CAPITOLO IV: LA SCOPERTA

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Ciò che non avrei mai voluto e nemmeno lontanamente immaginato si celava nello sweet-place. Un telo, quasi completamente ricoperto di sangue e con dei taglietti qua e là; era trasandato e le parti non imbrattate di rosso erano di un giallo antiquato. Pensai che lì sotto poteva esserci qualche animale morto dal momento che mio padre andava spesso a caccia, perciò sollevai coraggiosamente il drappo e scoprì ciò che vi si celava: un corpo, abbastanza decomposto, probabilmente era passata una settimana da quando stava lì. Era verosimilmente una ragazza, sui vent'anni probabilmente, con degli occhi verdi ed una chioma rossastra, quasi quanto il sangue che, partendo dal petto, le attraversava il corpo e le tingeva i vestiti. All'epoca non capì di cosa si trattasse ed eliminai volontariamente quello strano episodio dalla mia mente. Per un po' la cosa funzionò, ma per nostra sfortuna la mente è qualcosa di indomabile ed imprevedibile, e non si lascia di certo dare ordini da una bambina che ha solo paura di affrontare la realtà. Non penso di aver mai rimosso o dimenticato quanto successo quel macabro e spaventoso giorno, ma volevo soltanto sbarazzarmi, nella maniera più semplice, di quel ricordo. Mi ero comportata da vigliacca, e ne avrei pagato le conseguenze. Perciò, dopo un bel po' di anni, l'accaduto ricominció a balenarmi in mente insieme ad altri strani pensieri. Avevo 14 anni, giusto qualche anno fa dato che ora ne ho ben 17, 18 tra cinque mesi per l'esattezza. Capí che dovevo risolvere l'enigma, scoprire i misteri che si nascondevano dietro quel corpo insanguinato, anche a costo di rimetterci la mia stessa pelle, beh forse non fino a questo punto, ma esigevo dei chiarimenti. Decisi di tornare nella botola, ingenuamente quasi sicura di ritrovare il corpo lì dov'era 9 anni prima. Mentre scendevo mi sembrava quasi di ripercorrere esattamente ciò che accade quel giorno, ma non mi lasciai intimidire e sorpassai con un balzo tutti e 5 gli scalini che portavano di sotto. Con mio grande scoforto appurai che il corpo non c'era più, era stato (sicuramente) portato via, ma in compenso aveva lasciato un segno della sua permanenza nello sweet-place; una grossa chiazza bordeaux sul pavimento in legno. C'erano anche evidenti segni che qualcuno aveva provato a pulire e lucidare la superficie, ma invano. Comunque, arrendermi non era (e non è) nelle mie corde, quindi iniziai a cercare qualche indizio che, seppur insignificante, avrebbe potuto aiutarmi a risolvere questo raccapricciante mistero. Cercai in ogni singolo scaffale, armadio, cassetto e portaoggetti che avrebbe potuto contenere qualche segnale o traccia da seguire. Mi accingevo a tornare nella mia camera infastidita per non essere riuscita a trovare nulla di compromettente che avrebbe potuto facilitare la situazione, quando vidi una cassaforte incastonata nel muro grigio e umido della cantina.

CIÒ CHE NON TI ASPETTIWhere stories live. Discover now