Kevin osservava spiazzato la bottiglia che poco prima lo aveva puntato, quindi scelto in poche parole, che ora puntava contro ogni sua aspettativa, Jonathan.
Jonathan, quel ragazzo che lo prendeva in giro da quando, circa, aveva iniziato la scuola; quel ragazzo che era capace di farlo incavolare così tanto da rischiare un qualsiasi tipo di coma e cicatrice da parte del biondino; quel ragazzo che, ogni volta che si avvicinava a Clio, la ragazza corvina dal cuore di ghiaccio, gli faceva nascere un dolore al cuore assurdo.
Il biondo aveva accettato di giocare al fantomatico gioco della bottiglia così da poter, magari, baciare la ragazza per la quale aveva una cotta assurda, o, almeno, così pensava lui; invece, eccolo arrossire come un'adolescente stupido nel mentre tentava di opporsi a quell'obbligo velato.
«Io non lo faccio neanche morto» affermò lui, puntando i suoi occhi color cioccolato in quelli dell'amica Ginger, che rideva sotto i baffi, coprendosi la bocca con una delle piccole mani.
L'oscurità della stanza era un silenzioso spettatore, presente in quella vicenda a dir poco esilarante che nulla aveva a che fare con le scene di terrore che avrebbero visto i ragazzi, comparse di quel gioco malato, che faceva diventare il sangue il vero protagonista della storia.
Qualcuno rideva nel silenzio, consapevole che il destino aveva messo quel divertimento nella sua, ormai, eternità monotona.
«Ma è il gioco, Kev» rispose la corvina, mostrando un sorrisetto divertito e un sopracciglio alzato, che aumentò semplicemente l'irarità della migliore amica dello "sfortunato", nel mentre il ragazzo con i capelli ricci e dal colore della pece non si pronunciava.
«Non mi interessa?» ribattè lui, ironico, incrociando le braccia al petto sotto lo sguardo del quadro del proprio bisnonno, che era appeso poco più in là: dato che non era bel tempo, per il suo compleanno, gli aveva lasciato la villetta libera e, sebbene essa fosse inquietante, gli aveva permesso di ospitare i suoi migliori amici.
«Non fare il rompiscatole» lo bloccò Ginger, spostando una ciocca dei propri capelli rossi dietro l'orecchio, per poi puntare i propri occhi azzurri divertiti in quelli scuri di Kevin, che tentava, molto probabilmente, di incenerirla con lo sguardo.
In quel momento, il silenzio prese possesso della scena, abbracciando i quattro e lasciando, però, continuare quel gioco di sguardi a dir poco distruttivo, ma anche divertente.
C'era gioia, allegria nei loro occhi, c'era felicità che colorava le loro iridi, come dei colori a pastello coloravano dei disegni fatti da bambini o da artisti.
Nonostante la situazione imbarazzante, sembravano stare bene tra di loro, sembravano divertirsi insieme.
Sembravano un vero e proprio gruppo di amici.
«Sentite, ho capito.» sbuffò Jonathan, scuotendo la propria testa e alzandosi, con un piccolo sorrisetto sulle labbra, per poi avvicinarsi all'altro sotto gli occhi divertiti delle due ragazze.
Passo dopo passo, Kevin iniziò a lasciar libere le domande che premevano per uscire ed infestare il suo cervello, nel mentre il sangue iniziava ad affluire sulle sue guance e il panico prendeva possesso del suo corpo: che diavolo pensava di fare quel deficente?
Cosa aveva nella sua testa al posto del cervello?
Quando si mise in ginocchio davanti a lui, faccia a faccia, naso contro naso, il biondo tentò di aprire bocca per dirgli qualcosa e, magari, farlo rinvenire, quando però i suoi occhi si unirono in quelli del corvino: ed ecco che il verde prato invase il cioccolato del diciassettenne, prendendone e rubandogli il respiro.
Sentì le guance diventare fuoco, una sensazione di imbarazzo unirsi e andare a braccetto con la paura, per poi proseguire dentro di lui.
Che diavolo stava succedendo?
Ma, quando stava per spostare la testa, riuscendo a sopraffare per un secondo la bellezza di quelle iridi, ecco che le sue labbra sottili e rosee si scontrarono con quelle morbide e voraci dell'altro: sebbene il bacio non durò neanche un minuto, anzi, fu semplicemente un bacio a stampo, degli elefanti decisero di risvegliarsi nello stomaco di Kevin.
Esso era a dir poco in subbuglio: sembrava attraversato da una mandria impazzita e, il suo cervello, non faceva altro che urlargli quanto fosse sbagliato tutto ciò.
Quindi, preso un po' dall'imbarazzo e sconvolto da quelle sensazioni, decise di tirare una piccola sberla sulla testa del ragazzo, facendo scoppiare la risata di Ginger e facendo ridere sotto i baffi Clio.
«Dai, non è stato tanto male, no?» fece Jonathan guardando il biondo con un sopracciglio alzato e un sorriso che stirava le labbra di lui.
«Scappa, e, se ti prendo, sei un'uomo morto.» ringhiò a denti stretti il ragazzo dagli occhi castani, iniziando ad alzarsi ed osservando l'altro scappare uscendo dalla stanza a tutta velocità, con il rumore dei suoi passi sul legno dell'enorme casa che si univa alle risate delle ragazze e ai passi del biondo il quale, sebbene non l'avrebbe mai ammesso, si stava divertendo.
Sì, sembrava proprio un bel compleanno.
Poi, l'asse rotta si alzò e mostrò quel gioco.
La rovina della loro vita.

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The Game of Silence
HorrorQuattro ragazzi si ritrovano una sera nella grande casa del nonno di Kevin, uno di essi. Tra battute, risate e, specialmente, grazie ad un piccolo incidente, scoprono, sotto un'asse rovinata, una piccola scatola con dei fogli. Quei fogli saranno l'...