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La risata continuava a rimbombare nelle orecchie del ragazzo che, in quel momento, non faceva altro che guardarsi attorno: era sempre stata così buia quella stanza?

Sempre così silenziosa?

Sempre così inquietante?

Il silenzio sembrava stringergli il cuore, nel mentre le sue orecchie tentavano di catturare anche il più piccolo suono, che, però, sembrava non arrivare mai.

I suoi occhi cambiavano di volta in volta l'oggetto delle sue attenzioni, cercando un qualcosa di sicuro, che avrebbe potuto tranquillizzarlo.

Ma niente: le orecchie sembrava che volessero trovare e attribuire qualsiasi suono a quell'essere che aveva riso.

Gli tremavano le mani, le gambe, il cuore gli doleva, e, se doveva essere sincero, non riusciva proprio a capire come qualcuno potesse addormentarsi in un gioco del genere.

Che poi, lui non ci credeva neanche in queste cose mistiche: non credeva che potessero esistere spettri oppure vampiri e i lupi mannari, per non parlare dei demoni.

Gli altri rimanevano in silenzio, proprio come il gioco richiedeva, ma in quel momento, Kevin, desiderava solo che qualcuno parlasse, aprisse bocca e lo tranquillizzasse.

Si sentiva una preda: magari una di quelle gazzelle che non facevano altro che rimanere rigide e attente ad ogni suono, come se un leone o un ghepardo potessero saltarle al collo da un momento all'altro.

Ci fu un tonfo.

Lui saltò in aria, sigillando però le labbra per non far uscire niente da esse, e spostó lo sguardo nell'angolo buio nel quale aveva sentito quel rumore.

C'era qualcosa, nell'ombra.

Sebbene l'oscurità celasse la figura, quel qualcosa sembrava lo stesse osservando.

I suoi occhi erano taglienti, come se volessero squarciarlo a metà.

Si sentiva un pezzo di carne.

Le gambe tremarono più forte.

Il cuore pulsava in lui.

Che diavolo stava succedendo?

Non riusciva a vedere la figura.

Non sapeva cosa fosse.

Non sapeva cosa dovesse fare.

Non sapeva come doveva comportarsi.

L'ignoto lo terrorizzava più di quanto potesse farlo una bestia selvaggia.

E la cosa che più lo preoccupava era sicuramente che nessuno, apparte lui, sembrava averla notata.

Tutti gli altri rimanevano fermi e stavano tremando per conto loro.

Ma lui non riusciva a spostare lo sguardo.

Lo attirava come una calamita?

No.

Aveva paura che, se lo avesse spostato, l'essere si sarebbe scaraventato su di lui.

Non si azzardava a fare neanche un passo, in nessuna direzione: lì sembrava che fosse  tutto ok, perchè doveva spostarsi?

Il marrone era fisso nel nero delle tenebre.

Poi, incroció del rosso.

Occhio.

Un'occhio.

Un'occhio lo stava guardando.

L'iride dal colore purpureo era fissa nelle proprie.

The Game of SilenceWhere stories live. Discover now