Capitolo 18

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Hastur lo stava fissando male già da un po'.

Mentre le creature infernali festeggiavano la loro piccola vittoria nei corridoi degli uffici, diffondendo ogni genere di peccato e disordine nei corridoi, lui lo fissava. Poco importava che ci fossero centinaia di demoni occupati a ingozzarsi, ubriacarsi e quant'altro (i demoni, primi peccatori tra tutti, amavano ogni vizio e lo portavano al più totale eccesso, quando potevano), il demone dai capelli bianchi se ne stava in disparte, guardando come se stesse tentando di pugnalarlo.

Hastur e Crowley non erano propriamente due migliori amici e Crowley temeva che si sarebbe trovato con uno strumento affilato infilato tra le costole molto presto.

Hastur doveva avercela ancora con lui per via di Ligur, dunque, promozione o non promozione, per lui il demone dai capelli rossi era un nemico.

Il vero obbiettivo di Crowley, però, era di ritrovare Aziraphale in mezzo a quel marasma demoniaco. Non sarebbe dovuto essere difficile, un tipo luminoso e chiaro come lui sarebbe dovuto spiccare tra tutte quelle figure scure e cupe. Nonostante ciò, non lo vedeva da nessuna parte e, viste tutte le presenze demoniache attorno a lui, non era nemmeno perfettamente sicuro di poterlo trovare come aveva fatto fino ad allora sulla Terra. Era sempre stato capace di rintracciarlo, i demoni sono bravi a percepire la presenza di altre creature non propriamente terrestri o umane.

Eppure non quella volta. Chissà come stava, come aveva passato quei primi momenti laggiù, senza nessuno al suo fianco. Odiava lasciarlo da solo.

Crowley cercava di farsi strada in mezzo alla mischia, qualcuno, sotto le luci stroboscopiche che venivano sparate in ogni direzione, provò a porgergli da bere, lui rifiutò.

Crowley era un fan dell'alcol, ma non era un fan di come i demoni bevevano. O di come facevano qualsiasi altra cosa. Tutto veniva portato all'estremo, ogni cosa divorata con la voracità di un animale, non per reale apprezzamento della cosa, solo perché era peccato, perché era ciò che loro dovevano amare fare e che dovevano fare fino al livello in cui dal divertente si passava al ripugnante.

Questo pensava, schiacciato tra una schiena e l'altra, sforzandosi di proseguire in qualche modo. Non riuscì, in realtà, a ottenere grandi risultati o spostamenti, ma per un attimo, per un solo attimo, gli parve di vedere una chioma bionda e riccia davanti a sé, un miraggio della durata di un attimo. Un attimo che però bastò a farlo agitare. Se lui era lì doveva parlargli. Doveva vederlo, scoprire dove lavorava esattamente, sapere quando poteva vederlo, progettare con lui la loro dannatissima fuga.

Se solo fossero andati via, se solo si fossero resi introvabili, sarebbe andato tutto bene.

Era triste, pensare che forse non avrebbe funzionato e sarebbero rimasti lì, chiusi in basso, senza poter vedere mai più le stelle.

Quello che forse era Aziraphale era apparso e svanito in un solo attimo. Crowley lo cercava facendo vagare gli occhi da una parte all'altra, incontrando solo colleghi che o non lo notavano o lo guardavano storto (Più comune dell'ammirazione era sicuramente l'invidia). Sbuffò, frustrato, quando sentì una mani sulla propria spalla.

Aziraphale, pensò subito. Invece, voltandosi, incontrò gli occhi neri come pozzi di Hastur.

"Oh vecchio mio." disse, ricordando abbastanza chiaramente il loro ultimo incontro ravvicinato, in cui il demone dai capelli bianchi aveva preso fuoco.

"Sembra che tu abbia compiuto una gran bella impresa." disse il demone, con tono tutt'altro che amichevole.

"Già..."

"Forse avresti dovuto parlare del tuo piano per far cadere un Angelo. Avrebbe evitato... spiacevoli inconvenienti."

Crowley sapeva già dove Hastur sarebbe andato a parare. Non si era mai fidato di lui e lo aveva sempre reso più che mai chiaro. E, soprattutto dopo quel piccolo incidente con Ligur, non si sarebbe mai e poi mai fidato di lui.

"Già... beh, il passato è passato, no...?"

Avrebbe voluto dire che Ligur era probabilmente passato a miglior vita, ma il fatto è che Ligur non era passato proprio a un bel niente.

"Certo - rispose Hastur - Ma io non credo che tu sia fedele, Crowley. Non mi hai mai convinto."

Sentiva la presenza di Hastur sempre più vicina a sé e tentava di indietreggiare, senza sapere esattamente cosa aspettarsi. Quel tizio avrebbe potuto ripagarlo con la stessa moneta che aveva dato a Ligur. Giusto un drink, un poco di Acqua Santa giù per la gola.

"Già, è tipico di te odiarmi... ora perdonami, ma io..."

Si senti afferrare per il colletto della giacca e tirare rozzamente verso l'altro demone "Ascolta, Crawly. Io non fido affatto di te. Ti tendo d'occhio, intesi? Se scopro che tu e il tuo amico state ancora cospirando..."

"Crowley?"

Sia il Serpente che Hastur si voltarono verso la terza voce.

Un tizio mai visto prima d'allora, con lunghi capelli neri e unti che gli ricadevano sulle spalle e in parte il viso, stava davanti a loro.

"Sì?" chiese Crowley, senza capire.

Hastur lo lasciò andare senza alcuna grazia "Stavamo parlando. Non interrompere."

"Oh, volevo solo congratularmi." disse lo sconosciuto.

Crowley alzò un sopracciglio "Sul serio?"

"Certo. Ora tutti potremo lavorare attivamente sul far cadere altri angeli e accrescere le nostre schiere. È ottimo, no?"

"Certo - commentò Hastur - Ottimo."

"Vedila in modo positivo, vi ho aiutati tutti. Con i dovuti sacrifici..."

"Io sono Rauym - si presentò il demone - Dovrei essere tra i demoni amministrati da te."

"Oh, certo. Benissimo. Piacere."

Crowley si guardò attorno e vide di nuovo Aziraphale. Stavolta più vicino, e ogni suo pensiero fu sostituito da uno solo. Andare da lui e... fare qualcosa.

"In realtà - stava dicendo Rauym - Avrei voluto che-"

"Possiamo parlarne più tardi? Mi sono appena ricordato che... c'è un... una cosetta... da fare. Ciao ragazzi."

Crowley si lanciò nella folla e riuscì a raggiungere Aziraphale. Lui lo vide, si voltò a guardarlo con occhi azzurri intrisi di paura.

"Ehi - disse Crowley, senza avvicinarsi troppo - Va tutto bene?"

Aziraphale scosse la testa "Ho bisogno di uscire da qui."

All'improvviso gli sembrò piccolo e spaventato come un pulcino. Avrebbe solo voluto stringerlo e abbracciarlo.

"Per... per ora andiamo nel mio ufficio. Seguimi."

Aziraphale forse sarebbe stato in grado di accettare l'ambiente, forse persino il dolore della caduta, il dolore fisico. Ma Crowley sapeva già di cosa lui aveva paura. Che cosa lo avrebbe fatto stare male.

Crowley si lasciò seguire e, arrivando davanti al proprio ufficio, aprì la porta.

Lasciò entrare Aziraphale e, dopo aver aspettato un paio di secondi, entrò anche lui. Avevano bisogno di discutere.

The Fall | Good OmensМесто, где живут истории. Откройте их для себя