Storia comune per gente Speciale

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Huntington Beach, 30th December 2009, 10:10 AM

Le sembrava solo un brutto sogno, uno di quegli incubi che faceva quando da bambina vedeva un film horror e puntualmente quei mostri le venivano a far visita la notte. Hariette era immobile con le mani sul volante della sua skoda blu e non osava spostare gli occhi da quel piccolo scheletrino che era appeso allo specchietto retrovisore. Lo scheletro dondolava e le sembrava che sbattesse i denti, che serrasse la mandibola come se avesse avuto freddo. Di freddo ne faceva abbastanza fuori e ce n'era anche un bel po' nel cuore della ragazza. Spostò per un attimo gli occhi e si guardò le gambe strette in un paio di calze, nere come tutto il resto che indossava. Pensò al fatto che non le era sembrato strano, quella mattina, prendere un cumulo di cose nere e mettersele addosso (si vestiva molto spesso di nero) ma ora le sembrava di indossare un terribile colore fluo, un colore inadatto per la situazione, un colore che avrebbero subito notato tutti.
Mosse la mano destra dal volante e la mise ad uncino sulla gamba, come a voler strappare quelle calze troppo sottili per il mese di Dicembre. Non appena l'unghia riuscì a penetrare nella calza, qualcuno bussò al suo finestrino e la ragazza sobbalzò. Gli occhi di lei erano sempre piantati su quel piccolo buchino e la sua mente era intenta a pensare che avrebbe dovuto allargarlo, invece di pensare al ragazzo che si stagliava fuori dalla sua macchina.
Brian allora aprì la portiera e cercò un contatto visivo, ma in lei non era rimasto altro che gelo ed i suoi occhi azzurri gli sembravano due cumuli di neve. Allora le sfiorò il braccio ma quello che ottenne fu solo una brutta occhiata e una mascella serrata, che gli sembrarono subito uguali allo scheletrino che aveva appeso allo specchietto.
«Vieni con me?» azzardò il ragazzo
«Non posso... non posso entrare» gli occhi le rotearono fino all'ingresso del cimitero e solo in quel preciso istante sentì scorrere di nuovo il sangue nelle vene.
«Io non posso entrare senza te»
Finalmente la ragazza puntó gli occhi in quelle pozze nere e si accorse che aveva pianto. Gli occhi di Brian sembravano un lago di sangue con una zattera scura che si muoveva lentamente
«Se tu non entri con me non penso di avere la forza per farlo da solo» il ragazzo sembrava sincero e Hari sentì una folata di vento che le fece rabbrividire anche l'anima.
Alla fine lanciò le gambe fuori dall'auto e prese per mano il suo amico, senza staccargli un momento gli occhi di dosso. Temeva che se si fossero staccati sarebbero caduti entrambi in mille pezzi.





















L'aria era irrespirabile e ad Hari sembrava di avere un macigno sul petto. Brian le si era allontanato, forse era andato incontro alla sua nuova fidanzata, ma Hariette non ci aveva fatto più di tanto caso. Aveva gli occhi fissi su quel buco, quella voragine scavata dalla terra verde dove presto ci sarebbe stata calata una cassa di mogano.
«Hari...» una voce femminile la destó e la ragazza si girò alla sua destra. Mckenna aveva una velina davanti agli occhi, ma si riusciva comunque a vedere che aveva pianto
«Come stai?» azzardó la Haner, senza pretendere una risposta
«Ho passato giorni migliori» ammise la mora, tenendo sempre lo sguardo basso
«Cosa è successo alle tue calze?»
Ad Hari sembrava una discussione così vuota e anaffettiva, una semplice chiacchierata tra due persone che si erano perse di vista per un po' ma così non era per lei e la sua migliore amica. Il tempo le aveva cambiate? Certo che si, ma non si aspettava che fosse tutto diverso ora. Hariette aveva voglia di urlare, urlare per la situazione in cui si trovava, urlare perché le sembrava di stare in mezzo ad un'orda di zombie che non riuscivano nemmeno a vederla, tutta quella situazione era sbagliata.
Le uscì dalla bocca un semplice «Ho sbattuto da qualche parte», non poteva di certo dire all'amica di aver avuto quasi un collasso nervoso 10 minuti prima, e l'unico che se n'era accorto era stato suo fratello.
Brian.
La mora lo intravide alla sua destra, con un paio di occhiali neri calati sugli occhi, e lei sapeva perché. Perché le lacrime fanno meno rumore se non sono viste dagli altri.
Con passo lento si allontanó dai due fratelli e si mise in disparte, pronta al peggio. Che poi alla fine al peggio non ci si abitua mai.
Quando vide quella cassa scura calarsi nella fossa le gambe le vennero meno e pensó bene di inginocchiarsi prima di rompersi la faccia, cadendo in avanti. La terra era umida e Hari la raschiava distrattamente cercando di respirare il più normalmente possibile. Si era messa il più distante possibile proprio per non attrarre occhi indiscreti, ma sapeva chi la stava scrutando in quel momento. Alzó di poco gli occhi ed incontrò quelli del ragazzo con i grandi occhiali neri, i jeans strappati e quella sfacciata scritta "MARL" sulle nocche della mano destra. Lui non si mosse, intento com'era a tenere stretta la spalla di una biondina, ma la guardava male e lei lo sapeva.
Sapeva di doversi trattenere ma sapeva anche di non potercela fare. Jim era sempre stato il suo fratellone, la spalla su cui piangere e la corda a cui aggrapparsi quando la scalata si faceva troppo ripida. Ora lui non poteva essere lì con lei, non poteva guardarla negli occhi e dirle che sarebbe andato tutto nel verso giusto perché nient'altro sarebbe stato uguale a prima. Doveva rendersi conto che la sua vita era cambiata e doveva farlo in fretta, prima di diventare completamente pazza. Si alzó solo alla fine della commemorazione e si affacciò nella buca. All'improvviso una folata di vento le fece girare la testa e pensó che cadere lì dentro fosse l'unica scelta, ma non lo fece. Rimase in piedi e guardó gli altri, che non mossero ciglio. Allora si allontanó e solo allora sentì la sua mano chiudersi in una presa
«Tutto ok?» le chiese Haner
«Si» mentì lei con gli occhi bassi. Cosa avrebbe dovuto digli? Che no, non era tutto ok, che si sentiva persa in un mondo che non le apparteneva più e che nessuno sembrava sentire lo stesso dolore. Avrebbe dovuto dirgli che qualche ora prima le sembrava di aver visto in lui un'altra persona, le aveva detto che non ce l'avrebbe fatta senza di lei ed invece ora non staccava il braccio dalle spalle di quella ragazza. Avrebbe dovuto dirgli che si, anche a lei serviva un sostegno perché ora le sembrava tutto buio e da sola, probabilmente, sarebbe scivolata verso il fondo.
«Ce la fai a guidare?» furono le uniche, spente parole
«Ovviamente» la ragazza staccò la presa e si allontanó.

È una storia da dimenticareTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang