CAPITOLO VIII: LA CASA

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Arrivata a casa di Kevin, venni calorosamente accolta da una sudicia linguetta che degustava i miei nuovi anfibi: era il cagnolino del playboy (speravo non lo fosse anche la povera bestiolina), era un carlino francese nero di nome Timor. Mi sono sempre piaciuti gli animali e ne ho sempre voluto uno, perciò iniziai a coccolarlo e lo tenni tra le braccia per un bel po' di tempo.. giusto i minuti necessari per rendermi conto del reale motivo per il quale ero lì e tornare all'attuazione del "piano". Lasciai Timor, che corse velocemente verso la sua cuccia in legno bianco stile shabby , e mi recai con Kevin verso la sua stanza. Non mi ero ancora fermata nella contemplazione della casa poichè troppo impegnata nell'adulazione di quella pallina pelosa, ma non mi ci volle molto per rendermi conto della maestosità della hall e delle magnifiche scale che portavano al piano di sopra. Non era assolutamente come la ricordavo, erano stati sicuramente effettuati dei lavori e dei cambiamenti, ma nemmeno quello al momento era ciò che mi importava. Arrivati nella sua camera da letto (che era quasi più grande della mia intera casa),lasciammo distrattamente le nostre cose sul letto ed iniziammo la nostra esplorazione. Durante la "gita", sia io che il playboy restammo stupefatti nel vedere quante porticine e stanze segrete nascondeva la casa, cercammo invano di aprirle ma erano rigorosamente chiuse e il posto in cui si potevano trovare le chiavi era a noi sconosciuto. Probabilmente erano sparse per tutta la casa in qualche strano nascondiglio, o forse si trovavano proprio sotto i nostri occhi diligenti, che però non lo erano abbastanza da riuscire a  scovarle. Non sapendo più cosa fare o dove cercare, ci ritirammo in cucina (il mio posto preferito, che poi si rivelò anche il suo), e mangiammo un toast che, devo ammettere, era gustoso nonostante lo avesse fatto un ragazzo come lui. Si stava davvero rivelando diverso da come pensavo che fosse, ma non volevo lasciarmi subito abbindolare dalle sue strategie per conquistarmi (perchè si, stava spudoratamente cercando di farlo), perciò cercai di aspettare un altro po' e di reprimere l'interesse che stavo iniziando a provare per lui. Non mi era mai successo che mi piacesse qualcuno come lui: figlio di papà (ma non troppo), orgoglioso e pieno di sé (almeno per ciò che dava a vedere). Ero sicura che sotto quell'armatura da ragazzo forte ed egocentrico nascondeva un cuore morbido e leale; dovevo solo metterlo a suo agio e fargli sentire che di me poteva fidarsi. Dopo questi pensieri e congetture che mi vennero alla mente mentre degustavo il sandwich, vidi che si era fatta un'ora sconveniente per restare in giro (peggio ancora a casa di un ragazzo del quale mi stavo innamorando), quindi presi voracemente la mia roba ed uscii senza nemmeno salutare Kevin dall'imponente portone della sua casa, ignara di ciò che avrei trovato lungo la strada per tornare a casa.

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