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Massimo Ricciardi aveva passato un'ora al computer nel suo ufficio a cercare notizie su quei medicinali e ora, seguendo le direttive di Gualtieri, si apprestò a reperire informazioni su quel ragazzo scomparso. Prima di parlare con i genitori del ragazzo però, voleva farsi un'idea di come si erano svolti gli eventi. Nella denuncia la madre asseriva di aver accompagnato il figlio a scuola ma il ragazzo non era mai arrivato in classe almeno a detta degli insegnanti e del dirigente scolastico. Scese dalla macchina e si avviò lungo il marciapiede.

Oltrepassò il cancello in ferro entrando nel cortile della scuola, la pioggia delle ultime ore aveva sciolto quasi completamente la neve, anche se alcuni cumoli ai lati del sentiero che arrivava alle scale, erano ancora visibili. Sul muro laterale, coperto da una tettoia in plexiglas, giganteggiava un cartello scritto da alcuni ragazzi che chiedevano che Amedeo tornasse presto a casa e salutavano con una preghiera il loro amico Giuliano.

Massimo capì in quel momento che l'istituto Immanuel Kant era lo stesso che frequentava anche il bambino caduto dal terrazzo del palazzo dove viveva.

Certo era una strana coincidenza anche se la cittadina disponeva solo di tre scuole medie non avendo molti residenti. Risultavano meno di ventimila abitanti all'ultimo rilevamento fatto dal comune.

Guardò per qualche secondo quel cartello con le frasi scritte e le firme dei ragazzi poi entrò nell'istituto.

«Buongiorno, sono l'ispettore Ricciardi» mostrando il tesserino al bidello all'ingresso «avrei bisogno di parlare con il preside»

«A proposito di cosa?» chiese l'uomo

«Della scomparsa di Amedeo Nutti»

L'uomo annuì «mi segua per favore» uscendo dal gabbiotto e avviandosi lungo il corridoio centrale, mentre i loro passi rimbombavano, in modo sinistro, tra le pareti vuote

Il preside era una persona distinta e ben vestita doveva avere circa sessant'anni anche se ne dimostrava decisamente molti meno, forse la frequentazione con i ragazzi aveva giovato anche a lui.

«Amedeo è uno studente molto diligente e frequenta la scuola con ottimi voti»

«Il giorno della scomparsa qualcuno lo ha visto?»

«Anche altri suoi colleghi ci hanno rivolto la medesima domanda. Sinceramente nessuno, né i professori, né i bidelli lo hanno visto quel giorno»

«Eppure la madre afferma di averlo lasciato a pochi metri dalla scuola»

«Non dubito delle parole della madre dico solo che il ragazzo quel giorno non è mai entrato in classe»

Massimo spostò lo sguardo alla libreria dietro le spalle dell'uomo, se doveva prendere per buona, e non aveva motivo di dubitarne, la versione della madre, il ragazzo era sparito tra il marciapiede e la scuola «siamo stati ragazzi anche noi» disse con voce gentile «sappiamo come vanno queste cose» sorrise leggermente riportando lo sguardo sull'uomo «era già successo in passato che il ragazzo saltasse le lezioni?»

«Era capitata qualche assenza, ma nella norma e comunque tutte giustificate dai genitori»

«Potrei avere l'elenco delle sue assenze?»

«Certamente, chiamo la mia segretaria e gliele faccio avere»

«Lei ha per caso notato qualcosa di strano nell'ultimo periodo?»

«Riguardante i ragazzi?»

«Sì»

«Sinceramente questo istituto ha molti studenti ed è per me difficile controllarli tutti però c'è una coincidenza strana che mi ha fatto notare l'altro giorno il professore di matematica»

Massimo si incuriosì «cosa?»

«Quel giorno insieme ad Amedeo altri due ragazzini saltarono le lezioni, e uno dei due era il povero Giuliano morto per disgrazia tre giorni dopo»

«Giuliano Manfredi era compagno di classe di Amedeo Nutti?»

«Sì, e i due erano anche molto amici»

Questa sì che era una coincidenza decisamente strana. Un ragazzo scomparso e il suo amico morto cadendo da un terrazzo

***

Giuliano spostò un grosso cartone ormai fradicio «quando arriva la primavera dobbiamo tornare a mettere a posto il rifugio» disse con un leggero affanno per lo sforzo fatto. La loro capanna era crollata sotto il peso della neve e della pioggia di un inverno decisamente rigido e che non accennava a migliorare almeno nell'immediato.

Anche Amedeo e Marco, posati gli zaini su un enorme masso lo aiutarono a liberare l'ingresso di quello che, nonostante tutto, restava il loro rifugio.

«Ci servono dei pezzi di legno» rispose Marco «il cartone non va bene»

Si conoscevano fin dai tempi dell'asilo, sia Marco che Giuliano vivevano soli con la madre. I genitori di Marco si erano separati l'estate precedente dopo un paio di anni di litigi furiosi che avevano lasciato in lui solo rabbia e dolore. Quel rifugio gli era servito nel corso degli anni per allontanarlo da tutta quella rabbia e dalla frustrazione di una casa piena di litigi e urla. Anche Giuliano era stato cresciuto dalla madre, il padre era morto quando lui era molto piccolo. Almeno questo era quello che gli aveva sempre detto sua madre e lui non aveva motivo di dubitarne. Ma anche per lui non era facile, una donna sola che deve crescere un figlio implica un enorme serie di rinunce, la sua era una vita di stenti dove alcune volte capitava che doveva prendersi cura di sua madre che spesso nei momenti di sconforto si lasciava andare attaccandosi alla bottiglia. L'unico dei tre che sembrava vivere una situazione famigliare "normale" era Amedeo. I suoi genitori erano sempre in sintonia, rare erano le discussioni in casa sua e spesso quelle poche che si creavano erano per colpa sua che litigava con sua sorella Paola di due anni più piccola. Anche per lui quel rifugio e la solidarietà creata con i suoi amici era una valvola di sfogo e di pace. Erano complici e ognuno di loro conosceva ogni segreto dell'altro.

«Abbiamo tutto l'inverno per cercare delle assi di legno e portarle qua» continuò Marco

«Possiamo cominciare subito» propose Amedeo «facciamo un giro nel bosco e se troviamo qualcosa lo portiamo al rifugio»

«Ottima idea, tanto abbiamo tutta la mattina» concordò Giuliano

© Dan Ruben

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