38. Narghilè

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SABATO 19 MARZO 2016

L'orientamento non è mai stato il mio forte, a partire dal corso di orienteering svolto alle elementari, dove alle lanterne arrivavo sempre per ultima, anche se ero partita per prima, e per non perdermi facevo completo affidamento sul mio partner: se anche questo non era una cima, eravamo spacciati in due. Le altre persone memorizzano la struttura delle strade, ne fanno una radiografia e sanno in che direzione stiamo procedendo anche se abbiamo svoltato cinque volte a sinistra e sette a destra, io invece mi perdo nelle facce della gente, nei sanpietrini che tappezzano il centro di Roma, nei muri giallo senape perennemente sporchi e nella miriade di frasi sconnesse, messaggi non recapitati e sfoghi senza senso che li ricoprono da cima a fondo, nel verde smeraldo delle tende dei giornalai e dei venditori di souvenir che fanno capolino ad ogni angolo, ma anche nelle vetrine dei negozi e su per i tronchi d'albero che segnano i confini dei viali, alti come le colonne de 'a Rotonna. Più di tutto io mi innamoro delle luci, del buio e delle ombre che stanno in mezzo, e fatico a riconoscere una zona se in precedenza l'ho vista ad un'ora diversa della giornata: è raro che venga in centro e lo è ancora di più che lo faccia di notte come oggi, per cui ci metto un po' a capire dove siamo finiti. Spero solo che Damiano non si sia reso conto della mia confusione, mentre camminiamo veloci per le viuzze laccate di buio, dirigendoci al narghilè bar che ci aveva indicato Margot con un messaggio su whatsapp.

Il ragazzo castano che ora si muove senza la minima incertezza fra le stradine di Roma centro con me alle calcagna, ha approfittato del fatto che un'amica di Margot fosse rimasta senza passaggio e le ha mestamente ceduto il posto in macchina, lasciando sottinteso che sarebbe venuto in motorino, ancora più sottinteso che accollata alla sua schiena ci sarei stata io, più felice che mai che alla fine le cose si fossero risolte così. Margot aveva protestato un po', ribadendo che così facendo Damiano non avrebbe potuto bere alcolici, anche se io sinceramente non ne vedo la necessità dato che stiamo andando a fumare narghilè, ma poi aveva lasciato perdere, accettando per una volta la sconfitta.

Per l'occasione ho indossato una camicetta a righine azzurre e bianche, un maglione blu di ciniglia e dei jeans stretti comprati anni fa, che per tanto tempo erano rimasti sepolti sotto decine di pantaloni sportivi, per riemergere però al momento giusto. Damiano per la prima volta non ha storto il naso davanti al mio abbigliamento, quando l'ho trovato appoggiato al suo motorino, davanti al portone di casa mia; io invece non ero pienamente convinta della camicetta quando ho realizzato che la notte a Roma è fredda, però non appena mettiamo piede nello stretto locale, cambio immediatamente idea: l'ambiente è angusto, il soffitto basso e i corridoi stretti, il tavolo che ci hanno riservato è al terzo piano, più ci arrotoliamo in fila su per quella scala a chiocciola altrettanto stretta, fino a farci venire i giramenti, più sento la pelle pizzicarmi e fremere perché mi tolga gli strati che mi hanno difesa dal freddo fuori dal locale e che ora chiaramente non sono più necessari, dato il caldo soffocante che si accumula salendo. Nel salire e osservare il pavimento, visibile tra uno scalino e l'altro, allontanarsi sempre di più da noi, mi viene subito in mente Damiano, esattamente dietro di me, e la sua paura per l'altezza. Cercando di non cadere rovinosamente giù, mi giro e cerco il suo volto, che come immaginavo imprime più o meno la stessa espressione stralunata di quella domenica in cui abbiamo arrampicato. D'istinto gli prendo la mano, allungando il passo per far finire al più presto la pena, ma lui la abbandona non appena giungiamo in cima alla scala, probabilmente per non attirare l'attenzione su di noi.

Che ci sarà di male ... rimugino mentre sfrego i palmi sui jeans, stordita dal caldo e dall'imbarazzo.

Anche il tavolo, come tutto in questo posto, è basso e minuscolo, nel vedere gli altri che si rannicchiano sui divani, in mezzo ai cuscinetti sgualciti e logori, mi sento fortunata ad essere piccola di statura: a differenza loro mi posso muovere senza urtare qualunque cosa mi stia attorno.

Damiano | Limerenza e DissimulazioneWhere stories live. Discover now