Comunque sia, ho passato questo tempo assieme a mia madre, finalmente, direi. Il lavoro le porta via molto tempo ma ‒ovviamente,‒ non si lamenta anzi, dice perfino che un suo collega è molto gentile, offrendogli molte volte aiuto. Parlare con mamma è bello, eppure quello che mi manca di più è papà. Avevamo le migliori conversazioni, solo io e lui, dove ci capivamo alla perfezione.

Papà, mi manchi ogni giorno che passa...

Scaccio i tristi pensieri, varcando la soglia del cortile ed incamminandomi verso le scale, dove vedo già appostate le mie amiche. Sta mattina non ho trovato Lisa ad aspettarmi davanti alla porta e il morale è caduto a terra.

«Buongiorno.» saluto, sorridendo leggermente.

Le ragazze si voltano e ricambiano, tutte tranne Jennie.

Sospiro, chissà adesso cosa avrò fatto questa volta.

«Ciao Jennie...» borbotto, distogliendo lo sguardo.

«Non mi salutare. Preferirei che tu non parlassi più con noi.» sbotta, alzandosi di scatto e puntando contro l'indice.

Sgrano gli occhi, sentendo un dolore al petto.

«I-Io‒ Cosa... Cosa ho fatto? Perché?» domando, sconvolto. 

«Zitto, cazzo. Spari solo minchiate e bugie‒ Argh! Dirai mai la verità?!» alza il volume della voce e io faccio un passo all'indietro, spaventato.

«Ma non ho‒» tento di replicare, alzando gli occhi, ma mi interrompe subito.

«Prima Bogum e "Non so perché parla con me"‒ imita il mio tono, guardandomi male. ‒Poi Jeon, dirai mai che cazzo stai combinando? Perché ieri Park ti cercava con tanta insistenza? Perché Jungkook sapeva dove fossi? A chi stai prendendo per il culo? Io voglio solo la verità e tu non hai mai risposto a mezza nostra domanda. Chi eri prima di venire qui? Perché sei venuto qui? Chi diamine sei?!» adesso sta urlando e non bada nemmeno alle persone che si sono girate verso di noi per ascoltare, osservandoci stupiti.

«Jennie, calmati...» sussurra Lalisa, rimasta zitta e con la testa china per tutto questo tempo.

«Jennie un cazzo. Mi sono stufata. Ho vissuto una vita piena di bugie, non voglio amici falsi. E comunque,‒ ritorna a parlare con me, incrociando le braccia al petto. ‒non ti ho mai reputato un mio amico. Adesso, sei pregato di non parlarmi- di non parlarci, più.» i suoi occhi sono fissi nei miei, ma io non riesco a reggere il confronto, abbassandoli ai miei piedi. Cercando di sfuggire a quei sussurri procurati dagli altri studenti.

Senza avere il coraggio di ribattere, entro a testa chinata nella struttura scolastica, sentendo forte e chiaro gli sguardi penetranti dei miei compagni. Mordo il mio labbro inferiore, andando verso i bagni e chiudendomi dentro uno dei cunicoli.

Passerà anche questa, Tae. Mi accascio a terra, stringendo la bocca per non piangere, ma fallisco miseramente, quando il primo singhiozzo riesce a fuoriuscire, incominciando un pianto sfrenato, pieno di sussulti. Porto una mano per coprirmi le labbra, così da non farmi sentire, e mi stringo ancora di più su me stesso.

Sono debole, un debole bugiardo che ha paura delle opinioni altrui. Posso far finta di essere forte quanto voglio, di fregarmene dei giudizi degli altri, ma rimarrò sempre e per sempre uno stupido spaventato da tutti.

Scusa, papà, meriteresti un figlio migliore di me.

Deglutisco l'ennesimo sussulto, cercando di calmarmi quando sento la campanella della prima ora suonare. Devo andare in aula ma le mie gambe non si muovono e rimango a piangere in quel bagno fino al suono della seconda. 

Danger-Zone  |KookTae|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora