Prologo

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L'elicottero spuntò da dietro la collina tra nubi bianche che riempivano il cielo. Il pilota virò verso uno spazio aperto tra gli alberi innevati. Sotto di loro gruppi di uomini si muovevano frenetici come uno sciame di piccole formiche, sembravano indaffarate a cercare qualcosa. Dopo circa cinque minuti di volteggi, spostato dal forte vento che sferzava da nord, l'elicottero atterrò in quello spiazzo di neve ormai diventata una poltiglia grigiastra. La statale era lontana alcuni chilometri, l'avevano vista dall'alto prima dell'ultima virata. Quel luogo era irraggiungibile, solo una piccola stradina sterrata, ora ricoperta di neve e ghiaccio, arrivava fin lì. Un uomo vestito di nero e un agente in uniforme andarono ad accogliere il passeggero appena sceso dall'elicottero. Le eliche ancora giravano veloci e i tre, come a rispondere a un comando silenzioso, inclinarono leggermente la testa mentre si allontanavano dal velivolo.

«Benvenuto dottore» disse l'uomo vestito di nero appena il rumore delle eliche gli permise di parlare.

«Com'è la situazione?» chiese il medico rialzando la testa ormai fuori pericolo. Gli occhi attenti incorniciavano un viso dai lineamenti dolci sotto il cappuccio del giaccone imbottito. Il dottor Elisa Ricci aveva passato da poco i trenta anni, aveva superato a pieni voti l'esame di abilitazione e finito il corso di specializzazione di medicina legale da ormai tre anni. Era una professionista eccellente a detta degli investigatori con cui aveva lavorato, pignola e infaticabile a tal punto da non avere quasi più vita sociale al di fuori del lavoro che svolgeva. Le voci su di lei erano un susseguirsi di curiosità, qualcuno diceva che era una mangiatrice di uomini e per questo era sempre sola, o che era un'arrivista scontrosa ed introversa, ipotizzando tendenze sessuali trasgressive e particolari, ma tutte quelle voci servivano solo far accrescere quell'alone di mistero che la circondava. Il dato certo era che nei tre anni di incarichi ricevuti, Elisa Ricci aveva sempre risolto tutti i casi a lei assegnati, anche se questo sembrava essere decisamente quello che si prospettava più complicato di tutti.

L'agente continuò cercando di chiudersi il bavero della giacca «mi segua le spiegherò strada facendo» il gelo tagliava la carne come una lama affilata. Sbuffi di alito caldo trasformavano in nuvolette grigie ogni loro respiro.

Svoltarono per un piccolo sentiero appena arrivati agli alberi, inoltrandosi nel fitto della vegetazione mentre alle loro spalle il rumore dell'elicottero che riprendeva quota sovrastò ogni cosa.

«Non è stato semplice» disse l'agente «ma il gelo di questi giorni ha conservato praticamente intatta ogni cosa»

Elisa cercava di tenere il passo mentre si addentravano nella vegetazione sempre più fitta lungo un pendio. Solo poche ore prima era accanto al caminetto di casa dei suoi genitori per un paio di giorni di riposo. Rivide l'espressione contrita di suo padre quando l'avevano chiamata: "non puoi rinunciare?"

"No papà non posso"

"Ma sei in vacanza?"

"Per favore non insistere" E lui non aveva detto più nulla. Elisa in un certo senso capiva le preoccupazioni di suo padre e in parte le condivideva, nell'ultimo periodo la mole di lavoro svolto l'avevano davvero ridotta allo stremo. Ma non poteva rinunciare all'incarico, era la sua vita quella, era ciò che aveva sempre sognato di fare.

«Siamo quasi arrivati» disse l'agente con un leggero affanno riportandola al presente.

Elisa notò che i pantaloni dell'uomo che camminava davanti a lei erano bagnati fino quasi al ginocchio segno che aveva percorso quel tragitto molte volte in quelle ore.

«È stato tutto per merito di un agente della forestale mentre faceva un sopraluogo nel bosco con il suo cane» la voce dell'uomo davanti a lei le arrivava spinta dal vento che le gelava il volto.

«Il cane» continuò l'agente «senza nessun motivo ha iniziato a scavare, probabilmente incuriosito da qualche odore particolare» svoltò dietro una piccola collina innevata «e ha portato alla luce il tutto» si fermò improvvisamente girandosi verso il medico «eccoci» indicando davanti a lui.

Elisa alzò lo sguardo nella direzione indicata dall'uomo. Tutta l'area era presidiata e transennata con il nastro bianco e rosso che ne delimitava l'accesso. I necrofori vestiti di bianco stavano procedendo ai rilievi scavando chini la terra indurita dal gelo intorno a uno dei sei fossi che vedeva. Poco distante una piccola pala meccanica stava iniziando un altro scavo. Elisa affiancò l'agente «da quanto tempo siete qui?»

«Dalla tarda mattinata» rispose l'agente «abbiamo fatto tutto secondo la procedura, ma quando pensavamo di aver finito, a qualcuno è venuto in mente di scavare ancora e...»

Elisa lo guardò attendendo.

«E sbuca fuori il secondo» abbassò gli occhi infastidito e confuso «e così abbiamo continuato» deglutì con fatica tremando leggermente «sei» disse alla fine «sei resti umani, la gran parte in avanzato stato di decomposizione»

Elisa rialzò lo sguardo sulla scena che aveva davanti mentre i riflettori si accesero in contemporanea a illuminare la zona. Il sole stava per calare.

«E...» l'agente sembrava non riuscire a continuare.

«Cosa?» chiese con voce gentile Elisa, voltandosi verso l'uomo intuendone lo stato d'animo.

L'agente si passò una mano sul volto come a voler cancellare le immagini che aveva visto solo poche ore prima, poi scosse la testa con un senso di frustrazione «e... sono tutti bambini» buttò fuori all'improvviso.

«Bambini?» Elisa sgranò gli occhi sentendo una scossa di gelo serpeggiarle lungo la schiena.

L'agente mosse la testa in senso affermativo «tutti sotto i tredici anni sembrerebbe»

Elisa alzò gli occhi al cielo, "bambini" pensò con una forte sensazione di rabbia che le invadeva il petto. Sarebbero state altre lunghe notti insonni si disse percorrendo gli ultimi metri che la separavano da quel cimitero di morte e dolore, sapendo benissimo che tutto quello che avrebbe visto non lo avrebbe più dimenticato.

© Dan Ruben

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