La Ragazza nel Bosco - Speranza

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Senza aggiungere altro, Adam aprì la porta del bagagliaio della sua macchina per far salire Betsy e poi aiutò me, che avevo ancora la ragazza tra le braccia ed entrai con estrema cautela. Mentre metteva in moto, mi passò la coperta isotermica che teneva sempre in macchina, insieme a tante altre cose utili. Bravo, Adam, sempre preparati i poliziotti.

La parte del viso della ragazza che era rimasta meno ferita poggiava sull'incavo del mio collo e con le mie braccia la tenevo stretta, cercando di trasmetterle un po' di calore. Forza che ci siamo quasi. Resisti!

Adam partì in fretta diretto all'ospedale. Ci guardavamo attraverso lo specchietto retrovisore mentre gli raccontavo l'accaduto; dietro di me sentivo la presenza di Betsy che era stata la prima a fiutare il pericolo, dando una speranza di salvezza alla ragazza. Speravo con tutto me stesso che riuscisse a sopravvivere.

Per noi una situazione del genere era inverosimile. Vivevamo in quella tranquilla e piccola cittadina dove non succedeva mai nulla. I boschi e le foreste che coprivano la maggior parte del territorio erano solitamente meta degli insegnanti della scuola che portavano i bambini e i ragazzi a giocare, un luogo tranquillo e ideale dove fare grigliate in estate, percorsi su cui praticare innumerevoli sport o nel 'peggiore' dei casi, location di feste ed eventi per giovani e serate romantiche nei weekend.

Mentre raccontavo la storia ad Adam, la mia attenzione era focalizzata su di lei, speravo in qualche accenno di ripresa, temevo che si spegnesse tra le mie braccia.

Mentre mi avvicinavo alla conclusione del racconto, il viso di Adam era sempre più turbato.

Provai ancora a domandare alla ragazza se sentisse la mia voce, ci speravo e mi illudevo. Il corpo era completamente abbandonato tra le mie braccia tanto da farla sembrare quasi morta. Se non fosse stato per il flebile battito del polso lo avrei creduto. Rimani con me.

«Mentre venivo da voi ho chiamato l'ospedale. I medici sono avvisati e ci stanno aspettando. Ecco, prendi il mio telefono e chiamali spiegando meglio la situazione.»

Mentre rispondevo alle domande di routine dell'infermiera che mi parlava nel vivavoce, mi accorsi che eravamo quasi arrivati. La nostra piccola città disponeva solo di alcuni presidi medici di base e pediatrici. Per qualsiasi altro bisogno, dovevamo percorrere circa venti chilometri per arrivare e raggiungere una città più grande, dove avremmo trovato cliniche specializzate o l'ospedale per le emergenze.

Guardando fuori dal finestrino, tutto quello che potevo vedere erano le distese di pascoli verdi e campi coltivati. La linea dell'orizzonte era tracciata dalle cime della folta foresta di pini, la Foresta Nera. Quest'ultima si stendeva oltre ai confini del nostro Paese ed era chiamata così per la sua fitta e intricata vegetazione che anche di giorno impediva ai raggi del sole di penetrare, rendendola quindi costantemente buia.

La Svizzera era un paese dove si potevano vedere paesaggi variegati, solo percorrendo pochi chilometri, ma ciò che la rendeva unica era il rispetto verso la natura. Quest'ultima regnava assoluta, in perfetta armonia con le generazioni che si erano succedute nei secoli. Quel rispetto ci veniva insegnato fin da piccoli, trasmesso dai nostri genitori e successivamente mantenuto grazie all'educazione scolastica. Era così che si poteva preservare costantemente l'ecosistema.

I nostri cittadini facevano volontariato al fine di salvaguardare falchi, volpi, ricci e cicogne. Guidando o passeggiando tra le stradine di montagna era normale fare soste per cedere il passo a pastori con il gregge o a una disinvolta famigliola di papere.

Terminata la chiamata con l'ospedale notai che stavamo entrando in quella che, con i suoi trentacinque mila cittadini, era la città più grande della nostra regione: Schaffhausen.

Il confine dell'amore - Un Romanzo bestseller New AdultWhere stories live. Discover now