~1~

718 20 1
                                    

« Calcio di punizione per la Francia. A batterlo sarà il capitano, Katlynn Walker. » annunciò il telecronista. Era da una posizione molto sfavorevole, circa sulla metà campo. Ma nulla mi avrebbe fermato, avrei fatto di tutto pur di segnare. L'aria era contaminata da tensione e ansia. Sarei stata io a battere quel calcio di punizione e tutti contavano su di me: le mie compagne, il mister, la mia famiglia, tutta la Francia e il popolo francese. Ricominciai a respirare, non appena udii il fischio dell'arbitro. Aspettai qualche secondo prima di prendere la rincorsa. Il silenzio che avvolgeva lo stadio era piacevole, perfetto per un momento come questo. Aprii gli occhi, guardando la porta e cercando di trovare il punto perfetto per permettere alla mia squadra di vincere. Appena lo vidi, colpii il pallone con violenza, scagliandolo verso la porta a gran velocità. Rimasi a guardarlo fino alla fine, dovevo segnare, dovevo vincere. Stava per entrare, il portiere non aveva reagito in tempo...

Un suono davvero fastidioso mi costrinse ad aprire gli occhi. Voltai il viso verso il comodino, ancora assonnata e stordita.

« Stupida sveglia. » mugugnai, allungando un braccio verso il telefono per spegnerla. Mi passai una mano tra i capelli e sul viso. Non appena riuscii a mettere a fuoco e ad abituarmi alla luce che filtrava dalle persiane, mi misi a sedere lentamente, facendo scivolare le gambe da sotto le coperte. Poggiati i piedi sul tappeto, mi accorsi di non avere i calzini che avevo indossato la sera prima. Li avevo persi durante la notte, quindi erano da qualche parte sotto le lenzuola. Trovata la forza per alzarmi, mi diressi verso la finestra: il sole era sorto e mostrava le magnifiche sfumature del mattino. Era bello svegliarsi all'alba, mi dava la carica per la giornata. Mi stiracchiai, avvicinandomi al comodino per prendere il cellulare. Lo staccai dal caricatore e mi lasciai cadere sul letto. Oggi era il primo di settembre, iniziava la scuola. Come al solito avevo fatto tardi per guardarmi una serie tv. Sbuffai, non avevo proprio voglia di cambiarmi e andare a scuola. Mi diedi della stupida mentalmente, potevo beatamente dormire e farmi gli affari miei tutta la mattinata e fare lezione con i miei insegnanti privati nel pomeriggio. Invece avevo deciso di tornare a scuola e questo comportava svegliarsi presto, stare in una struttura con altri studenti per cinque o sei ore dal lunedì al venerdì, compiti su compiti e una notevole riduzione di tempo per dedicarsi a sport e hobby. Anche se non era stata propriamente una scelta, era un obbligo che mi era stato imposto. Quest'anno dovevo sostenere la maturità. I miei nonni si erano rifiutati di pagare, quest'anno, gli insegnanti e mi avevo esplicitamente ricattata. Ho decidevo di mia spontanea volontà di frequentare l'istituto che aveva frequentato mio fratello o mi ci avrebbero portato con le cattive. Svogliatamente mi alzai, camminando lenta verso l'armadio. Sbadigliai e lo aprii, afferrando un paio di jeans wide leg chiari e una maglietta a maniche lunghe nera. Li poggiai sul ripiano nel bagno, pettinai i capelli e li legai in una coda alta, almeno per scendere a fare colazione. Arrivata alle scale, scesi silenziosamente, consapevole di non trovare nessuno. Entrata in cucina, mi avvicinai subito alla macchina per il caffè, accendendola. Afferrai la tazza dalla credenza, versando un po' di latte che poi trasformai in schiuma. Dopo aver preparato una tazza di caffè, iniziai a versare il latte schiumato. Ed ecco servito un perfetto cappuccino da bar. Aggiunsi un pochino di zucchero e girai. Soffiai sul liquido bollente e cominciai a sorseggiare. Il calore del cappuccino mi riscaldò, facendomi sentire meglio. Dopo aver finito di bere, sciacquai la tazza e la sistemai nella lavastoviglie. Sgattaiolai di sopra, entrando nella mia stanza e dirigendomi nel bagno per lavarmi i denti e la faccia. Mi guardai allo specchio; avevo una faccia decente nonostante avessi dormito poco. Lanciai uno sguardo alla grande finestra del bagno, ammirando la Torre Eiffel. Abitare a Parigi, la città dell'amore, dove le coppie dichiarano il proprio amore sigillando un lucchetto e lanciando le chiavi nel fiume Senna, non era proprio parte dei miei piani. Ritornai a concentrarmi sul mio riflesso nello specchio. Mi schiaffeggiai le guance, tornando a concentrarmi. afferrai la spazzola lisciante, cominciando a spazzolare i capelli: domare i miei capelli non era facile. Sarei rimasta in bagno per molto ancora in bagno per più di venti minuti, lottando con i miei capelli, una vera guerra. Una volta finito, li aggiustai, sperando che non si gonfiassero per l'umidità mattutina. Mi vestii velocemente e mi truccai. Afferrai l'eye-liner, cominciando a disegnare la coda. Dopo essere riuscita a farli quasi uguali, afferrai il mascara. Terminato anche il trucco, controllai l'orario sul telefono: segnava le sette e quarant'uno. Sistemai il letto e afferrai lo zaino, dirigendomi verso le scale che scesi di fretta, rischiando di cadere.

ALL'ULTIMO RIGORE (Prima Parte)Where stories live. Discover now