10. Imparando che va bene

109 14 3
                                    


I giorni passarono, lentamente mi stavo convincendo che le cose sarebbero migliorate, mi ero resa conto che provare dolore faceva anche parte del processo di guarigione, dunque avevo tutto il diritto di piangere, era giusto che mi lasciassi andare. Ammisi di aver bisogno della mia famiglia, del loro conforto, delle carezze di Anna e di mio padre, dei baci di Nicolas e delle coccole della nonna durante la notte, quando non riuscivo a dormire.

Qualche giorno dopo la mia infruttuosa visita ad Ethan, siccome Lian non mi aveva ancora né scritto né chiamata, decisi di farmi avanti e di scusarmi per l'episodio in biblioteca.

Mentre ripensavo al nostro incontro, mi ricordai che lui aveva accennato qualcosa rispetto a una cartella che doveva lasciare o forse prendere... tuttavia, ciò che mi interessava era che aveva fatto il nome del dipartimento di oftalmologia pediatrica.

Quando finii il turno, dopo essermi cambiata, truccata leggermente e aver messo dei vestiti che mi facessero sembrare più donna, al posto delle solite tende da circo che dovevo indossare al lavoro, mi diressi verso il reparto pediatrico dell'ospedale. Fuori soffiava un vento fortissimo, il cielo plumbeo lasciava presagire l'arrivo di una tempesta. Verso la fine della primavera gli acquazzoni arrivavano impietosi, e se fossi uscita in quel momento avrei corso il rischio di arrivare a casa completamente bagnata, perciò tanto valeva rimanere ancora un po' all'interno dell'ospedale.

Seguendo le indicazioni, percorsi i vari corridoi che mi avrebbero condotta a pediatria. Lian mi era parsa subito una persona adatta a lavorare con i bambini, durante il nostro incontro in biblioteca, aveva menzionato solo l'oftalmologia pediatrica, quindi diedi per scontato che lavorasse in pediatria e non nel reparto di oftalmologia che si trova nello stesso fabbricato solo qualche piano più in alto.

Uscii dall'ascensore insieme a una coppia, i due genitori tenevano in braccio dei gemellini appena nati. Rimasi incantata a guardare come si somigliassero, solo i vestitini, uno rosa e uno azzurro chiaro, li distinguevano. Aspettai fino a quando l'infermiera non li ricevette e li fece accomodare nella sala di attesa in fondo al corridoio. Per fortuna a ricevere me fu una collega che aveva più o meno la mia età, mi sentivo più a mio agio a parlare con lei, che dover spiegare a un'infermiera più anziana il motivo della mia visita. La riconobbi subito, nello spogliatoio il suo armadietto si trovava nella mia stessa corsia. Anche lei mi riconobbe immediatamente, e mi venne incontro con un caloroso sorriso che bastò a tranquillizzarmi. Le chiesi di Lian dicendole anche il cognome, non dovetti nemmeno descriverlo, se lo ricordò immediatamente.

«Ah sì, il dottor Klark l'oftalmologo, lo conosciamo tutti...» Il suo viso addirittura si tinse di un lieve rossore mentre si guardava attorno prima di aggiungere: «non hai idea di quante colleghe avrebbero voluto portare degli occhiali.» Ridemmo insieme della sua battuta, rimasi ancora qualche minuto ad ascoltarla parlare di lui, ma quando arrivò una madre con un bambino che piangeva, ne approfittai per salutarla e allontanarmi.

Non ero mai stata in quella parte dell'ospedale. Il reparto dove Lian lavorava occupava un intero piano e l'incessante andirivieni di persone chiamò la mia attenzione. Era come se mi trovassi nel reparto in cui lavoravo, il pronto soccorso, ma allo stesso tempo era più tranquillo e organizzato. Mentre aspettavo che una delle due infermiere dell'accettazione si liberasse per poter chiedere di lui, una porta in fondo al corridoio si aprì e ne uscì una signora molto anziana. La sua postura, la lentezza con cui camminava, mi fecero pensare che dovesse avere circa ottant'anni. Appena varcò la porta, notai che il braccio che utilizzava come appoggio per camminare era proprio quello di Lian. Lentamente la condusse nella direzione in cui mi trovavo, non notò nemmeno la mia presenza, era intento ad ascoltare quello che l'anziana signora gli stava dicendo. Doveva incurvare la schiena per poterla udire, attraverso l'espressione del suo viso non vidi altro che tenerezza e calore umano. Mano a mano che si avvicinavano ringraziai l'infermiera che si era liberata, spiegandole di aver appena trovato la persona che stavo cercando.

Il confine dell'amore - Un Romanzo bestseller New AdultWhere stories live. Discover now