La Ragazza nel Bosco - La mia vecchia vita

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C'era una nebbia che avvolgeva la mia testa e sentivo la fatica in tutte le ossa del mio corpo. Questo è un incubo? No, l'incubo era prima di lui. La sua voce amabile... Dovevo continuare a correre. Il mio corpo cedeva per la fatica e il panico che mi avvolgeva poteva essere il peggior nemico che avessi mai avuto.

«Arresto... Forza giovane... Con noi...»

Poi il buio.

***

Qualche mese prima

Quello che doveva essere un viaggio in un nuovo paese per portare il mio aiuto diventò velocemente una terribile realtà. Quando iniziai a realizzare ciò che era successo alle sorelle della mia comunità, scappare fu l'unica soluzione per salvarmi. Se non l'avessi fatto quando ne avevo avuto l'opportunità avrei finito la mia vita probabilmente come chissà quante altre donne, parte di una triste statistica fatta di volti senza nome e domande senza risposte.

Negli ultimi anni avevo vissuto nel Sud del Brasile, vicino alla frontiera con l'Uruguay in una comunità religiosa che era stata la mia famiglia.

Facevo parte della quarta generazione d'immigrati europei che erano giunti in quel paese, scappando dalla Prima guerra mondiale. L'inizio del ventesimo secolo fu un'epoca di disperazione. Intere famiglie si imbarcarono su navi a loro sconosciute, senza sapere la destinazione, affidando la propria vita all'ignoto e pregando Dio per un futuro migliore.

In molti arrivarono in quell'immenso paese, dove alcuni riuscirono a insediarsi in un pezzo di terra da coltivare, altri in una piccola area destinata a uso commerciale in qualche città che stava sorgendo. Tutto ciò venne offerto dal governo locale: era uno scambio equo, un luogo dove vivere in cambio di manodopera specializzata, che da sempre scarseggiava nel Paese.

Generazione dopo generazione, la mia famiglia, come tante altre famiglie di immigrati, coltivò e allevò il bestiame in quelle terre. Sfortunatamente per noi la situazione cambiò. La povertà e la corruzione, che da decenni serpeggiavano nel Paese, minarono tutte le risorse.

Diventò consuetudine accettata, nelle piccole regioni agricole, 'donare' a una chiesa o a una comunità, una figlia femmina che si aggiungeva a una famiglia già numerosa.

E mentre queste istituzioni aiutarono ad allevare i figli delle famiglie povere del Brasile, il governo, che avrebbe avuto il dovere di farsene carico, annegava nella corruzione

La mia situazione fu ancora più complicata perché possedevo quello che mia madre definiva come un 'caratteraccio' e stavo 'diventando vecchia', come lei non esitava a ricordarmi. Quando celebrai il mio sedicesimo compleanno avevo davanti due possibilità: sposarmi con il figlio di qualche agricoltore del vicinato, qualcuno che probabilmente non avevo mai visto in vita mia, oppure andare a lavorare e vivere in una delle tante comunità religiose che esistevano nel nostro paese.

Per i miei genitori non rientrò più nei piani avere un'altra figlia adulta da sfamare a lungo termine; essendo donna, non reggevo il confronto con miei fratelli nella forza e nella manodopera. La fattoria era piccola e le bocche da sfamare troppe, stavo decisamente diventando un fardello.

Per i figli maschi la vita fu più tranquilla: ricevettero una buona educazione, strinsero amicizie, ascoltarono e impararono le vecchie storie raccontate dagli anziani. Iniziarono a lavorare nella fattoria di mio padre, sposarono ragazze delle fattorie vicine ed ebbero parecchi figli, tra i quali preferivano i maschi e fecero quello che avevano fatto intere generazioni da queste parti: vissero lavorando la terra.

Per noi femmine l'infanzia fu quasi la stessa. Imparammo però a fare i lavori che una 'donna doveva saper fare' come: cucinare, lavare i panni, cucire, prenderci cura dei più piccoli, degli anziani e degli animali della fattoria. Crescendo, la prospettiva era quella di trovare un 'brav'uomo' da sposare, di essere una brava moglie e una donna forte per poter partorire parecchi figli, che si sperava fossero maschi e ripetere così il ciclo della vita come avevano fatto le nostre mamme e ancora prima, le nonne. Non ci fu concesso avere alte aspirazioni e sicuramente non avemmo il tempo per sognare. Il mondo lo conoscemmo dagli episodi di telenovela che qualche volta avevamo il tempo di vedere nelle serate del fine settimana.

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