5. Cosa voglio per me?

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«Auguri di buona Pasqua in ritardo infermiera Lars. Anche lei è stata in ferie?»

L'infermiera alzò gli occhi dal computer, mentre ricambiava il mio augurio e mi raccontava delle sue vacanze sulle montagne del Grigione.

Anche per me era il primo giorno di lavoro dopo le vacanze, durante le quali non ero andata nemmeno una volta a trovare Ethan, ma questo non voleva dire che non avessi telefonato per avere sue notizie. Avevo iniziato una piccola battaglia contro me stessa e ne ero uscita vittoriosa, la verità era che dovevo lasciare a Ethan lo spazio e il tempo che gli serviva per iniziare il suo lungo percorso di guarigione. Allo stesso tempo, avevo sofferto tanto, e forse dire "tanto" non era abbastanza. La mia anima aveva pagato un prezzo assurdo per quella scelta, speravo solo che fosse stata la decisione giusta.

Mi avvicinai alla sua scrivania e le parlai a bassa voce:

«L'altro ieri, l'infermiera Relcovich mi ha detto che la famiglia del signor Shawn sarebbe partita. Ecco...»

Fissai un punto alle sue spalle mentre cercavo le parole giuste da dire, non volevo sembrare troppo ansiosa o, peggio, scortese. Per fortuna venne in mio soccorso. Mi fece cenno di avvicinarmi e sussurrò, con fare complice:

«Sì, sono andati via l'altro ieri, sono delle brave persone. La ragazza invece, la sua fidanzata...» la sua espressione divenne pensierosa, come se stesse cercando la parola corretta, poi continuò:

«Era alquanto imprevedibile, non salutava mai nessuno... lo sai che nemmeno alle altre colleghe stava simpatica, neppure ai dottori.» In seguito mi squadrò mentre aggiungeva:

«Tu sì che saresti una brava fidanzata per il signor Shawn.»

Il mio viso andò in fiamme. Avrà per caso notato quanta cura ho impiegato questa mattina nel prepararmi? No, non è possibile, indosso la divisa dell'ospedale... ho solo lasciato i capelli sciolti e messo un po' di trucco, e...

L'infermiera Lars si schiarì la gola, aspettando una mia risposta.

«Ah ecco... no, sono solamente un'amica dei tempi di scuola di Eth–, voglio dire del signor Shawn.»

La sua espressione diceva che non si sarebbe accontentata della mia scusa sfuggente.

«Sì certamente, come no... anch'io volevo convincermi che ero solamente amica di mio marito e oggi abbiamo tre splendidi figli. Ma perché sto qui a parlare a vanvera? Cosa aspetti? Vai da lui Mia, è tutto solo soletto.»

Mi fece l'occhiolino e poi mi spronò con le mani ad andarmene mentre tornava al lavoro.

A ogni passo che facevo diretta alla sua stanza, il corridoio sembrava diventare sempre più angusto. Mi fermai un attimo per calmare il vortice di emozioni che si agitava dentro di me, il respiro si strinse nel petto. Quando credetti di essere pronta, alzai il braccio e bussai. Due... tre tonfi secchi, ansiosi alla porta, esattamente come il battito del mio cuore, era come se avessi appena corso una maratona.

Datti una calmata, Mia!

Aprii lentamente la porta della sua stanza, tenevo gli occhi fissi sul letto.

Era seduto di schiena e guardava fuori dalla finestra che si affacciava sul parco. Sembrava immerso nei suoi pensieri, probabilmente non mi aveva nemmeno sentita bussare. Aprii la bocca per attirare la sua attenzione, quando fece un profondo respiro, tremulo, qualcosa di straziante.

«Ethan...» sussurrai.

Il suo corpo si irrigidì, velocemente alzò la mano provando a pulire il viso. Lentamente si girò verso di me e i nostri occhi si incontrarono.

Il confine dell'amore - Un Romanzo bestseller New AdultWhere stories live. Discover now