Fifteen: painting pain.

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"Non esiste un uomo più disgraziato
di colui che non ha mai sofferto."
-Jospeh Marie De Maistre

"-Jospeh Marie De Maistre

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HARRY'S POV

Quando, appena qualche ora fa, uscii di casa con la perfetta consapevolezza del perchè avrei invitato Maxine White a cena, fantasticando anche su un tanto agognato proseguo intimo, mi sarei aspettato tutto; tutto tranne che questo.

E per questo intendo una Maxine fattasi improvvisamente pallida, con le gambe tremolanti e lo sguardo perso, dopo che il cellulare, in seguito ad una chiamata sospetta, le era scivolato di mano, frantumandosi contro l'asfalto.

«Che cazzo sta succedendo?» domandai con fervore, avvicinandomi frettolosamente a lei.

L'afferrai per un braccio e la scossi appena, cercando di allontanare il black-out che sembrava aver avvolto il suo corpo tutt'a un tratto. Solo allora che le fui abbastanza vicino, potei notare chiaramente la tensione impressa nei tratti del suo viso.
Il suo sguardo non accennò a schiodarsi dal punto indefinito sulla strada dinnanzi a sé, che stava fissando decisamente da troppo, così come la sua bocca non provò nemmeno ad aprirsi. Si limitò a sbattere le palpebre ripetutamente, quasi come se volesse scacciare la realtà che, imperterrita, se ne stava sotto i suoi occhi a schiaffeggiarla. Anche se, a dirla tutta, non ero più tanto convinto che stesse vivendo la mia stessa realtà, in quanto, apparentemente, quella chiamata sembrava averla trasportata in un'altro mondo. Come se fosse chiusa ermeticamente in una bolla che non ammetteva spazio a niente e nessuno, ad esclusione dei forti brividi che le si rincorrevano come cavalli selvaggi al galoppo sulle bianche praterie dell'epidermide, senza nemmeno chiederle il permesso.

Vedendo la sua totale incapacità di reagire agli stimoli - cosa non affatto normale per un'atleta dai riflessi sempre pronti - l'afferrai saldamente per le spalle, costringendola a guardarmi. Al tatto si rivelò un blocco di marmo, i nervi tirati sotto la pelle soffice e gli occhi vaganti sul mio volto, alla ricerca di un qualcosa a me sconosciuto. Nessun suono uscì dalle sue labbra carnose, ora pressate in una linea sottile.

«Maxine, parla!» con la preoccupazione ormai addosso il mio tono di voce si alzò automaticamente di un'ottava, nel disperato tentativo di strapparla da quel vortice emotivamente anestetico che sembrava averla risucchiata.

I suoi occhi si fecero più lucidi.

«M-mio fratello...» soffiò appena, la sua voce si spezzò nel pronunciare quelle flebili parole. Una morsa mi attanagliò il petto.

Gettai una veloce occhiata ai cocci del telefono che giacevano ancora in terra, per poi porgere di nuovo la mia completa attenzione alla mora. Le mie iridi si legarono immediatamente alle sue, e, quasi come se avesse intuito attraverso il mio solo sguardo ciò che stavo per chiederle, mosse lievemente il capo in un timido - e sofferto - cenno d'assenso.

Sins » h.s Where stories live. Discover now