Mi chiamano la figlia della blasfemia

568 21 2
                                    

"Guardatevi dai falsi profeti i quali vengono verso di voi in vesti da pecore, ma dentro son lupi rapaci......"

-Matteo 7:15, 21-23

I fitti rami degli alberi bloccavano il passaggio dei raggi solari, ma lasciavano entrare la pioggia che aveva creato diverse buche sul terreno.
In quella prima mattina di maggio, due donne correvano sotto la pioggia.
La pozzanghere rendevano difficile il passaggio alle due donne, specialmente ad una di esse, che con le mani stringeva forte un panno bianco e non il suo lungo vestito.
"Fate attenzione signora" le urlò una ragazza bionda che, a differenza dell'altra donna, non aveva un mantello che potesse ripararla dall'acqua.
"Insomma Charlotte ho anch'io gli occhi e so che ci sono molte buche ma non mi importa se cado, l'importante è proteggere lei" la rimproverò mentre stringeva ancora più forte il panno bianco.
Charlotte guardava con dolcezza quel panno, che la sua signora aveva in mano, e le sorrideva. Ma il suo sguardo, per la donna, era diverso. Provava rabbia e preoccupazione.
"Siete sicura di quel che state facendo? Il padrone potrebbe arrabbiarsi" le domandò mentre con le mani si copriva la testa.
La donna indugiò un momento a rispondere. Aveva il capo rivolto verso l'alto e il suo sguardo arreso era illuminato dai tuoni.
"Sì ne sono sicura, e sono convinta che mio marito condivida le mie idee. Guarda il cielo Charlotte, è severo e arrabbiato. Sicuramente, già, avrà capito tutto e non posso permettere che agiscano subito" spiegò mentre fissava la pioggia che cadeva con violenza sul suolo.
Dopo una decina di minuti le due donne arrivarono in un grande giardino ben curato, che circondava una villa grande e imponente. Il tetto era rivolto al cielo, sembrava volerlo sfidare e probabilmente già lo aveva fatto.
La donna con il mantello rosso fece segno alla serva di rallentare il passo e di non far rumore.
Camminava lentamente e con cura fissava ogni particolare di quel giardino. Il suo sguardo era nostalgico, in ogni punto che osservava, riviveva la sua infanzia.
Quando arrivarono davanti alll'ingresso della villa, la donna disse a Charlotte di non proseguire oltre. Lei salì i tre scalini molto lentamente. Giunta davanti al portone, si abbassò e appoggiò il panno bianco a terra. Con la mano sinistra si tolse il cappuccio rivelando un volto idilliaco ma spaventato e con la mano destra fece la stessa cosa a ciò che aveva messo per terra. Spostando il telo candido, rivelò il volto angelico e addormentato di una neonata.
"Siamo a casa Iris" sussurrò con dolcezza svegliando la piccola.
La neonata aprì i grandi occhi azzurri e sorrise alla madre.
"Dobbiamo salutarci. Vedi il destino è già stato scritto e non si può cambiare ma gli si può far perdere tempo" bisbigliò tra le lacrime mentre le accarezza i riccioli rossi.
Charlotte fissava con tristezza quella scena, avrebbe voluto bloccare il tempo ma non era possibile.
"Dobbiamo andare signora" l'avvertì pentita.
La donna voltò il capo verso la serva e annuì. Prima di andarsene, si tolse un anello dal dito e lo poggio sull'addome della bambina.
"Buona fortuna figlia mia" la salutò prima di fuggire. Le due donne sparirono tra i fitti alberi bagnati. Gli occhi della bambina fissarono quelle figure finché non le vide dissolversi tra la nebbia.
Non vedendo più nessuno, emise dei vagiti. Chissà se avrebbe mai rivisto quella donna...
E mentre Iris si disperava, un uomo aprì la porta e la strinse forte a se. Il suo sguardo era perso nel buio.
"Farò il possibile" promise. E da quel giorno passarono anni e la piccola Iris crebbe senza ricordare nulla e non immaginava ciò che il destino aveva in serbo per lei.
La sua infanzia trascorreva tranquillamente nel piccolo paese inglese di Wormleighton. Non era un villaggio molto abitato e conosciuto dalla popolazione inglese, ma era riuscito a differenziarsi grazie alla misteriosa casata degli Spencer. Questa famiglia, con il suo prestigio e la sua fortuna, era riuscita ad essere nominata parte della nobiltà, baroni di Wormleighton, dalla sovrana Elisabeth I prima della sua morte avvenuta il 24 marzo 1603.
La famiglia Spencer aveva origini misteriose, erano apparsi dal nulla e in breve tempo erano riusciti ad entrare nelle grazie della sovrana.
La famiglia non era molto numerosa, ma numerose erano le leggende che giravano intorno ad essa. Si vociferava che il capostipite fu creato dal nulla da Dio nel medioevo. Il Signore aveva grandi progetti per quella famiglia ma il diavolo si era messo di mezzo e aveva rovinato tutto. Era meglio evitare gli Spencer.
Il capofamiglia era un uomo di cinquantatre anni. Era alto, muscoloso e dal portamento serio e preciso di un soldato. Il suo viso era segnato dall'età e dalla difficoltà della vita. I grandi occhi grigi incutevano terrore negli uomini bigotti di chiesa ma incantavano le giovani fanciulle inglesi ammaliate non solo da quello sguardo arguto ma anche del contrasto che faceva con i capelli e la barba castano scuro. Il suo nome era John. Sua moglie, invece, si chiamava Anne ed era icona di stile e bellezza per le vecchie e povere contadine di Wormleighton.
Aveva un viso angelico addolcito dai grandi occhi azzurri e incorniciato dai ricci rosso tiziano. Marito e moglie avevano dieci anni di differenza, il loro era stato un matrimonio politico ma, poi, era sbocciato l'amore. Anne era una fanciulla ingenua che era riuscita a trovarsi un posto nel duro cuore di John.
I due coniugi vivevano in una grande villa soprannominata 'la casa rossa' ma il vero nome era più semplice e poco originale: 'Wormleighton Manor'. La grande tenuta era circondata da un vasto giardino dove pascolava il gregge.
Quella grande casa non era molto abitata, i domestici erano solamente cinque: la cuoca, il maggiordomo, due donne che si occupavano di pulire e un ragazzo che badava alle pecore. Ma quelle stanze vuote non erano per niente silenziose. La risata cristallina della nipote dei coniugi Spencer echeggiava in tutta la casa e con la sua vivacità portava allegria ovunque.
Il suo nome era Iris Spencer ed era nata il 5 maggio 1600.
Era una bambina sana con grandi occhi azzurri e boccoli rosso tiziano. Aveva gli stessi colori della nonna ma lineamenti diversi. Non si sapeva da chi li avesse ereditati.
Era la figlia di Diana, la figlia di Anne e John scomparsa da tempo.
Non giravano buone voci sulla madre della piccola e, nonostante la venerazione per la nonna, la piccola Iris era allontanata da tutte.
"Nessuno vuole giocare con me" si lamentava la bambina. Lo ripeteva spesso alla nonna mentre metteva il broncio e i grandi occhi erano velati di lacrime.
"Sono solo spaventate dalla differenza di classe sociale" le diceva sempre sua nonna mentre accarezzava i morbidi boccoli della piccola.
"Io credo che siano spaventate da me, nonna. Mi chiamano la figlia blasfemia" affermò la bambina incrociando le braccia al petto.
Anne sospirò.
"Andiamo dentro tesoro e non dar retta alle voci dell'invidia. La loro sfrontatezza nei tuoi confronti sarà punita" giurò vendetta la donna alzando il pugno verso il cielo.
Iris non comprese quelle parole che la nonna ripeteva ogni volta. Lei sapeva che il cielo non era dalla sua parte e, forse, quegli insulti erano opera sua.
"Dio mi odia" ripeteva ogni sera. Si rifiutava di pregare. La faceva stare male.
"Dio è arrabbiato, hanno rovinato i suoi piani". I suoi nonni non erano sorpresi da quelle parole. E ogni notte si chiedevano quali fossero quei piani andati male.
Cosa poteva volere il Padre Onnipotente da una bambina così piccola?!

L'ultima stregaWhere stories live. Discover now