47-La mia storia

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«Jungkook?» chiedo, sottovoce.

«Sto bene.» esclama, deciso, stringendo la mascella.

«Questa era casa tua? Cioè, dove hai vissuto con i tuoi—» tento di dire ma mi blocca nell'immediato.

«...Con le persone che mi hanno messo al mondo. Non per forza devono essere chiamati "genitori".» sbotta, assottigliando le palpebre.

Mordo con forza il mio labbro inferiore ed annuisco leggermente.

«Siamo qui per parlare di te, però. — si volta nella mia direzione, forzando un sorriso — Raccontami la tua vita, Kim Taehyung.» 

Mi siedo a terra, incurante di tutto e apro la bocca, iniziando a parlare. Gli racconto tutto, mentre lui ascolta. Gli racconto di come ho sempre voluto più bene a mio padre che a mia madre, di come lui abbia aiutato tantissime persone, di come sia stato messo in carcere ingiustamente e di come la mia quotidianità sia cambiata per quest'orribile avvenimento, aggiungendo i miei non-proprio-gioiosi incontri con i fratelli Choi e la loro banda.

Gli narro la mia storia, senza tralasciare nulla. Voglio che sappia tutto, di me, e sento di potermi fidare completamente. 

A metà del racconto, mi ha afferrato la mano, sostenendomi e rassicurandomi maggiormente. 

Finisco, col fiatone, e sospiro, abbassando la testa. «Scusa se ho parlato così tanto.»

«Ehi, di che ti scusi? — mi alza il capo, sorridendo — L'ho chiesto io. Dopo tutto quello che mi hai raccontato, mi sento ancora più vicino a te.» ed è la stessa cosa per me.

Porto le braccia attorno al suo collo, inspirando il buon profumo che emana e rilassandomi, finalmente.

«Jungkook...» lo richiamo, socchiudendo gli occhi quando sento le sue mani passare su e giù per la mia schiena.

«Mh?»

«Credo sia arrivato il momento di fare quel passo, no?» continuo, senza staccarmi.

Annuisce, stringendomi più forte. «Hai proprio ragione. Allora, Kim Taehyung, vuoi essere il mio fidanzato oppure devo aspettare ancora ed ancora?»

Ridacchio, colpendolo leggermente su una spalla. «Direi che si può fare.»

«"Si può fare".» mi scimmiotta, scoppiando a ridere poco dopo.

«Sei un idiota!» lo sgrido, divertito dal suo comportamento infantile.

Con tutti gli altri, si mostra sempre un duro inscalfibile, solo con me riesce a mostrare il suo vero io. E mi piace, mi piace sempre e comunque.

Allontano il viso dalla sua spalla, rimanendo comunque a cavalcioni sul suo corpo, seduto per terra. Mi scruta, inclinando la testa verso destra e con le sopracciglia aggrottate. Sposta le mani sui miei fianchi per tenermi stretto.

«Lo sai che mi piaci?» sussurro, avvicinando il mio naso al suo e facendoli scontrare delicatamente.

«Uhm, no, non ne ero a conoscenza, grazie per l'informazione. — sorride, muovendo leggermente la testa per far sfiorare le punte — E tu lo sai che mi piaci?»

«Uhm, no, non ne ero a conoscenza, grazie per l'informazione.» rispondo, ripetendo la sua frase.

Continuiamo a sorriderci per un tempo indeterminato, parendo quasi degli idioti — o forse, lo siamo davvero — poi allunga il collo e mi bacia dolcemente.

Nonostante adori questo scambio così tenero, decido di fare un ulteriore aggiunta a quella che può essere, finalmente, chiamata la nostra relazione.

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