10. -Un litigio con i fiocchi

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Tiro sul tavolo quei libri creando nella stanza dei fastidiosi e rumorosi suoni.
Oggi è il terzo giorno che sto a casa senza andare a scuola, annoiandomi e infilandomi nei panni di una professoressa di poca esperienza per colpa di quel coglione di Alan.

Il modo freddo e incurante con cui mi ha tratta dopo quel bacio è stato così brutto da parte sua.
Non me lo sarei mai aspettata, aveva capito che fossi stata io, ma ha optato per buttare un nome a caso.

Mangio una mela velocemente e divorandola sul posto, per colpa del nervosismo che mi causa lui!
Non capisco perché con poco Alan riesca a farmi provare tutte le emozioni.

Il rapporto non è mai stato dei migliori con lui, dal momento che molte volte non da ascolto ai miei consigli e in molteplici casi studia solo se scendiamo con patti stupidi e da bambini. Proprio quello che è lui. Un bimbo capriccioso e viziato.

Bussano alla porta.
"Mamma vado a studiare in camera." Dico, lei annuisce mi guarda accigliata come per sapere qualcosa.
Faccio spallucce e getto il pezzo rimasto della mela dentro l'immondizia.

Apro e come già immaginavo dietro la porta ce lui.
Salgo di sopra senza rivolgergli un serio sguardo mentre lui saluta mia madre e poi continua a seguirmi.

"Facciamo matematica e chimica. Per oggi abbiamo finito." Afferro i libri e glieli passo con un movimento violento.

Lui rimane fermo a fissarmi con uno sguardo confuso che cerca spiegazioni al mio comportamento così furente.
Come se chiederlo fosse qualcosa di così complicato.

"Non possiamo fare altre materie?" Chiede, sedendosi di fianco a me, il suo tono è calmo e pacato, al contrario del mio, che potrei essere sul punto di sbraitare contro chiunque.

"No. Queste vanno benissimo." Lui sta zitto e bassa il capo.
Apre la pagine da studiare senza chiedere nulla e ne tantomeno interessarsi a me.
Lo osservo mentre apre il libro, ma prende la pagina sbagliata.

"Non è la pagine giusta." Gli strattono il libro dalle mani e senza neanche consultare il diario, apro il libro nella pagina giusta.

"Mi spieghi adesso che ti prende?"

"Mi chiedi anche che mi prende. Dopo averti baciato sei stato tutta la sera con altre ragazze a spassartela e ad ignorarmi completamente!" Quasi urlo alzandomi dalla sedia.

"Non posso stare con nessuno?"

"Non ho detto questo! Puoi stare con chi cazzo ti pare, Alan. Ma nonostante i miei aiuti, perché ne hai severamente bisogno, tu mi ricambi ignorandomi."

"Cosa ti fa pensare che io abbia bisogno di un aiuto, Nicolaya?" Si alza anche lui e mi risponde a tono.
Non aveva alzato la voce con me fino ad adesso e riesco a capire la sua ira dal momento in cui la vena dalla parte destra del suo collo diventa visibile agli occhi di chiunque.

"Sei il ragazzo che ha un ira repressa e che non si sfoga mai con nessuno. Non dice nulla di se e tiene solo ad una persona. Sei bipolare e non riesci mai a pensare cose positive. Non riesci a studiare per il semplice fatto che hai mille casini in testa, questo non ti permette di concentrarti." Dico senza pensarci un attimo su.
I miei pensieri saranno pure affrettati, ma non ci vuole un genio per capire quanto lui abbia bisogno di qualcuno che gli stia sempre al fianco.

"Io non ho bisogno di nessuno, Nicolaya. Ne di te ne di chiunque altro, riesco a badare a me stesso." Dice con tono fermo cercando di mantenere la calma.

"No! Basta guardarti adesso per capire che hai bisogno di parlare con qualcuno.
Riesci a mantenere la calma solo perché, molto probabilmente, usi un altro metodo di sfogo che non fa altro che peggiorare le cose." Mi avvicino a lui e cerco di accarezzargli la guancia, che sembra morbida solo a guardarla.

"Io sto bene così."
"Si, stai talmente bene che non trovi neanche un momento per mangiare." Dico, sembrando che questa frase sia più un insulto o una presa per il culo.
Ma è solamente una dimostrazione concreta della realtà dei fatti.

Scosta la mia mano e chiude gli occhi, cacciando un lungo sospiro.
"Sei così rabbioso." Dico, a quella parola lui lascia la mia mano e resta impassibile.
Lo fisso negli occhi, che in questo momento giocano con la luce del sole.

"Parla con me." Sussurro vicino al suo volto.
Senza rendermene conto i nostri nasi sono abbastanza vicini da essere sul punto di sfiorarsi.
"Smettila di starmi vicina."
"No. Ci sono già troppo dentro."

"Lo fai solo perché ce tutto questo di mezzo." Indica i libri e poi apre bocca per continuare a parlare. "Non ti saresti mai azzardata a parlare o aiutare un ragazzo come me." Si passa una lingua fra le labbra e inizia a fissarmi con quei suoi occhi castani.

"Non importa. Avrei potuto non fare nulla anche dopo averti conosciuto senza un'ambiente scolastico di mezzo, Alan." Schiudo le labbra e fisso le sue.

"Dobbiamo smetterla, Nicolaya. Se stai con me, attraverserai così tanti casini che perderai il conto. Allontanati da me." La sua tranquillità, come sempre, è presente senza dare spazio a delle urla di sfogo, che prima o poi farò uscire io.
Lui ha bisogno di qualcuno che lo sostenga in qualsiasi momento.

"Allontanati. Fallo." I suoi occhi e i movimenti delle sue labbra mi ipnotizzano così tanto da riuscire a farmi entrare in uno stato di trance.

A interrompere tutto è mia madre che sale portandoci qualcosa da mangiare.
Lui si allontana e io fingo che non sia successo nulla, afferrando quel vassoio e chiudendo la porta.

"Ti conosco da poco tempo e mi hai fatto incazzare più di mia madre e tutti i miei amici messi assieme." Dico con sono serio e fermo.
"Nessuno ti obbliga a starmi vicina, possiamo interrompere queste sottospecie di lezioni quando vogliamo. E credo sia giunto il momento."

The change [COMPLETA] ||Geôlier.Where stories live. Discover now