11. Sabine...

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Qualche mese prima

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Qualche mese prima...

«Dai Sabine, se vuoi andare via dovrai guidare tu quella cazzo di macchina. Sai che io non posso farlo...» poi la bugia scivolò liscia come l'olio... «ho bevuto troppo.»

Guardai mia cugina, la mia pazienza era al limite. Più di una volta, durante la serata, mi ero domandato perché non l'avessi lasciata a casa o, meglio ancora, da Sheila, e la riposta fu sempre la stessa: la piccoletta sapeva come essere insistente e mi stava attaccata come una cozza allo scoglio. Ecco, esattamente così, una fastidiosa cozza! Sheila l'avrebbe sicuramente ospitata, non c'era niente che la mia "adorata fidanzata" non avrebbe fatto in cambio di qualche regalino costoso o, come era diventata abitudine negli ultimi mesi, una bella manciata di banconote nelle sue mani. Ultimamente facevo così, mi risparmiava un sacco di tempo.

Mi trovavo nel salone per le visite della mastodontica villa del signor Fahrat, Farrut, Farabutto, o come cazzo si chiamava il nostro nuovo sponsor che, a giudicare dalla misura del suo giro vita, l'unico sport praticato in vita sua sarà stato alzare una forchetta. Guardai disinteressato il contenuto del bicchiere che avevo in mano, con un dito girai uno dei cubetti di ghiaccio all'interno, mentre lo osservavo sciogliersi lentamente mescolando il suo liquido trasparente con quello ambrato del whisky.

Questo cubetto sono io, la mia vita che si scioglie inesorabile davanti ai miei occhi...

Mi lasciai scivolare, mentre mi mettevo comodo sul divano in cui mi ero appena seduto. Appoggiai l'avambraccio sopra al morbido bracciolo in camoscio. Sentendomi più stanco che mai, passai svogliatamente gli occhi da una parte all'altra della lussuosa stanza. A qualche metro da me, la stupenda moglie dello sponsor, notando il mio sguardo, aprì le labbra in un movimento studiato a regola d'arte e mormorò qualcosa come "hot", mentre si passava un dito con l'unghia smaltata rosso sangue lungo la profonda scollatura dell'abito. In seguito, si passò un'altra volta la lingua sulle labbra.

Quei due canotti si scorticheranno se continua a leccarsi le labbra in quel modo... risi da solo della mia stupida battuta mentre osservavo il suo sguardo lascivo scivolare per l'ennesima volta sul mio corpo. Ero abituato a quegli sguardi e finché suo marito non se ne fosse accorto, potevamo continuare a fingere che non ci fosse nulla di sbagliato nel nostro comportamento, così le dedicai un po' della mia attenzione e imitai il suo gesto passandomi la lingua sul labbro inferiore poi, facendole credere che fosse l'unica che avrebbe potuto toccarmi, trascinai i denti sulla pelle sensibile.

La distinta signora in questione, sicuramente un'ex-modella, aveva passato tutta la sera a fottermi con quegli occhioni da cerbiatta. Era un po' troppo magra per i miei gusti ma, a suo vantaggio o per essere più precisi, al mio, aveva più o meno tre metri di gambe e un culetto ancora bello sodo.

Chissà... forse, se la prendo nella penombra o da dietro, riesco tranquillamente a scambiarla per...

Scossi la testa con rabbia per allontanare quegli stupidi pensieri, il bicchiere mi scivolò dalle mani e finì sopra all'extra lussuoso tappeto iraniano ai miei piedi. Senza muovere un solo muscolo, guardai il liquido spargersi imbrattando la morbida lana.

Il confine dell'amore - Un Romanzo bestseller New AdultWhere stories live. Discover now