CAPITOLO 17

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- Natalie...Natalie! -

È ancora tutto buio e mi sembra di fluttuare nel nulla. Sento in lontananza delle voci che mi arrivano alle orecchie, ovattate, mi sforzo, ma non riesco a cogliere cosa dicono. Non capisco.

Le sento ancora ed ancora, provo a parlare a spiegare che non riesco a capire, ma la mia voce non viene fuori, non risponde ai miei comandi. Mi sento come se non avessi più un corpo, come se fossi un'esistenza eterea.

Le voci aumentano, anche se sono distanti capisco che qualcosa non va, c'è molto fermento e fracasso. Inizio ad avere paura, sarò al sicuro? Chi c'è qui con me? E se fosse lui?

Vorrei gridare, mi sento chiusa in gabbia, in trappola, mi manca l'aria. Vorrei poter sfogare quest'ansia e paura che avverto, piangere, urlare, scappare, ma mi è impossibile.

Poi la sento. E tutto sembra tornare al suo posto. Qualcuno mi ha appoggiato una mano sulla spalla e mi sta sussurrando qualcosa, non so chi sia, ma il suo tocco e la sua presenza sono confortanti e rassicuranti. Adesso che sento di nuovo me stessa, la testa mi scoppia e mi sento debole. Se ci fosse lui qui con me, non avrei alcuna speranza.

Sospiro. Non so se davvero o solo mentalmente.

Mi arrendo all'idea che l'unico modo per scoprire cosa succede è aprire gli occhi. Non vorrei, lo ammetto, ho il terrore di scoprire cosa è celato dietro le mie palpebre, ma non c'è altra soluzione. Con un immenso sforzo, obbligo i miei occhi ad aprirsi, all'inizio continuo a vedere solo buio, poi piano piano la luce, delle ombre e alla fine riesco a mettere a fuoco ciò che mi circonda. La stanza dove mi ero nascosta è piena di poliziotti, entrano ed escono, parlano, sono tantissimi.

Cosa ci fanno qui? Chi li ha chiamati?

Poi il mio sguardo si posa su di lui, sui suoi occhi. Un mare in tempesta, una serie emozioni che mi entrano dentro e mi rapiscono, è impossibile non farsi attrarre. Non posso che guardalo e ammirarlo, non mi stancherei mai.

- Sieg - è qui, è venuto per me, non ci posso credere. Dopo quello che gli ho detto, dopo come l'ho trattato, dopo avergli detto di no, che non mi fidavo. Lui è qui.

- Natalie! Meno male! Ero così preoccupato per te - e mi si getta addosso e mi abbraccia. Lo sento tremare, che fosse veramente così preoccupato come dice?

- Mi dispiace... - lo sussurro, non so nemmeno se mi abbia sentito, ma non saprei che altro dire.

- No assolutamente, non devi. La colpa non è tua, è mia. Sapevo che lui era in libertà, non mi sarei dovuto allontanare e lasciarti da sola. - mi guarda dritto negli occhi mentre lo dice, è sincero e io sono stupita.

Lui non c'entra niente, come può essere colpa sua? L'incosciente sono stata io, pensavo di essere tanto furba, che lo avrei evitato, che sarei scappata e invece mi sono messa in pericolo inutilmente. Sieg mi aiuta a rialzarmi e mi sorregge, prende una coperta dalle mani di un agente di polizia e me la mette sulle spalle.

- Come ti senti? -

- Un pò debole e confusa - ora che l'adrenalina non mi scorre più nelle vene, mi ha lasciata stanca e spossata. La paura da cui ero assalita ha confuso ancora di più i pezzi sparsi del puzzle che è la mia mente.

- Fuori ci sono i paramedici, se vuoi possiamo farti visitare. Puoi stare tranquilla, puoi fidarti di loro, tuo padre è stato arrestato, sei al sicuro adesso. - mi rassicura, mentre mi accompagna verso l'esterno dell'aeroporto, insieme a due poliziotti. A quanto pare sono la mia scorta.

- Mi sento al sicuro, grazie a te...ora che sei qui - mi fermo e lo fisso negli occhi. Non so cosa mi passi per la mente, ma mi interessa poco. Non riesco a mettere insieme le idee in modo chiaro, voglio solo che lui sappia quanto gli sono grata e quanto la sua presenza sia importante per me.

The Darkness of LifeWhere stories live. Discover now