12.

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L'allerta è stata diramata come sommersa, non ha lo stridio fendente d'una sirena ma piuttosto la cupa profondità di un sasso gettato in acqua, i cerchi concentrici che si allargano dal centro sfiorando e facendo vibrare tutto ciò che riescono a toccare.

Ryukyu non può fare a meno di essere in angoscia. Una delle sue migliori sottoposte è stata presa in ostaggio dai Villan, si mangia le unghie pur sapendo che è sceso in campo uno dei più promettenti Hero a salvarla, o quanto meno a tentare di farlo.

Ran, davanti a lei, coccola ossessivamente uno dei capolini rosei sulla scrivania di Ochaco. << Dovremmo intervenire. Non possiamo ... restare qui a girarci i pollici >>.

<< Ran, no. Deku- san è stato chiaro, lui ha già avuto a che fare con Toga Himiko e la sua accozzaglia di criminali, ha già elaborato un piano e gli occorre agire in solitaria perché funzioni con il minor rischio possibile per Uraraka. So che sei in pena, anch'io lo sono, ma dobbiamo pensare innanzi tutto alla sua incolumità >>. Si mordicchia il labbro, cogitabonda.

<< Ha detto di fare attenzione a qualsiasi visita o chiamata potremmo ricevere da lei. Quindi vuol dire che le ha preso anche il cellulare >>, osserva Ran.

Lo stesso pensiero colpisce entrambe con forza. << Scarlet >>.

<< Brava, Ran >>, commenta Ryukyu componendo veloce il numero della rossa incantatrice. Anche se l'espressione della ragazzina non è quella fiera e orgogliosa di chi ha dato un ottimo suggerimento ad un suo superiore, ma quella affranta nel timore di non rivedere più una collega con cui sperava di condividere ancora il periodo del proprio tirocinio.

E un'amica.

Devo farcela.

Gli occhi verdi di Izuku sotto la pioggia. In ginocchio davanti a lei.

Merita una risposta.

Quelli ardenti di Katsuki che la fissano con furia e shock, increduli.

Anche lui si merita una spiegazione per quel gesto.

E i suoi genitori. I suoi amici, anche quelli adesso lontani per questo o quel corso post-diploma che li tiene impegnati, come Asui o Yaoyorozu.

Il suo capo e Ran, tutti i suoi colleghi.

Per loro deve farcela. Per loro ... deve ...

Resistere.

Le dita sono un unico cumulo di fitte e macerie. Non le sente più quasi nemmeno per il dolore tanto sono intorpidite, senza circolazione.

Nell'angolo buio, la mazza da baseball della ragazza. Ne ha già fatto conoscenza, anche se solo sulla schiena: per un istante ha temuto volesse dargliela in testa, o sulle ginocchia.

L'ha vista agghindarsi davanti allo specchio. Dopo aver preso il suo sangue, per garantirsi altre ore con il suo aspetto.

Ricorda con un ribrezzo e un orrore profondo le sue mani su di lei. Se non si dà una calmata soffocherà con la sua stessa bile.

Le ha sfiorato la bocca con la propria e Uraraka è stata solo grata che non fosse il suo primo bacio.

Anche se probabilmente sarà l'ultimo.

Però è stata la prima a toccarla. Non solo per picchiarla purtroppo: ha alternato squarci, pugni e calci dolorosi a carezze ripugnanti, persino peggiori di quei colpi impietosi.

Le dita che le stendevano il sangue sulla pelle. La lingua che lo leccava con cura, prima di tornare ad affacciarsi alla soglia delle sue labbra.

L'ha ripetutamente molestata.

Never too lateWhere stories live. Discover now