CAPITOLO VII: NUOVE OCCASIONI

2 0 0
                                    

Kevin iniziò spavaldamente a parlarmi, senza nemmeno accorgersi che ero infastidita dalla sua presenza e cercavo in ogni modo di liquidarlo. Se ne accorse circa dopo dieci incessanti minuti e finalmente interruppe la sua stramba storiella del classico figlio di papà che ha sempre avuto tutto nella vita: soldi, apprezzamento, vestiti firmati, ragazze. Sicuramente l'unica cosa che gli mancava era una famiglia che lo amasse davvero, dal momento che ogni spostamento lo faceva a piedi, nonostante avrebbe potuto permettersi qualsiasi taxi o uber. Gli dissi quindi che non avevo voglia di ascoltarlo e che non mi piaceva socializzare molto, soprattutto con gente come lui, non era il tipo di amico al quale avrei detto tranquillamente i miei segreti e, tra l'altro, avevo un brutto presentimento riguardo la sua famiglia: non l'avevo mai visto con loro e non mi sembrava affatto un buon segno. Kevin mi disse che non bisogna mai giudicare un libro dalla copertina e mi invitò a fargli una qualunque domanda alla quale avrebbe dovuto rispondere così da guadagnarsi la mia fiducia. Stavo per mandarlo via dato che la mia fiducia non l'avrebbe di certo acquistata in quel modo, quando mi venne in mente la casa del sogno. Feci qualche riferimento,almeno per quanto potessi ricordare visto che ci ero andata quando ero davvero piccola, e gli chiesi se ne era a conoscenza o se sapesse, almeno, se era ancora abitata. Accennò un sorrisetto malvagio (odiavo il suo senso di superiorità), e mi disse che in quella casa lui ci abitava. Cercai di nascondere la contentezza e pensai che avrei dovuto diventare sua amica in modo da poter entrare in quella pseudo villa dell'orrore. Mi vide abbastanza presa dai miei pensieri e ,ovviamente, li interruppe bruscamente: prima emise un tono soave (fece un rutto disgustoso) e dopo mi chiese cosa mai avessi per la testa. Gli risposi spavaldamente che ero stata in quella casa molti anni prima e che avevo sentito di un "incidente" avvenuto lì. Il playboy non sembrò affatto turbato dalla mia confessione, ma mi disse che lui era arrivato da poco e non conosceva nulla che riguardasse la sua casa, né tanto meno la città; mi invitò quindi a casa sua e mi disse che avremmo potuto cercare insieme qualcosa che riguardasse questo fatidico "incidente". Mi sembrò strano all'inizio quell'invito, d'altronde ci conoscevamo (o meglio,mi stava parlando della sua vita) da meno di trenta minuti, non era un po' eccessivo passare alla fase successiva? Tra i mille pensieri mi venne in mente che potesse avere a che fare con il pazzo che aveva ucciso Alice (almeno credevo si chiamasse così), ma mi feci passare dalla mente qualsiasi strana concezione; avevo l'opportunità di avvicinarmi alla verità e non l'avrei di certo sprecata.

CIÒ CHE NON TI ASPETTIWhere stories live. Discover now