Parte 19 - La storia di Lucien

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Attraversai velocissimo i corridoi della clinica diretto verso l'esterno, senza preoccuparmi della possibilità di essere visto. Sapevo che non c'era sguardo che potesse notarmi. Sarei stato come un alito di vento freddo che scuote una tenda, un brivido gelido sulla pelle, una sensazione passeggera che ti fa voltare, pensando di avere qualcuno alle spalle, e in realtà non c'è nessuno.

In una circostanza normale non sarei mai stato così incauto, ma stranamente, in quel momento non mi importava neppure di essere scoperto. Come poteva farmi diventare incosciente e impulsivo, la paura per la vita di una mia paziente. Volevo solo proteggere Alice, correre da lei, capire fino a che punto lui poteva averla irretita.

Ma quando fui nel parco, a poca distanza da quella panchina dove erano seduti, mi trovai davanti qualcosa di completamente diverso da ciò che mi aspettavo. C'erano altri pazienti che gironzolavano tra le aiuole e gli alberi, in compagnia di alcuni infermieri. Erano quelli meno problematici, i più tranquilli, ma non potevo rischiare che tra loro, qualcuno si accorgesse di qualche stranezza. Avevo rallentato la mia corsa e mi ero avvicinato con circospezione.

Aspettavo una reazione di Lucien, un tentativo di fuga, un qualche gesto di minaccia per il mio ardire, ma lui restò paziente al suo posto; mi fissava mentre mi avvicinavo, ma non faceva alcun cenno di volersene andare.

Sembrava estremamente sicuro di sé e probabilmente sapeva che in mezzo agli altri pazienti, nessuno di noi avrebbe dato spettacolo.

Mi fermai davanti a loro a poco più di due metri. Lo scrutai attentamente, spostando il mio sguardo da lui ad Alice; in apparenza non c'era nulla di insolito, ma sentivo la tensione che correva tra noi, e la giovane paziente seduta al suo fianco era la causa di quel disagio che, ero sicuro, avvertivamo entrambi nello stesso modo.

Non parlai, aspettando forse che lo facesse lui. Non si fece attendere molto.

"Alice, vorresti fare le presentazioni?"

Si era rivolto a lei, ma continuava a guardare me. La sua voce era suadente, melodiosa, un pericoloso richiamo atto ad ingannare le inermi prede umane. Fu con sorpresa che vidi Alice saltare in piedi dalla panchina con la sua consueta vivacità, muoversi con grazia per avvicinarsi a me con un sorriso gioioso sul volto. Pareva la ragazza di sempre e non sembrava subire il fascino di Lucien; aveva il consueto modo di fare che conoscevo.

"Dottore, lui è Lucien, l'amico un po' speciale di cui le ho parlato. - sottolineò la parola speciale - Lucien, questo è il dottor Carlisle Cullen, il nuovo psichiatra."

Alice aveva parlato con entusiasmo, come se fosse felice di quell'incontro tra il suo medico e il suo angelo.

Solo in quel momento Lucien si alzò dalla panchina; nei suoi movimenti riconobbi quella grazia tipica che accompagna quelli come noi. Mi tese la mano con estrema naturalezza, e io, con altrettanta naturalezza, gliela strinsi.

"Dottor Cullen, è un vero piacere incontrarla di persona. Non immagina quanto fossi curioso di conoscerla." Sorrise, ma senza togliersi gli occhiali scuri in cui scorgevo il riflesso incupito di me stesso.

Non potei fare a meno di notare la sottile ironia della frase. Non riuscii a trattenermi.

"Lo immagino, eccome." esclamai, ironico quanto lui.

Fu ancora Alice a parlare, rivolgendosi direttamente a me.

"Allora dottore? Ha visto che non sono pazza? Lui esiste."

"Non ne ho mai dubitato." Risposi serio. Alice sorrise di nuovo.

"Quello che dubita di se stesso, sono io, semmai..." fu il nuovo commento di Lucien. Mi fu abbastanza chiaro a cosa si stesse riferendo, ma finsi di non aver compreso e mi rivolsi ancora ad Alice.

Carlisle. L'anima di un vampiroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora