CAPITOLO V: TUTTO SVANITO

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Non credevo ai miei occhi, mi sentivo come Jack Sparrow dei Pirati dei Caraibi una volta trovato il suo tesoro; ma nulla era sicuro, stavo traendo conclusioni troppo frettolosamente. Innanzitutto, avrei prima dovuto trovare la password che mi avrebbe permesso di aprire il caveau. Dopo vari tentativi, riuscì a trovare la combinazione: essa corrispondeva alla data di nascita di mio padre. Lì per lì non ci diedi troppo peso, volevo solo scoprire cosa fosse nascosto lì dentro. Magia delle magie, nella cassetta di sicurezza c'erano dei documenti che appartenevano alla donna che si trovava nella cantina molti anni prima. Patente, carta d'identità, carta di credito, borsellino ed altri effetti personali tra cui un amuleto con una foto della sua famiglia: padre, madre, lei ed una sorella apparentemente più grande di lei. Girandola mi accorsi che sul dorso c'era scritta la residenza della famiglia, ma mancava la data in cui la foto era stata scattata. Poco importava, avevo ciò che mi serviva e potevo, in qualche modo che mi era ancora sconosciuto, andare lì e parlare con qualcuno (sempre che non fossero diventati dei vegetali o altro). L'indirizzo portava al 32 di Via Condotti, a Roma. Fortunatamente abitavi vicino alla grande città e spesso mi ci recavo con i miei genitori per fare delle compere, perciò in meno di una settimana mi ritrovai lungo la via sopracitata. Suonai a tutti i campanelli del palazzo, nessuno mi rispose (era orario di lavoro quindi plausibilmente la gente non era in casa). Arrivai al penultimo campanello, il quarto piano, e mi rispose un'anziana signora: Rossi Elisa, almeno così diceva l'etichetta del citofono. Presa dall'ansia, come mio solito, le spiegai del corpo della presunta figlia che avevo ritrovato 9 anni prima. Le parole si impastavano con la lingua e mentre cercavo di tirarne fuori qualcosa di buono, Elisa mi rispose che non aveva assolutamente nessuna figlia e mi invitò ad andarmene in una maniera alquanto aggressiva. "Bene", pensai tra me e me, "ho perso anche questa opportunità". Tornai sconsolata dai miei genitori che cercarono invano di carpire qualche informazione, ma mai, per nessun motivo, avrei svelato il mio piano (che in realtà non avevo) anche perchè era plausibile che loro c'entrassero qualcosa con questo polverone di misteri; dopotutto, il corpo si trovava nella cantina di casa mia. Tornata a casa, cercai in ogni scrigno della mia mente qualunque informazione nascosta o dimenticata, ma nulla. Vuoto totale. Mi sentivo persa ed ero ancora all'inizio della lunga salita che mi avrebbe portata a scoprire cosa ci celava dietro quel grande enigma. 

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