo riscontro in nessun rapporto su cosa vi siete detti» rispose di getto per poi correggersi accorgendosi che poteva essere frainteso «nel senso a proposito dell'assassino le altre cose di cui avete parlato che non sono inerenti all'indagine e non sono rilevanti non mi interessano» si sentiva stranamente a disagio e non era abituato a sentirsi così

«Abbiamo parlato solo dell'assassino»

Lui le lanciò un'altra occhiata «i ragazzi al distretto lo hanno soprannominato Willy»

Lei sapeva che succedeva spesso durante un'indagine che si prospettava lunga e complessa di identificare un assassino con un nome inventato finché non avessero individuato il suo vero nome. Era più comodo e veloce «tu cosa pensi di questo Willy?» chiese Elisa

Lui sospirò «in gran parte sono d'accordo con l'analisi che hai fatto nel mio ufficio. Per l'esperienza che ho, posso dire che generalmente sono due le categorie di assassini seriali. Quelli disorganizzati che non pianificano, che scelgono le vittime casualmente e le uccidono in modo ansioso generalmente vicino al loro ambiente famigliare dove si sentono più sicuri» le lanciò un'occhiata notando la completa attenzione della donna «questa ansia però li porta spesso a commettere degli errori lasciando tracce che spesso li tradiscono»

«Gli altri?» chiese lei impaziente

«Gli altri sono generalmente quelli più difficili da catturare, sembrano persone normali, rispettose delle leggi, con un quoziente intellettivo elevato. Spesso sono abili nel loro lavoro, sono affabili, sessualmente competenti riescono a relazionarsi molto bene sia con l'altro sesso che con il resto della collettività»

«Willy che tipo è?»

«Questo dovresti aiutarmi tu a dirlo» rispose «è un predatore che seleziona le sue vittime con cura»

«Vero» ammise Elisa «quei bambini hanno un significato per lui»

«Esatto. È astuto e prudente» continuò Francesco «ha conoscenze mediche, non lascia tracce, sembra prevedere l'evoluzione dell'indagine. Questo lo fa avvicinare notevolmente alla seconda categoria, quella più difficile»

«Perché pensi questo?»

«La grotta era pulita, sembrava sapere che l'avremo trovata. E come abbiamo già notato non lascia tracce»

Lei mosse la testa in senso affermativo «vero»

«Le vittime le sceglie con cura, credo che le osservi prima raccogliendo tutte le informazioni, annotando bene le loro abitudini»

Elisa si girò a guardare i lineamenti del viso dell'ispettore intento a guidare «non credo che abbia piacere nella morte, il suo intento è l'agonia, è quella che gli dà piacere. E credo che la sua scena del delitto resterà sempre pulita, perché quella è la sua parola d'ordine: controllo» affermò convinta

Francesco deglutì, erano ormai nei pressi del laboratorio «hai perfettamente ragione, per questo è importante il fascicolo su quel bambino che ti ho portato oggi» disse lui «perché se è opera sua, è un anomalia nel suo modus operandi» fermò l'auto davanti al laboratorio «è una crepa nelle sue abitudini, la prima e forse l'unica che ha fatto e che probabilmente farà» girandosi verso di lei

Elisa si sganciò la cintura «darò un 'occhiata a quel rapporto e anche al risultato dell'autopsia» affermò

«Magari non c'entra nulla» si ingobbì leggermente nelle spalle Gualtieri

Lei sorrise «facciamo un tentativo, tanto a questo punto non abbiamo altro»

«Io seguo la pista del ragazzo dell'orfanotrofio» disse lui «chiedo notizie al commissariato di Bordighera e vediamo cosa riusciamo a fare»

© Dan Ruben

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