54. Ridere

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Charles

Però tu fammi una promessa
Che un giorno quando sarai vecchia
Racconterai a qualcuno cosa siamo stati noi
Le cene da tua mamma
La nostra prima canna
La carbonara a Londra quando c'han messo la panna
I tuoi occhi i tuoi nei
Che non sono più i miei
Ma alla fine di tutto io ti giuro che lo rifarei

Sento la musica rimbombare poco distante da dove mi trovo io, o adesso o mai più? Mi faccio coraggio e mi avvicino al bar dove la vedo seduta, è così bella da far male, è perfetta. Mi schiarisco la voce attirando la sua attenzione, ha gli occhi lucidi ma un sorriso stampato sul viso "Ehy" Sussurro con la voce che mi muore in gola "Ehy" Risponde mordendosi il labbro inferiore e mandandomi fuori di testa così, con un dannato semplicissimo gesto "Perchè?" Mi chiede invitandomi a sedere ma non riesco a muovere un muscolo "Perchè ti amo" penso, ma non lo dico, non so nemmeno io perché non lo dico maledetto me!
"Boh" Mi stringo nelle spalle non facendo uscire nient'altro dalla mia bocca e lei distoglie lo sguardo, scappando un pò da me. "La canzone l'hai azzeccata però" Riprende Irene il discorso asciugandosi le ultime lacrime posatele sul viso "Oh beh non avevo dubbi, ad essere sincero" L'imbarazzo è tangibile, non riusciamo ad incrociare lo sguardo, arrossiamo, sorridiamo quando probabilmente vorremmo solo piangere poi lei fa la cosa peggiore, la peggiore di tutte "Allora, sei pronto per i test?" Ecco, in questo istante il mondo mi cade addosso, crolla tutto ed io mi sento solo un pilota, uno dei tanti, uno che per lei non conta nulla...insomma un Lewis Hamilton qualsiasi. "Prontissimo, non vedo l'ora di salire sulla SF1000! E voi come ve la cavate in McLaren?" "Siamo molto fiduciosi, la macchina sembra una bomba" Metto le mani in tasca per non torturarmele e annuisco debolmente "Sono sicuro lo sia, con un'ingegnere come te" Lei arrossisce e si sposta una ciocca di capelli dietro le orecchie, guardando poi il telefono con l'ora "Penso sia ora che andiamo" Si alza lasciando i soldi sul piccolo tavolino, afferra il CD lasciatole poco fa dal cameriere e la valigia avviandosi verso l'uscita e facendomi segno di seguirla, io senza indugio lo faccio.

Irene

"Pensavo facesse più caldo" Cambio per la centesima volta discorso, quasi con il timore di far calare il silenzio tra di noi "Non mi sembri vestita molto" Scherza lui fermandosi e porgendomi la sua giacca di jeans nera "È nuova?" Chiedo ringraziandolo e posandomela sulle spalle, ha il suo profumo, quanto mi era mancato "Oh si è un regalo di-" Si interrompe facendomi capire perfettamente quale sia il nome mancante "Charlotte?" Gli sorrido e il suo viso diventa di un color pomodoro esilarante facendomi inevitabilmente scoppiare in una sana risata che smorza quella situazione "Già...E quel trolley?" Mi chiede e io annuisco continuando a ridere "Nicholas" Diciamo in coro prima di zittirci ed uscire al freddo della serata spagnola.
Entrambi chiamiamo un taxi differente esitando un pò quando si tratta di salutarci "Grazie ancora del CD, della giacca e del fiore" Scuote la testa guardandomi di sfuggita "Il minimo" Mentre i suoi occhi sembrano voler scappare i miei si incatenano sempre di più a lui, come se fosse una calamita oppure la cosa più bella del mondo.
"Signorina!" Ci giriamo entrambi vedendo il mio taxista che mi chiama pronto a partire "Devo andare" Sussurro sperando, forse, che non mi senta "Anche io" Risponde sorridendomi con quelle sue leggere fossette e quei suoi occhi che, per la prima volta da mesi, mi sembrano brillare nuovamente, sarà la luna piena oppure la luce diversa sotto cui lo osservo io.

Mi giro di scatto mordendomi la lingua per non parlare ancora, salgo in macchina e mi sforzo immensamente per non tornare a guardarlo, mi poso al finestrino e sento il cuore battermi così forte nel petto, è tutto così naturale e così magico. Penso siano le famose farfalle nello stomaco, un pò come la prima sera che l'ho visto anche se ad oggi, conoscendolo in ogni sfaccettatura, è mille volte più bello.

Irene /Charles Leclerc/Where stories live. Discover now