Thirteen: stench of burnt.

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"La differenza
fra i litigi degli innamorati
e gli incontri di boxe
è che non c'è un arbitro.
Nessuno ti dice
quali colpi sono sotto la cintura
o quando andare nei rispettivi angoli"
- Carrie Bradshaw.

 Nessuno ti dice quali colpi sono sotto la cintura o quando andare nei rispettivi angoli"- Carrie Bradshaw

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«Promettimi che non ti innamorerai di me».

Quelle parole continuavano a risuonare nella mia mente come un disco che sembrava non volersi mai arrestare. Rimbalzavano perpetuamente contro le pareti del mio cranio, insieme alla veloce carrellata di immagini riguardanti la sera precedente, che si ripetevano in modo confusionario, causandomi il mal di testa che quella mattina accompagnò il mio risveglio.

Quelle maledette parole mi sembrava di sentirle ancora nelle orecchie. Mi sembrava quasi di percepirlo ancora accanto a me, Harry; mi sembrava di sentire ancora il nodo attorno allo stomaco, causato dal suo tocco sicuro su di me, e i brividi a costellarmi la schiena ogni volta che la sua voce graffiante faceva capolino al di fuori di quelle labbra rosee, rivelatesi più tentatrici del previsto; di sentire il suo respiro caldo sulla pelle, proprio sotto l'orecchio, le sue lunghe dita a stringermi i fianchi e il suo corpo tonico perfettamente pressato contro il mio, mentre mi sussurrava con fiato corto quella stupidissima frase, in maniera dannatamente seducente.

Stupidissima perché non sarebbe mai accaduto. Stupidissima perché, nonostante non potessi più ignorare -purtroppo- l'effetto che la sua vicinanza, il suo contatto avevano su di me, sapevo di non potermi lasciare andare.

Non volevo, oltre a non potere.

Non mi fidavo di Harry, non del tutto almeno.
Ero stata ferita tanto in vita mia, me l'ero vista brutta parecchie volte. Avevo visto le mie certezze venirmi strappate di mano senza che potessi far nulla, senza che mi venisse concessa la possibilità di reagire difronte a quell'ingiustizia. E accanto a me non vi era mai stato nessuno - a parte Sarah, s'intedeva. Non vi era mai stato nemmeno colui che aveva giurato di amarmi; cosa che, ovviamente, si era rivelata falsa. Lo aveva giurato solo per approfittarne e poter poi girare ulteriormente il coltello nella piaga, procurandomi altra sofferenza. Una sofferenza immane, una sofferenza che mi aveva segnata nel profondo, e di cui, tuttora, portavo i segni.

Cicatrici. Cicatrici che mi macchiavano sia il mio corpo che la mia mente. Cicatrici mal ricucite, cicatrici dai bordi frastagliati, cicatrici che, malgrado riguardassero un passato ormai lontano, e malgrado avessi più volte lottato - persino contro me stessa- per cercare di strapparmele di dosso, influenzavano ancora il mio presente. E se ne restavano lì con impertinenza, in bella mostra. In tutta la loro sfacciataggine continuavano a macchiarmi come innumerevoli peccati. Se ne stavano lì a ricordarmi giorno per giorno tutto il male che avevo subito. Se ne restavano con impertinenza quasi a volerlo tenere ancora vivo, come a volere che non lo dimenticassi, quando, in realtà, non avrei potuto dimenticarlo nemmeno sotto tortura. Come se l'inferno che avevo dovuto affrontare, facendo affidamento sulle mie sole forze, non fosse già stato abbastanza per un'adolescente qual'ero all'epoca; come se quella punizione non fosse bastata, tutto il dolore che avevo dovuto sopportare non fosse stato degno della persona orribile che lui mi aveva fatto credere di essere.

Sins » h.s Where stories live. Discover now